Sentenza n. 354 del 1992

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SENTENZA N. 354

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

-          Dott. Francesco GRECO

-          Prof. Gabriele PESCATORE

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-          Prof. Antonio BALDASSARRE

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-          Avv. Mauro FERRI

-          Prof. Luigi MENGONI

-          Prof. Enzo CHELI

-          Dott. Renato GRANATA

-          Prof. Giuliano VASSALLI

-          Prof. Francesco GUIZZI

-          Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge 26 settembre 1981, n. 537 (Contenimento della spesa previdenziale e adeguamento delle contribuzioni), promosso con ordinanza emessa il 7 maggio 1991 dal Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra Frescobaldi Vittorio e il Servizio contributi agricoli unificati, iscritta al n. 15 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1992;

visti gli atti di costituzione di Frescobaldi Vittorio e del Servizio contributi agricoli unificati nonchè l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1992 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

uditi gli avvocati Sergio Grasselli per Frescobaldi Vittorio, Carmine Meglio e Giorgio Recchia per il Servizio contributi agricoli unificati e l'Avvocato dello Stato Carlo Bafile per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Il Tribunale di Firenze con ordinanza emessa il 7 maggio 1991 ha sollevato, in riferimento agli artt. 11 e 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 537 del 1981 [recte: dell'art. 13 del decreto-legge 29 luglio 1981, n.402 (Contenimento della spesa previdenziale e adeguamento delle contribuzioni), come modificato dalla legge di conversione 26 settembre 1981, n. 537], nella parte in cui non prevede che ai fini del pagamento dei contributi agricoli unificati la situazione dei terreni compresi nelle zone svantaggiate in agricoltura sia identica a quella dei terreni qualificati montani.

La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata nel corso di un giudizio promosso da Vittorio Frescobaldi (proprietario di terreni siti in una zona agricola svantaggiata ai sensi dell'art. 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984) nei confronti del Servizio contributi agricoli unificati (S.C.A.U.) e volto ad accertare che per le zone agricole svantaggiate debbano valere le norme relative alle zone montane. Anche a tali zone dovrebbe trovare applicazione la sentenza della Corte costituzionale n. 370 del 1985, che ha dichiarato illegittima la mancata esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura dei terreni montani solo in ragione della loro ubicazione ad altitudine inferiore a 700 metri sul livello del mare. Il Tribunale, ritenuta infondata la eccezione di litispendenza proposta dallo S.C.A.U. in relazione al giudizio in corso tra le stesse parti dinanzi al Pretore di Firenze, quale giudice del lavoro, per la restituzione dei contributi che si asseriscono indebitamente versati, e disattesa la eccezione di incompetenza territoriale e per materia, ha sollevato preliminarmente la questione di legittimità costituzionale.

Nel merito il Tribunale di Firenze osserva che secondo l'interpretazione e l'applicazione dell'ultimo comma dell'art 13 del decreto- legge n. 402 del 1981, convertito nella legge n. 537 del 1981, operata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 254 del 1989 e dalla giurisprudenza di legittimità, gli effetti della già menzionata sentenza n. 370 del 1985 della stessa Corte non si estendono anche alle zone agricole svantaggiate, individuate in base all'art.15 della legge n. 984 del 1977.

Il giudice a quo rileva che la legge n. 984 del 1977 ha ad oggetto non solo la montagna, ma anche le zone collinari, nell'ottica dello sviluppo di tutta l'economia agraria nazionale nelle zone difficili. D'altra parte la citata sentenza n. 254 del 1989 ha ritenuto che per le zone agricole svantaggiate, individuate e regolate dalla legge n. 984 del 1977, vige una sistema di interventi che riveste aspetti distintivi di originale connotazione, e rientra in un unicum normativo sufficientemente razionale per gli effetti che ne derivano, senza che su di esso possano automaticamente incidere differenti principi che propriamente attengono ai territori montani.

In base a queste considerazioni la giurisprudenza ha ritenuto che l'equiparazione, ai fini contributivi, fra zone montane e zone agricole svantaggiate, sancita dall'art. 13, ultimo comma, del decreto-legge n.402 del 1981, non si spinge fino al punto di rendere applicabile alle aree disagiate gli effetti della citata sentenza n. 370 del 1985.

Ne deriverebbe, ad avviso del Tribunale di Firenze, un diverso trattamento tra zone montane e zone svantaggiate, giacchè solo per le prime le aziende agricole ivi ubicate (anche ad altitudine inferiore ai 700 metri) sono esentate dai contributi agricoli unificati, mentre le altre zone svantaggiate restano destinatarie di un autonomo regime normativo in materia di contributi previdenziali.

Il giudice a quo ritiene che l'art. 13, ultimo comma, del decreto-legge n.402 del 1981, così interpretato, contrasti con l'art.11 della Costituzione. In proposito rileva che la direttiva del Consiglio della Comunità economica europea n. 268 del 28 aprile 1975, avrebbe introdotto una piena equiparazione fra le zone di montagna e quelle svantaggiate, predisponendo una comune normativa di favore. In particolare la direttiva, al fine di preservare le attività agricole necessarie per il mantenimento di un livello minimo di popolazione o per la conservazione dell'ambiente naturale in talune zone svantaggiate (art.1), definite secondo speciali procedure (art. 2) per consentire un regime particolare di aiuto (art. 4), ha distinto le zone agricole svantaggiate, le zone di montagna e le zone nelle quali ricorrono svantaggi specifici (art. 3). La direttiva della Comunità economica europea n. 268 del 1975 è stata attuata con la legge 10 maggio 1976, n.352.

Alle zone svantaggiate, secondo i criteri determinati dalla direttiva comunitaria, fa riferimento il Piano agricolo nazionale, adottato con deliberazione del Comitato interministeriale per la politica agricola e alimentare (C.I.P.A.A.) (Gazzetta Ufficiale n. 288, supplemento straordinario, del 20 ottobre 1980), assunta in esecuzione dell'art. 15 della legge n. 984 del 1977. Riservare alle zone svantaggiate, formate da zone montane e collinari, un trattamento contributivo differenziato significa, secondo il giudice rimettente, introdurre una distinzione che non ha ragione d'essere. Ne deriverebbe una discriminazione, se si tiene conto che le scelte comunitarie e quelle nazionali miravano ad assicurare forme di sostegno in termini unitari e complessivi alle aree difficili, rimarcando gli svantaggi naturali ed i conseguenti elevati costi di produzione esistenti nelle zone disagiate.

Il Tribunale di Firenze ritiene inoltre che la disposizione impugnata sia in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto opera una diversità di trattamento per le imprese ubicate oltre i 700 metri rispetto a quelle ubicate ad un'altitudine inferiore.

L'unico criterio che discrimina il trattamento sarebbe quello altimetrico, già ritenuto insufficiente dalla sentenza n. 370 del 1985.

Affermare che le zone svantaggiate sono costituite da terre poco produttive, le cui scarse potenzialità non possono essere migliorate senza costi eccessivi, e che si prestano soprattutto all'allevamento estensivo (direttiva comunitaria n. 268 del 1975), ovvero, come assume il Piano agricolo nazionale approvato in esecuzione della legge n. 984 del 1977, che le zone disagiate (ad esempio larghe fasce collinari dell'area appenninica e delle isole) sono caratterizzate da una notevole limitazione delle possibilità di utilizzazione delle terre e da un notevole aumento dei costi del lavoro, ovvero dalla necessità di incisive politiche di intervento per evitarne la deruralizzazione, sarebbe contraddittorio con il negare agli stessi elementi ogni rilevanza allorchè un terreno, pur se ubicato in zona svantaggiata, sia situato ad una altitudine inferiore ai 700 metri.

2. - Si è costituito Vittorio Frescobaldi, svolgendo considerazioni analoghe a quelle contenute nell'ordinanza di rimessione e chiedendo che la Corte dichiari l'illegittimità costituzionale della disposizione impugnata.

3. - Si è anche costituito il Servizio contributi agricoli unificati (S.C.A.U.), concludendo perchè la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata inammissibile e comunque infondata.

4. - É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Osserva in particolare l'Avvocatura, quanto al denunciato contrasto con l'art. 11 della Costituzione, che la direttiva comunitaria n.268 del 1975, recepita nel nostro ordinamento, a prescindere da ogni considerazione sulla sua validità come termine di riferimento ai fini dell'art. 11 della Costituzione, non impone affatto un regime necessariamente omogeneo per tutte le zone di scarsa produttività, ma anzi esplicitamente ammette una differenziazione e graduazione delle provvidenze.

Quanto, poi, al preteso contrasto con l'art. 3 della Costituzione, l'Avvocatura rileva che la questione è stata già decisa con la sentenza della Corte costituzionale n. 254 del 1989, la quale ha affermato che esiste una netta differenziazione tra i terreni genericamente montani e le zone collinari e montane, le quali, se pur svantaggiate, sono suscettibili, attraverso interventi programmati, di assicurare elevate produzioni (come espressamente si prevede nell'art.15 della legge n. 984 del 1977). Inoltre per le zone svantaggiate la discriminazione non è puramente altimetrica, perchè opera all'interno di piani di zonizzazione nei quali sono comprese aree soltanto collinari, ben differenziate dai territori montani, verso le quali sono indirizzati interventi e provvidenze di cui godono i territori genericamente montani.

5. - In prossimità dell'udienza lo S.C.A.U. ha depositato una memoria deducendo, quanto all'inammissibilità, che nel procedimento a quo non esistevano i presupposti per l'instaurazione del giudizio di costituzionalità. Il Tribunale di Firenze avrebbe erroneamente ritenuto infondata l'eccezione di litispendenza tra la causa instaurata dal Frescobaldi contro lo S.C.A.U. ed altro procedimento, promosso dallo stesso attore nei confronti dello S.C.A.U., pendente dinanzi al giudice del lavoro di Firenze ed avente ad oggetto la restituzione dei contributi agricoli unificati, che si asserisce siano da considerare indebitamente versati per effetto della sentenza n. 370 del 1985 della Corte Costituzionale, da ritenere applicabile anche alle zone agricole svantaggiate.

Lo S.C.A.U. ha anche eccepito la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale perchè la cognizione sulla domanda proposta spettava alla competenza esclusiva, funzionale ed inderogabile del Pretore quale giudice del lavoro.

Nel merito sarebbe inconferente il riferimento all'art. 11 della Costituzione. Infatti, se la direttiva comunitaria contiene disposizioni incondizionate e sufficientemente precise, direttamente applicabili, il giudice a quo avrebbe dovuto non sollevare questione di legittimità costituzionale, ma disapplicare la norma interna contrastante con le disposizioni comunitarie.

Lo S.C.A.U. osserva inoltre che la questione proposta è identica a quella, relativa al medesimo art. 13 del decreto-legge n. 402 del 1981, già ritenuta infondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 254 del 1989, che ha chiarito la diversità dei due sistemi normativi, relativi ai terreni di montagna ed a quelli considerati svantaggiati.

In una ulteriore memoria, depositata nell'imminenza dell'udienza, lo S.C.A.U. ha ribadito le precedenti conclusioni.

In particolare ha osservato che i benefici previsti per i territori montani e quelli disposti per le zone svantaggiate traggono origine da norme diverse e che l'art. 13 del decreto-legge n. 402 del 1981 ha previsto la applicazione solo di alcuni benefici ad entrambe le zone. Non tutte le agevolazioni concesse alle zone montane sono estese a quelle disagiate ed alcuni benefici, pur essendo comuni, trovano titolo in diverse classificazioni legislative. Mancherebbe quindi un corpus normativo unico e la diversità di disciplina sarebbe giustificata dalla diversità di situazioni, giacchè mentre i terreni di montagna non sono suscettibili di miglioramenti, quelli svantaggiati possono invece essere valorizzati in modo da recuperarne la vocazione produttiva.

Lo S.C.A.U. rileva, infine, che la direttiva n. 268 del 1975 ha carattere programmatico, limitandosi ad autorizzare gli Stati membri ad istituire un regime particolare di aiuti e lasciandoli liberi di stabilire le agevolazioni secondo i principi del diritto nazionale e le esigenze socio-economiche del paese. Non sussisterebbe pertanto il contrasto con la legislazione nazionale dedotto dall'ordinanza di rimessione.

6. - Anche Vittorio Frescobaldi ha depositato, in prossimità dell'udienza, una memoria per illustrare le ragioni a sostegno dell'accoglimento della questione. In particolare sostiene che la direttiva comunitaria n. 268 del 1975 non lascia agli Stati membri alcun margine di discrezionalità per la sua attuazione, è sufficientemente precisa, poteva già esercitare immediatamente i suoi effetti nel nostro sistema positivo. Essa, comunque, è stata recepita con la legge n. 352 del 1976, la quale ha accentuato la tendenza ad estendere il trattamento di favore previsto per le zone montane anche alle zone svantaggiate. Ciò significa che i due tipi di zona non sono, sul piano naturale, confondibili o equipollenti, ma che il legislatore comunitario e quello nazionale hanno inteso assicurare per essi un trattamento normativo omogeneo, essendo comuni sia i bisogni socio-economici sia i problemi da affrontare. La previsione per le zone svantaggiate, formate da zone montane e da zone collinari, di un trattamento contributivo differenziato, significherebbe introdurre distinzioni che non hanno ragione d'essere.

Considerato in diritto

1. - Il Tribunale di Firenze dubita della legittimità costituzionale dell'art. 13 del decreto-legge 29 luglio 1981, n.402, convertito nella legge 26 settembre 1981, n. 537, nella parte in cui non prevede che i terreni agricoli compresi nelle zone considerate svantaggiate siano sottoposti alla stessa disciplina prevista per i terreni montani, quanto all'esenzione dal pagamento dei contributi agricoli unificati.

La questione è stata sollevata in riferimento agli artt. 11 e 3 della Costituzione, per la ritenuta irragionevolezza di una disciplina diversificata, sul piano dei contributi previdenziali, tra territori montani e zone svantaggiate, in asserito contrasto con le prescrizioni della direttiva del Consiglio della Comunità economica europea n.75/268 del 28 aprile 1975 (sull'agricoltura di montagna e di talune zone svantaggiate), attuata con la legge 10 maggio 1976, n. 352.

2. - Le eccezioni di inammissibilità, per irrilevanza della questione e per incompetenza funzionale e territoriale del giudice che l'ha sollevata, non hanno fondamento.

La puntuale determinazione del contenuto della domanda giudiziale ed il rapporto tra cause pendenti dinanzi a giudici ordinari diversi, oggetto di preliminare valutazione da parte del giudice a quo, sono sottratti al riesame del giudice di legittimità costituzionale delle leggi. Come pure non è consentito in questa sede il sindacato sulla competenza del giudice rimettente a decidere la controversia di merito.

Le eccezioni formulate in proposito dal Servizio contributi agricoli unificati (S.C.A.U.) non possono quindi essere accolte.

3. - Nel merito analoga questione è stata già esaminata e ritenuta non fondata in relazione all'art. 3 della Costituzione (sentenza n. 254 del 1989). Se difatti l'esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura per i terreni compresi in territori montani non può essere ragionevolmente collegata alla mera ed esclusiva circostanza consistente nell'essere tali terreni situati ad altitudine superiore ai 700 metri sul livello del mare, ma deve trovare applicazione anche ai terreni di identica configurazione siti ad altitudine inferiore (sentenza n. 370 del 1985), tuttavia la corresponsione e l'ammontare dei contributi possono essere variamente regolati nel contesto di agevolazioni distinte, che tengano conto delle diverse cause e delle caratteristiche specifiche di depressione. La Corte ha già ritenuto in proposito che il "sistema di interventi per le zone agricole svantaggiate riveste aspetti distintivi di originale connotazione, rientrante in un unicum normativo sufficientemente razionale per gli effetti che ne derivano, senza che possano su di esso, pertanto, automaticamente incidere differenti principi che propriamente attengono, invece, ai terreni montani" (sentenza n. 254 del 1989).

4. - La questione è stata nuovamente sollevata dal Tribunale di Firenze, che ha prospettato un contrasto con l'art.11 della Costituzione, richiamando la normativa comunitaria e segnatamente la direttiva n. 75/268 del 28 aprile 1975 sull'agricoltura di montagna e di alcune zone svantaggiate.

La direttiva, per conseguire le finalità della politica agricola comune, tenendo conto delle disparità strutturali e naturali fra le diverse regioni agricole e della necessità di operare gradatamente gli opportuni adattamenti (art. 39, secondo comma, lettere a e b del Trattato), ha consentito un regime particolare di aiuti in favore delle zone agricole svantaggiate, disciplinando le procedure per la loro definizione (art.2), i relativi contenuti e misure (art.4), le caratteristiche delle zone agricole svantaggiate (art.3).

In questa categoria generale sono comprese zone diverse, alle quali gli Stati membri possono applicare in tutto o in parte le misure di aiuti previste dall'art. 4 della direttiva: le zone di montagna, nelle quali l'attività agricola è necessaria per garantire la conservazione dell'ambiente naturale; le zone minacciate di spopolamento e nelle quali è necessario conservare l'ambiente naturale; le zone nelle quali ricorrono svantaggi specifici. Non si è dunque in presenza di una categoria necessariamente unitaria, anche se è omogenea la finalità che consente e rende legittima, alla stregua della disciplina comunitaria, la concessione di aiuti, il cui contenuto può peraltro variare a seconda delle caratteristiche connesse alla tipologia propria di ciascuna zona.

La disciplina comunitaria ha finalità specifiche, proprie garanzie procedurali, tipiche previsioni di aiuto all'agricoltura in zone, le cui caratteristiche essa stessa definisce e che non sono necessariamente coincidenti con i territori montani previsti dalla legge statale, i quali sono suscettibili di diversa ed autonoma definizione ai fini della esenzione dal pagamento dei contributi agricoli unificati.

In presenza di fattispecie non omogenee ed indipendentemente dal rilievo che la direttiva comunitaria può assumere, il richiamo ad essa proposto dal giudice rimettente non consente comunque di farne discendere una assimilazione dei terreni qualificati di montagna dalla legge statale (allo specifico fine contributivo previdenziale) alle zone svantaggiate previste dalle direttive comunitarie, in modo da costruire interpretativamente, ben al di là del dato legislativo, una categoria unitaria resistita dalle diverse ed autonome qualificazioni normative.

La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Firenze non è pertanto fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.13 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402 (Contenimento della spesa previdenziale e adeguamento delle contribuzioni), come modificato dalla legge di conversione 26 settembre 1981, n.537, sollevata, in riferimento agli artt. 11 e 3 della Costituzione, dal Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa il 7 maggio 1991.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/07/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 23/07/92.