Sentenza n. 307 del 1992

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SENTENZA N.307

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

-        Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

-        Dott. Francesco GRECO

 

-        Prof. Gabriele PESCATORE

 

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-        Prof. Luigi MENGONI

 

-        Dott. Renato GRANATA

 

-        Prof. Giuliano VASSALLI

 

-        Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18, primo comma, della legge della Regione Liguria 8 gennaio 1990, n. 1 (Norme per la formazione del piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti e disciplina delle attività di smaltimento), promosso con ordinanza emessa il 5 novembre 1991 dal Pretore di Savona nel procedimento penale a carico di Ragogna Mario, iscritta al n. 76 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente della Giunta regionale della Liguria;

udito nella camera di consiglio del 20 maggio 1992 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto in fatto

 

l.- Il Pretore di Savona, nel corso del procedimento penale a carico di Ragogna Mario, imputato del reato di cui all'art. 26 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, per avere, in qualità di legale rappresentante della ditta "Sicis S.p.a.", effettuato, presso la sede dello stabilimento, lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi, senza essere munito dell'autorizzazione prescritta dall'art. 16 del citato decreto, con ordinanza del 5 novembre 1991 (R.o. n. 76 del 1992), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, primo comma, della legge regionale della Liguria n. 1 del 1990. Esso stabilisce che si considera autorizzato lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi presso il produttore, purchè siano rispettate le seguenti condizioni:

a)che i rifiuti , se allo stato liquido o fangoso pompabile, non superino per ciascuna unità o centro di produzione, il quantitativo annuo di 50 mc. Ed il quantitativo presente in detenzione di 10 mc ;

b)che, se allo stato solido o fangoso palabile, non superino, per ciascuna unità o centro di produzione, il quantitativo di 50 mc. ed il quantitativo presente in detenzione di 10 mc. ;

c) che i rifiuti siano custoditi in un sito coperto all'uopo destinato secondo le disposizioni generali di cui al paragrafo 4, 4.1, della deliberazione 27 luglio 1984, del comitato interministeriale di cui all'art.5 del d.P.R. 10 settembre 1982. N. 915.

d) che vengano asportati almeno ogni sei mesi ovvero, nel caso che il loro quantitativo annuo non superi i 2 mc., almeno una volta l'anno.

Inoltre con il secondo comma dello stesso art.18 si sarebbe riservata l'autorizazione prevista dal d.P.R. n. 915 ai soli casi di stoccaggio provvisorio realizzato al di fuori delle condizioni su indicate.

1.1.- L'art.18. primo comma, della legge regionale n. 1 del 1990, siccome di fatto esonererebbe lo stoccaggio effettuato alle condizioni ivi previste dalla necessità dell'autorizzazione di cui all'art.16 del d.P.R. n. 915 del 1982, si porrebbe in contrasto anzitutto con l'art. 117 della Costituzione, che fissa i limiti della competenza regionale, e con l'art. 25, secondo comma, della Cosituzione, che riserva alla legge statale la materia penale.

In base alla direttiva comunitaria (n. 78/319 del 20 marzo 1978 ) e alla legge statale di attuazione ( d.P.R. n. 915 del 1982 ) l'autorizzazione cui é soggetta ciascuna fase dello stoccaggio di rifiuti tossici deve essere concessa con un provvedimento specifico rilasciato dopo l'accertamento delle condizioni richieste.

La legge statale, poi, (art.16 d.P.R. 915 del 1982 ) punisce penalmente colui che effettua le varie fasi di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi senza la relativa autorizzazione.

Si sarebbero violati anche :

a) l'art.3, primo comma, della Costituzione, per la discriminazione dei cittadini della Regione Depositata in cancelleria de qua rispetto a quelli di altre Regioni che richiedono l'autorizzazione espressa ;

b) l'art.97, primo comma, delle, Costituzione, ledendosi il principio del buon andamento della pubblica amministrazione.

2.- Nel giudizio é intervenuto il Presidente della Giunta regionale della Liguria, che concludendo per la manifesta infondatezza della questione, ha osservato che le considerazioni svolte dalla Corte costituzionale con le sentenze richiamate nella ordinanza di rimessione non si attagliano alla fattispecie.

Considerato in diritto

 

1 -La Corte deve verificare se l'art. 18, primo comma, della legge regionale della Liguria n. 1 del 1990, che stabilisce che si considera autorizzato lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi presso il produttore degli stessi, purché siano rispettate le condizioni ivi indicate, violi:

a) l'art. 117, in quanto risulterebbero violati i limiti della competenza regionale, trattandosi di materia regolata da direttive comunitarie e da una legge statale (il d.P.R. n. 915 del 1982) di loro attuazione, la quale contiene le norme di principio da osservarsi nella materia;

b) l'art. 25, secondo comma, della Costituzione perchè si riterrebbero lecite fattispecie di stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi effettuate senza l'autorizzazione regionale;

c) l'art. 3 della Costituzione, discriminandosi i cittadini della Regione rispetto a cittadini di altre Regioni, per i quali si richiederebbe l'autorizzazione regionale per ogni ipotesi di stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi;

d) l'art.97, primo comma, della Costituzione, risultando leso il principio del buon andamento della pubblica amministrazione.

2. - La questione è fondata.

L'art. 18, primo comma, della legge regionale della Liguria n. 1 del 1990 stabilisce che lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi può essere effettuato senza autorizzazione specifica se si verificano alcune condizioni e cioè: a) se i rifiuti, allo stato liquido o fangoso pompabile, non superino, per ciascuna unità o centro di produzione, il quantitativo annuo complessivo di 10 mc. e il quantitativo presente in detenzione di 5 mc; b) se i rifiuti allo stato liquido o fangoso palabile non superino, per ciascuna unità o centro di produzione, il quantitativo di 50 mc. ed il quantitativo presente in detenzione di 10 mc.; c) se i suddetti siano custoditi in un sito al coperto all'uopo destinato; d) se siano asportati almeno ogni sei mesi ovvero almeno una volta all'anno, se il loro quantitativo annuo non superi i 2 mc.

Il secondo comma dello stesso articolo prevede, invece, l'autorizzazione in caso di inosservanza di una delle suddette condizioni.

La disposizione di cui trattasi, che è oggetto della proposta impugnativa, eccettua, quindi, dall'obbligo dell'autorizzazione alcune ipotesi di stoccaggio provvisorio.

Invece, sia le direttive C.E.E. (in specie la n. 78/319) che la disciplina statale di attuazione (il d.P.R. n. 915 del 1982), che dettano i principi fondamentali da osservarsi in materia di smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, tra cui lo stoccaggio provvisorio, prevedono per tutte le fasi l'obbligo della autorizzazione senza alcuna eccezione (art . 1 6 d. P. R .n. 91 5 del 1 982) e, per giunta, la legge statale punisce penalmente lo stoccaggio provvisorio effettuato senza autorizzazione (art. 26 d.P.R. 915 del 1982).

I suddetti atti normativi, comunitari e statali, secondo la interpretazione giurisprudenziale, escludono anche la possibilità di una autorizzazione implicita o tacita e il ricorso all'istituto del silenzio-assenso proprio perchè si impone la tutela della salute e dell'ambiente, che sono beni costituzionalmente garantiti e protetti (artt. 32 e 9 della Costituzione).

2.l. -Occorre, infatti, accertare l'esistenza delle condizioni tecniche specificamente richieste per il rilascio dell'autorizzazione. E cioè, secondo i tipi di rifiuti e i quantitativi da stoccare, la idoneità dei luoghi, i metodi dello svolgimento della attività da autorizzare (direttiva n. 78/349) ed, in ogni caso, la rispondenza del sito e delle annesse attrezzature ai requisiti prescritti anche dalle norme tecniche emanate in proposito.

Nella autorizzazione devono essere specificati i tipi e i quantitativi massimi dei rifiuti stoccabili (art. 18, secondo comma, d.P.R. n. 915 del 1982).

La disposizione denunciata, invece, fissa solo delle condizioni, ma nulla prevede in merito alle modalità dell'accertamento e del controllo sulla loro ricorrenza ed osservanza; non indica nemmeno gli organi o le persone all'uopo incaricate.

3.-Risultano, quindi, violati i principi di indirizzo posti dalla legge statale, diretta ad attuare, con uniformità di trattamento in tutto il territorio nazionale, le direttive C.E.E. in materia, in adempimento dei contratti obblighi internazionali.

La potestà legislativa regionale deve cedere all'intervento legislativo statale determinato dalle suddette finalità.

In particolare, non può introdurre arbitrarie distinzioni o deroghe perchè ne sarebbe sconvolta la complessiva logica della legge statale.

Restano assorbite le censure riferentesi agli altri precetti costituzionali di cui si denuncia la violazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art . 18 , primo comma, della legge regionale della Liguria 8 gennaio 1990, n. 1 (Norme per la formazione del piano regionale di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti e disciplina delle attività di smaltimento).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/06/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco GRECO, Redattore

Depositata in cancelleria il 01/07/92.