Ordinanza n. 276 del 1992

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ORDINANZA N. 276

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

-        Prof. Giuseppe BORZELLINO

-        Dott. Francesco GRECO

-        Prof. Gabriele PESCATORE

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 458, primo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1991 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Celletti Claudio, iscritta al n. 59 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 maggio 1992 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

RITENUTO che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, con ordinanza del 9 dicembre 1991, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, primo e secondo comma, e 3 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 458, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede i mezzi con i quali l'imputato detenuto agli arresti domiciliari possa provvedere alla notificazione al pubblico ministero della propria richiesta di giudizio abbreviato;

e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;

CONSIDERATO che, a norma dell'art. 123, secondo comma, del codice di procedura penale, le richieste formulate dall'imputato in stato di arresto o di detenzione domiciliare e ricevute da un ufficiale di polizia giudiziaria sono produttive di effetti "come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria", espressione, quest'ultima, che il legislatore del codice di rito univocamente e costantemente adotta nelle ipotesi in cui intende fare riferimento non solo al giudice ma anche al pubblico ministero;

che, di conseguenza, e come già posto in risalto da questa Corte in analoga fattispecie (v. ordinanza n. 59 del 1992), la richiesta di giudizio abbreviato che l'imputato agli arresti domiciliari formuli a norma dell'art.458, primo comma, del codice di procedura penale, deve ritenersi ritualmente notificata al pubblico ministero attraverso la semplice traditio ad un ufficiale di polizia giudiziaria, sempre che l'atto da questi ricevuto sia stato "indirizzato" al pubblico ministero, quale autorità destinataria della relativa consegna da effettuare con le modalità previste dall'art. 44 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271;

che, d'altra parte, emerge dalla stessa ordinanza di rimessione che la richiesta di giudizio abbreviato formulata dall'imputato è stata nella specie depositata in cancelleria "dal suo difensore", sicchè questi ben avrebbe potuto soddisfare l'onere della notificazione imposto dalla norma oggetto di impugnativa, attraverso la semplice consegna di copia nella segreteria del pubblico ministero, contestualmente certificata dal pubblico ufficiale addetto, a norma dell'art.153, primo comma, del codice di procedura penale;

che alla stregua delle accennate considerazioni emerge, dunque, che il sistema delineato dal complesso delle richiamate disposizioni non può certo ritenersi tale da rendere "impossibile all'imputato detenuto agli arresti domiciliari l'esercizio efficace della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato";

e che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 458, primo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24, primo e secondo comma, e 3 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/06/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 12/06/92.