Ordinanza n.222 del 1992

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ORDINANZA N. 222

 

ANNO 1992

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici

 

-      Prof. Giuseppe BORSELLINO, Presidente

 

-      Dott. Francesco GRECO

 

-      Prof. Gabriele PESCATORE

 

-      Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-      Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

-      Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-      Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-      Avv. Mauro FERRI

 

-      Prof. Luigi MENGONI

 

-      Prof. Enzo CHELI

 

-      Dott. Renato GRANATA

 

-      Prof. Giuliano VASSALLI

 

-      Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 405, secondo comma, 406, primo comma, e 407, terzo comma, < come richiamati dall'art. 553>, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 4 luglio 1991 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Vercelli nel procedimento penale a carico di Dean Marina ed altro, iscritta al n. 583 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1991.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1992 il Giudice relatore Mauro Ferri.

 

RITENUTO che il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Vercelli ha sollevato, in riferimento all'art. 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 405, secondo comma, 406, primo comma, e 407, terzo comma, < come richiamati dall'art. 553>), del codice di procedura penale nelle parti in cui, rispettivamente, < prevedono un termine di sei mesi per il compimento delle indagini preliminari, la concedibilità di una proroga del termine solo prima della scadenza dello stesso, la radicale inutilizzabilità degli atti d'indagine compiuti oltre la scadenza del termine>;

 

che, in particolare, il giudice remittente ritiene che le norme indicate non siano compatibili con il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, < per la impossibilità di ogni attività di controllo, impulso, o contrasto da parte del giudice> il quale, nei confronti di una eventuale inerzia del pubblico ministero nel non completare le indagini nei termini stabiliti, non può disporre che le indagini proseguano nè può accogliere tardive richieste di proroga dei termini stessi;

 

che, nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione.

 

CONSIDERATO che questa Corte ha già avuto modo di affermare (v. sent. n. 88 del 1991) che a garanzia della completezza delle indagini è posta, innanzitutto, la previsione per cui, ove il giudice delle indagini preliminari non ritenga accoglibile la richiesta di archiviazione, possa, all'esito dell'udienza camerale all'uopo fissata, indicare al pubblico ministero le ulteriori indagini che ritiene necessarie e fissare il termine indispensabile per il loro compimento (art. 409, quarto comma): chiarendo inoltre (v. ord. n. 436 del 1991) che, una volta formulate le richieste, la rigida disciplina dei termini stabilita dagli artt. 405, 406 e 407 non ha più modo di operare, sostituendosi ad essa una < flessibile> delibazione giurisdizionale volta a calibrare il termine stesso in funzione del compimento di quelle ulteriori indagini che il medesimo giudice è chiamato ad indicare;

 

che con la citata pronuncia n. 88 del 1991 sono stati indicati come ulteriori strumenti volti a garantire la tendenziale completezza delle indagini anche gli istituti previsti dagli artt.410 (opposizione alla richiesta di archiviazione), 412 (avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell'azione penale) e 409, quinto comma (ordine al pubblico ministero di formulare l'imputazione);

 

che, in conclusione, la denunciata disciplina sui termini delle indagini preliminari, che risponde alla duplice esigenza di imprimere tempestività alle investigazioni e di contenere in un lasso di tempo predeterminato la condizione di chi a tali indagini è assoggettato (cfr. sent. n. 174 del 1992), non viola in alcun modo il principio di obbligatorietà dell'azione penale, per l'esistenza di sufficienti ed adeguati strumenti di controllo affidati al giudice nei confronti dell'eventuale inerzia del pubblico ministero;

 

che pertanto la questione deve essere dichiarata manifestamente in fondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 405, secondo comma, 406, primo comma, 407, terzo comma, e 553 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 112 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Vercelli.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/05/92.

 

Giuseppe BORZELLINO, Presidente

 

Mauro FERRI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 25/05/92.