Sentenza n. 308 del 1992

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N.308

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

-        Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

-        Dott. Francesco GRECO

 

-        Prof. Gabriele PESCATORE

 

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-        Avv. Mauro FERRI

 

-        Prof. Luigi MENGONI

 

-        Prof. Enzo CHELI

 

-        Dott. Renato GRANATA

 

-        Prof. Francesco GUIZZI

 

-        Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope), corrispondente all'articolo 71 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, come modificato dalla legge 26 giugno 1990, n. 162 promosso con ordinanza emessa il 22 aprile 1991 dal Tribunale di Potenza nel procedimento penale a carico di Danzi Michele iscritta al n. 741 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1992 il Giudice relatore Renato Granata.

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso del giudizio penale a carico di Danzi Michele, imputato del reato di cui all'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope), corrispondente all'art. 71 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, come modificato dalla legge 26 giugno 1990, n. 162, per aver illecitamente detenuto (per uso personale) eroina contenente mg 154 di principio attivo e pertanto in quantità superiore a quella media giornaliera (d.m.g.), il Tribunale di Potenza con ordinanza del 28 settembre 1991 ha sollevato questione di legittimità costituzionale in via incidentale dell'art. 73 cit., in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost.

Il tribunale - dopo aver premesso in punto di fatto che era risultato, a seguito di consulenza tecnica neuropsichiatrica, che l'imputato assumeva un quantitativo medio giornaliero di eroina di 170 mg. - ritiene che il sistema sanzionatorio penale posto dalla norma censurata comporti disparità di trattamento di situazioni sostanzialmente analoghe. Infatti il discrimine, fondato sulla d.m.g., tra illecito penale e condotta penalmente irrilevante risulta essere fortemente penalizzante per i tossicomani il cui consumo medio giornaliero sia superiore al quantitativo tabellato, essendo essi esposti alla sanzione penale pur quando mantengano l'approvvigionamento nei limiti del loro fabbisogno quotidiano, mentre i tossicomani, la cui soglia di tolleranza sia al di sotto di quel limite, vanno esenti da pena. Si ha quindi che l'adozione (negli artt. 73 e 78 del cit. d.P.R. n. 309 del 1990) di una dose media giornaliera non personalizzata, osserva il tribunale rimettente, ha l'effetto di sanzionare penalmente l'imputato - il quale (come nella specie il Danzi) sia trovato in possesso di una quantità di sostanza stupefacente (destinata ad uso personale), che, pur essendo superiore alla d.m.g., sia inferiore alla dose giornaliera che abitualmente egli assume o che gli necessita in relazione al suo grado e stadio di tossicodipendenza - in contrasto cosí con la ratio della norma incriminatrice, che é quella di sanzionare non già il consumo, bensí, la detenzione di droga eccedente lo stretto necessario al fabbisogno personale per il pericolo che tale eccedenza possa essere destinata a terzi. Ritiene quindi che il limite dell'illiceità penale dovrebbe essere fondato non su un dato quantitativo prefissato "a d.m.g.), ma sulla dose media personale giornaliera, da valutarsi volta per volta sulla base dei criteri diagnostici e di accertamento di cui alle lettere a) e b) dell'art. 78 cit.

2. - Ancora con riferimento all'art. 3 Cost. il tribunale rimettente censura ulteriormente il medesimo art. 73 cit. sotto il profilo che per quantitativi al limite della d.m.g. é impossibile dire se si sia, o meno, in presenza di una fattispecie penalmente rilevante essendo variabile la percentuale di principio attivo contenuto nella sostanza stupefacente. Nè può porsi a carico del tossicofílo o tossicodipendente, acquirente per uso personale, l'onere di conoscere la quantità di principio attivo della sostanza stupefacente per l'impossibilità pratica di una tale verifica. Per ricondurre il sistema a legalità costituzionale il discrimine tra condotta punibile e quella non punibile deve fondarsi "sulla realtà, da accertarsi secondo i criteri propri dell'accertamento giudiziario, applicando quei coefficienti di discrezionalità che impone l'esame dei casi concreti".

3. - Infine il tribunale rimettente ritiene che il sistema della legge n. 162 del 1990 contenga un'intima contraddizione di fondo tra istanza punitiva e finalità di riabilitazione del tossicodipendente, atteso che ove la condotta di detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale non si esplichi in comportamenti che siano di reale aggressione all'ordine pubblico e sociale - l'applicazione della sanzione penale, anzichè di trattamenti terapeutici socio-riabilitativi, vulnererebbe il precetto costituzionale dell'art. 32, che tutela il diritto alla salute.

4. - É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale di Stato, concludendo per la manifesta inammissibilità delle questioni sollevate, perchè già dichiarate non fondate con sentenza n. 333 del 1991, ovvero per la restituzione degli atti per jus superveniens (d.l. 8 agosto 1991, n. 247, convertito nella legge 5 ottobre 1991, n. 314).

Considerato in diritto

 

1.-É stata sollevata questione di costituzionalità dell'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope), corrispondente all'art. 71 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, come modificato dalla legge 26 giugno 1990, n.162, nella parte in cui-in ipotesi di detenzione per uso personale-fonda il discrimine del fatto penalmente rilevante sul criterio della do se media giornaliera di so stanza stupe facente determinata in base ai quantitativi massimi di principio attivo fissati con decreto del Ministro della sanità 12 luglio 1990, n. 186 (artt. 75 e 78 d.P.R. n. 309/91 cit.), e non già della dose abituale giornaliera di ciascun singolo assuntore, per sospetta violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) sia per il diverso, più gravoso, trattamento riservato al tossicodipendente consumatore di elevati quantitativi giornalieri di sostanza stupefacente rispetto a quello del tossicofilo assuntore di più ridotte dosi giornaliere della stessa, sia per la disparità conseguente all'imponderabile percentuale di sostanza da taglio alla quale è mescolato il principio attivo della sostanza stupefacente nell'illecito commercio al minuto.

Ulteriore questione di costituzionalità - in riferimento all'art.32 Cost.-ha investito la medesima norma (art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990) nella parte in cui sanziona penalmente la detenzione per uso personale di sostanza stupefacente in misura superiore alla d.m.g.(come sopra determinata) anche in mancanza di indizi di pericolosità sociale nel detentore per sospetta lesione del diritto alla salute.

2.-In via preliminare non può essere accolta la richiesta dell'Avvocatura generale dello Stato di restituzione degli atti per jus superveniens atteso che - come già questa Corte ha rilevato nella sentenza n. 133 del 1992-le modifiche introdotte con il decreto-legge 8 agosto 1991, n. 247, convertito nella legge 5 ottobre 1991, n. 314, hanno riguardato la disciplina dell'arresto in flagranza e quindi non incidono sugli aspetti sostanziali della normativa sulle sostanze stupefacenti alla quale si riferisce l'ordinanza del tribunale rimettente.

3.-Nel merito, la prima questione di costituzionalità non è fondata.

Va premesso che il tribunale rimettente parte dal presupposto che in ipotesi di detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale lo scrimine tra la condotta sanzionata penalmente e quella rilevante soltanto sul piano delle sanzioni amministrative discende dal raffronto del quantitativo della sostanza detenuta con un parametro medio ed oggettivo, rappresentato d alla do s e media gi ornali era di principi o attivo quale tabellata con decreto del Ministro della sanità (art. 78 d.P.R. n. 309/1990 cit.). Da tale interpretazione della disposizione censurata questa Corte non ha motivo di discostarsi al fine del controllo di legittimità costituzionale della norma stessa.

4.-Quanto al primo profilo della denunciata disparità di trattamento mette conto rilevare che-come già questa Corte ha posto in evidenza nelle sentenze n. 333 del 1991 e n. 133 del 1992-comune alla incriminazione delle due situazioni in comparazione (quella del tossico dipendente abituale e quella dell'assuntore occasionale) è la ratio sottesa all'assoggettamento a sanzione penale della detenzione per uso personale di quantità di droga superiore alla dose media giornaliera, ratio che è quella di combattere attraverso il divieto di accumulo (pur se finalizzato al proprio consumo < differito>) il mercato della droga in entrambi i momenti in cui esso si articola: per un verso, contrastando il pericolo che una parte della sostanza detenuta possa essere ceduta a terzi; per altro verso costringendo l'offerta a modellarsi sulla domanda indotta alla parcellizzazione, e così rendendo più difficile lo spaccio.

Nè a diversa valutazione può indurre la circostanza di fatto, valorizzata dall'ordinanza di rimessione ed in concreto sussistente nel giudizio a quo, dell'accertata abituale assunzione giornaliera da parte del singolo tossicodipendente in misura superiore a quella media tabellata atteso che anche in tal evenienza è riscontrabile un'eccedenza potenzialmente idonea ad essere ceduta a terzi.

In termini diversi - va peraltro avvertito - il problema potrebbe porsi nei casi, pur marginali, in cui consumo e detenzione oggettivamente si identificano nella medesima, unica condotta: tale è quando il soggetto è colto mentre assume uno actu una dose maggiore di quella tabellata ovvero quando, anche fuori da questa ipotesi limite, si tratta di persona in stato di tanto avanzata tossicodipendenza da essere dedito ad un'assunzione singola (ripetuta più volte nell'arco di una giornata) di una quantità di sostanza già di per sè sola superiore - ogni volta - alla d.m.g., così da risultare certo che essa versi in una situazione per la quale non può consumare se non detenendo, anche per il consumo immediato unitario, una quantità superiore alla soglia di non punibilità. In tali casi, invero, potrebbe apparire che (non la detenzione, ma) il consumo stesso venga a formare oggetto della sanzione penale con la conseguente non corrispondenza della punibilità alla ratio di fondo della legge, come sopra individuata.

5. - Nè la questione di costituzionalità è fondata sotto il profilo che la quantità di principio attivo presente nella dose < da strada> non è prevedibile, nè conoscibile a priori (art. 3 Cost.), censura questa che è già stata valutata e disattesa nella sentenza n. 133 del 1992 e ancor prima nella sentenza 333 del 1991. Come la Corte ha già considerato, il quantitativo di principio attivo di sostanza stupefacente, che, commisto a sostanze da taglio, è contenuto nelle singole dosi < da strada>, costituisce un elemento di fatto della condotta incriminata e quindi deve essere investito da dolo (anche eventuale) dell'agente, con riferimento alla consistenza della sostanza < normalmente> presente sul mercato. Tale accertamento dell'elemento psicologico del reato è demandato alla prudente valutazione del giudice del merito.

6. -Altresì non fondata è la questione di costituzionalità, riferita all'art. 32 Cost.

La censura di illegittimità costituzionale della irrogazione di una sanzione penale in luogo della previsione di un trattamento mirato alla tutela della salute dell'agente, quando in concreto manchino indizi di pericolosità sociale, si risolve nel problema della offensività della condotta incriminata, già esaminato e deciso nel senso della non fondatezza della relativa questione dalle precedenti citate sentenze (n. 333 del 1991 e n. 133 del 1992), anche con riferimento alla compatibilità (in linea di principio) con la Costituzione della configurazione di reati di pericolo presunto quando non sia irrazionale o arbitraria.

Verificata, quindi, la non illegittimità costituzionale dell'assoggettamento a sanzione penale della detenzione (anche per uso personale) di sostanze stupefacenti in quantità superiore alla d.m.g., non vi è violazione dell'art. 32 Cost. non essendo esclusi, ma essendo anzi previsti, dalla legge trattamenti socio- sanitari mirati al recupero del soggetto agente ed alla tutela della sua salute. Inoltre al fine di favorire il recupero dei tossicodipendenti è poi previsto l'istituto della sospensione dell'esecuzione della pena inflitta (art. 90 d.P.R. n. 309/1990 cit.), che trova applicazione senza alcuna limitazione in ragione del tipo di sostanza stupefacente detenuta (sent. n. 133 del 1992).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope), corrispondente all'art. 71 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, come modificato dalla legge 26 giugno 1990, n. 162, sollevata in relazione agli artt. 3 e 32 Cost. dal Tribunale di Potenza con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/06/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 01/07/92.