Ordinanza n. 214 del 1992

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ORDINANZA N. 214

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

-        Prof. Giuseppe BORZELLINO

-        Dott. Francesco GRECO

-        Prof. Gabriele PESCATORE

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 218, primo comma, 241 e 245, secondo comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 17 novembre 1990 dal Tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Lucio Lotti ed altri (Fallimento CODELFA), iscritta al n. 726 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 1 aprile 1992 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

RITENUTO che nel corso di un procedimento penale disciplinato dalla normativa vigente anteriormente al nuovo codice, il Tribunale di Milano aveva concesso, ai sensi dell'art. 316 del codice di procedura penale, il sequestro conservativo sugli immobili degli imputati e che, decidendo sulla richiesta di riesame, il Tribunale della Libertà, dichiarata inammissibile tale misura -- non essendo previsto il citato art.316 tra le norme immediatamente applicabili elencate nell'art. 245 del decreto legislativo n. 271 del 1989 -- convertiva la richiesta in opposizione ad iscrizione d'ipoteca ex art. 618 del codice di procedura penale abrogato;

che quindi il primo giudice, nuovamente investito, con ordinanza del 17 novembre 1990, ha revocato la detta misura ed ha contestualmente sollevato, in relazione all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 218, primo comma, nonchè 241 e 245, secondo comma, del decreto legislativo n. 271 del 1989;

che il giudice a quo -- pur ribadendo la fondatezza della tesi per cui il nuovo sequestro conservativo risulterebbe immediatamente applicabile anche ai processi che proseguono con il "vecchio" rito -- prende atto della diversa opinione del Tribunale della Libertà, il quale prospetta l'ultrattività, per tali procedimenti, dell'istituto dell'ipoteca legale, giudicandola non condivisibile per l'immediatezza dell'effetto abrogativo sancito dall'art. 218, primo comma, del citato decreto legislativo, onde detta norma viene censurata nella parte in cui non prevede l'immediata sostituzione della ipoteca legale con il sequestro conservativo ex art. 316 del codice di procedura penale;

che, simmetricamente, il Tribunale denunzia gli artt. 241 e 245, secondo comma, del medesimo decreto legislativo nella parte in cui non prevedono l'art. 316 del codice di procedura penale tra le norme immediatamente applicabili ai processi che proseguono con l'applicazione delle norme anteriormente vigenti, in quanto la normativa de qua, nel suo complesso, determinerebbe una ingiustificata disparità rispetto ai procedimenti disciplinati dal nuovo codice;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, preliminarmente eccependo l'inammissibilità della questione e sostenendone nel merito l'infondatezza, in quanto l'abrogazione dell'istituto dell'ipoteca legale opererebbe solo in relazione ai procedimenti nei quali si applica il "nuovo" rito, ferma l'applicazione delle norme anteriormente vigenti -- che non sarebbero solo quelle del soppresso codice di procedura penale, ma anche, come nella specie, quelle contenute nel codice penale -- per i processi disciplinati dal "vecchio" rito.

CONSIDERATO che <l'applicazione delle norme anteriormente vigenti> disposta dall'art. 241 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271 per i giudizi, quale quello di rinvio, in corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice, va riferita non soltanto alle disposizioni processuali ma anche alla disciplina sostanziale a queste necessariamente correlata dal nesso inscindibile tra diritto ed azione; che, quindi, il permanere della vigenza del modulo procedimentale descritto dagli artt. 616 e seguenti del previgente codice per l'ipoteca legale implica e presuppone l'applicabilità dell'istituto stesso ai processi in questione, dovendo viceversa riferirsi l'abrogazione dell'art. 189 del codice penale -- sancita dall'art. 218 del citato decreto -- soltanto ai processi tenuti con il "nuovo" rito, come conferma l'omessa indicazione di tale ultima norma tra quelle immediatamente applicabili;

che, pertanto, il sistema, contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, esibisce una coerente saldatura con la novellata figura del sequestro conservativo sui beni immobili, alla cui operatività si collega l'assorbimento della precedente misura;

che, inoltre, l'inesistenza di una soluzione di continuità tra ipoteca e sequestro, come conseguenza del coordinamento tra abrogazione della prima ed applicabilità del secondo è stata recentemente sottolineata anche dalla Suprema Corte regolatrice, che ha parimenti escluso la paventata mancanza di una disciplina delle garanzie reali nella fase transitoria;

che la proposta questione risulta di conseguenza manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 218, primo comma, 241 e 245, secondo comma, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Milano con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/05/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore

Depositata in cancelleria il 11/05/92.