Sentenza n. 337 del 1992

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SENTENZA N. 337

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

-          Dott. Francesco GRECO

-          Prof. Gabriele PESCATORE

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-          Prof. Antonio BALDASSARRE

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-          Avv. Mauro FERRI

-          Prof. Luigi MENGONI

-          Prof. Enzo CHELI

-          Prof. Giuliano VASSALLI

-          Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4, primo comma, della legge 8 agosto 1972, n. 464 (Modifiche ed integrazioni alla legge 5 novembre 1968, n. 1115, in materia di integrazione salariale e di trattamento speciale di disoccupazione) e 8, secondo comma, della legge 5 novembre 1968, n. 1115 (Estensione, in favore dei lavoratori, degli interventi della Cassa integrazione guadagni, della gestione dell'assicurazione contro la disoccupazione e della Cassa assegni familiari e provvidenze in favore dei lavoratori anziani licenziati), promosso con ordinanza emessa il 21 marzo 1991 dal Pretore di Busto Arsizio nel procedimento civile vertente tra Zoni Ester ed altri e l'I.N.P.S., iscritta al n. 80 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di costituzione dell'I.N.P.S. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 16 giugno 1992 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

uditi gli avvocati Giacomo Giordano, Gian Carlo Perone e Tiziano Treu per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. Nel corso di un giudizio civile promosso contro l'I.N.P.S. da Ester Zoni e altri lavoratori beneficiari, fino al 1987, del trattamento speciale di disoccupazione a seguito di licenziamento per cessazione dell'impresa datrice di lavoro, dichiarata fallita nel 1977, il Pretore di Busto Arsizio, con ordinanza del 21 marzo 1991, pervenuta alla Corte costituzionale il 12 febbraio 1992, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 8, secondo comma, della legge 5 novembre 1968, n. 1115, e 4, primo comma, della legge 8 agosto 1972, n. 464, nella parte in cui non prevede un sistema di adeguamento del trattamento speciale di disoccupazione ai miglioramenti contrattuali della categoria di appartenenza o, quanto meno, al mutato potere di acquisto della moneta.

Secondo il giudice remittente, le norme impugnate, in quanto assumono come base fissa di calcolo del trattamento speciale di disoccupazione la retribuzione percepita dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, violano gli artt. 3 e 36 Cost. per la disparità di trattamento che così si determina rispetto ai lavoratori ammessi al trattamento della Cassa integrazione guadagni, commisurato alla retribuzione che loro spetterebbe se fossero in servizio, nonostante che i due regimi abbiano in comune, almeno per certi aspetti, presupposti e funzione. Invero la Cassa integrazione guadagni si è progressivamente allontanata dall'originario fine istituzionale per divenire, in sostanza, una forma di tutela della disoccupazione.

In ogni caso le norme denunciate sarebbero in contrasto con l'art. 38, secondo comma, Cost., perchè non prevedono nemmeno un meccanismo di adeguamento monetario della prestazione calcolata sulla retribuzione spettante al momento della cessazione del rapporto di lavoro, risalente nella specie al 1977.

2. Nel giudizio davanti alla Corte si è costituito l'I.N.P.S., chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque non fondata.

Ad avviso dell'Istituto, l'ordinanza di rimessione sottovaluta le essenziali differenze intercorrenti tra il trattamento di integrazione salariale e il trattamento speciale di disoccupazione. L'uno presuppone la continuazione del rapporto di lavoro, che rimane soltanto sospeso, l'altro presuppone la cessazione del rapporto, con conseguente stato di disoccupazione del lavoratore. Nè si può dire che il legislatore non sia intervenuto per adeguare l'importo del trattamento speciale di disoccupazione. Con legge 29 febbraio 1980, n. 33, l'importo è stato elevato da due terzi a quattro quinti dell'ultima retribuzione, e inoltre si è stabilito che l'importo massimo di lire 600.000 mensili è annualmente incrementato in misura pari all'ottanta per cento dell'aumento dell'indennità di contingenza maturato nell'anno precedente.

Osserva infine l'I.N.P.S. che, se è vero che il trattamento in esame, non essendo indicizzato alla dinamica della retribuzione, è soggetto a una progressiva diminuzione, ciò si giustifica in rapporto al prolungarsi della durata del trattamento medesimo.

3. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o comunque per l'infondatezza della questione.

Secondo l'interveniente, la disparità di disciplina denunziata nell'ordinanza di rimessione è giustificata dai caratteri di specialità e di transitorietà del trattamento di disoccupazione di cui è causa.

Considerato in diritto

1. Dal Pretore di Busto Arsizio è sollevata questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli art. 8, secondo comma, della legge 5 novembre 1968, n. 1115, e 4, primo comma, della legge 8 agosto 1972, n. 464 (entrambi abrogati dalla legge 23 luglio 1991, n. 223, rispettivamente artt. 16, comma 4, e 22, comma 9), "nella parte in cui non prevede un sistema di adeguamento del trattamento speciale di disoccupazione al mutato potere di acquisto della moneta e ai miglioramenti contrattuali della categoria di appartenenza".

Più precisamente le norme citate sono censurate sotto due profili: a) in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., perchè non prevedono l'agganciamento dell'indennità speciale di disoccupazione alla dinamica salariale dei contratti collettivi; b) in riferimento all'art. 38 Cost., perchè non prevedono almeno un meccanismo di adeguamento dell'indennità ai mutamenti del potere di acquisto della moneta.

2. La questione non è fondata.

Sotto il primo profilo, il giudice remittente muove da una premessa erronea, secondo cui il trattamento speciale di disoccupazione regolato dalle norme in esame avrebbe gli stessi presupposti e la medesima funzione del trattamento corrisposto dalla Cassa integrazione guadagni. Ma che entrambi gli istituti siano riconducibili nel quadro degli strumenti di lotta contro la disoccupazione non è un argomento che possa superare la differenza essenziale di presupposti e di funzione che li distingue. Il trattamento speciale di disoccupazione presuppone la cessazione del rapporto di lavoro a seguito di licenziamento del prestatore per cessazione dell'attività produttiva in cui era occupato, e ha la funzione di conservare transitoriamente - nella misura di due terzi, poi elevati a quattro quinti - la retribuzione percepita nell'ultimo mese di occupazione.

Il trattamento di integrazione salariale, invece, presuppone la continuazione del rapporto di lavoro e perciò è calcolato sulla retribuzione in corso, avendo la funzione di sostituire temporaneamente all'obbligazione retributiva del datore di lavoro, che rimane sospesa, l'obbligazione previdenziale, commisurata alla prima, dell'ente gestore della Cassa.

Pertanto, l'istituto della Cassa integrazione guadagni non può fornire un termine utile di confronto ai fini dell'art. 3 Cost. Nè il trattamento speciale di disoccupazione può essere valutato alla stregua dell'art. 36 Cost., applicabile solo sul presupposto di un rapporto di lavoro in atto.

3. Sotto il secondo profilo va osservato anzitutto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'art. 38 Cost. non esige che l'adeguamento delle prestazioni previdenziali ai mutamenti del potere di acquisto della moneta, proceda mediante meccanismi automatici.

Esso può avvenire anche con interventi legislativi periodici, la scelta dell'uno o dell'altro metodo essendo rimessa alla discrezionalità del legislatore.

Nel 1980, tre anni dopo l'ammissione dei ricorrenti al trattamento speciale di disoccupazione, è intervenuta la legge 29 febbraio, n. 33, che ne ha elevato l'importo da due terzi a quattro quinti dell'ultima retribuzione, e inoltre ha agganciato l'importo massimo di lire 600.000 agli incrementi annuali dell'indennità di contingenza.

É vero che successivamente non ci sono stati altri interventi, ma occorre considerare, da un lato, che il legislatore deve tenere conto anche delle disponibilità finanziarie della gestione assicurativa, dall'altro, che i ricorrenti, grazie a una serie di proroghe consentite dalla legge n.464 del 1972, hanno fruito del trattamento speciale di disoccupazione, ben superiore all'indennità ordinaria, per dieci anni (dal 1977 al 1987), anzichè per la durata normale di centottanta giorni. Il prolungarsi del beneficio nel tempo ne determina e insieme giustifica la diminuzione di valore.

Inoltre, il trattamento speciale di disoccupazione, nella parte eccedente l'indennità ordinaria, si configurava come un intervento assistenziale a carico dello Stato (arg. ex art. 37, comma 3, lett.d, della legge 9 marzo 1989, n. 88), di guisa che non è qui invocabile il criterio dell'adeguatezza alle esigenze di vita proprio delle prestazioni previdenziali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 8, secondo comma, della legge 5 novembre 1968, n. 1115 (Estensione, in favore dei lavoratori, degli interventi della Cassa integrazione guadagni, della gestione dell'assicurazione contro la disoccupazione e della Cassa assegni familiari e provvidenze in favore dei lavoratori anziani licenziati), e 4, primo comma, della legge 8 agosto 1972, n. 464 (Modifiche ed integrazioni alla legge 5 novembre 1968, n.1115, in materia di integrazione salariale e di trattamento speciale di disoccupazione), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, dal Pretore di Busto Arsizio con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 02/07/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 15/07/92.