Sentenza n. 191 del 1992

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SENTENZA N. 191

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi quarto e quinto, e 8 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369 (Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi), promosso con ordinanza emessa il 7 ottobre 1991 dal Pretore di Firenze nel procedimento civile vertente tra Lorenzi Annunziata ed altri ed ente Ferrovie dello Stato ed altra, iscritta al n. 707 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.48, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 marzo 1992 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

Ritenuto in fatto

1. Nel corso di un giudizio civile promosso da Annunziata Lorenzi e altri trentatre dipendenti della s.p.a. Bucalossi Walton e figli per ottenere l'accertamento del loro rapporto di lavoro diretto con l'ente Ferrovie dello Stato, che ne aveva utilizzato le prestazioni di lavoro con l'intermediazione della detta società, contro il divieto dell'art.1 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, il Pretore di Firenze, con ordinanza del 7 ottobre 1991, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, quarto e quinto comma, e 8 della legge citata.

Premesso che nella specie ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rapporto di impiego pubblico (fino al termine del regime transitorio di cui all'art. 21 della legge 17 maggio 1985, n. 210) e poi di lavoro direttamente e automaticamente in capo all'ente Ferrovie dello Stato a norma dell'art. 1, ultimo comma, della legge n. 1369 del 1960, applicabile anche agli enti pubblici economici, il giudice remittente ritiene questa norma, nei limiti del comma precedente, nonchè l'art. 8 della legge medesima, contrastanti con gli artt. 3, 4, 81 e 97 Cost., perchè "consentono la costituzione di rapporti di lavoro (talvolta in grandissimo numero) al di fuori di qualsiasi procedura concorsuale o comunque comparativa, e senza alcuna previsione per la copertura della spesa a carico dello Stato. In tal modo, inoltre, si viene a precludere l'accesso all'occupazione (in enti pubblici) ad altri aspiranti e si frustra l'interesse pubblico alla scelta dei più capaci".

Il riferimento all'art. 81 Cost. è fondato sull'assunto che i finanziamenti statali previsti dall'art. 17 della legge n. 210 del 1985 comportano l'appartenenza dell'ente Ferrovie dello Stato, come della precedente azienda autonoma, al settore pubblico allargato.

2. Nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata.

Premesso che nell'ordinanza di rimessione manca un'adeguata motivazione con riguardo agli artt. 3, 4 e 97 Cost., e che non a proposito è richiamato l'art. 81 Cost., non potendo l'ente Ferrovie dello Stato ritenersi incluso nel settore pubblico allargato, l'Avvocatura rileva, in via principale e assorbente, che la questione non ha ragion d'essere perchè l'art. 1, ultimo comma, della legge n. 1369 del 1960 non è applicabile nella specie. La sua applicazione è impedita, per incompatibilità ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile, dall'art. 14, quarto comma, n. 4, della legge n. 210 del 1985, il quale dispone che il reclutamento del personale stabile dell'ente Ferrovie dello Stato "deve sempre avvenire mediante procedure concorsuali pubbliche". Ne consegue, ad avviso dell'interveniente, che "il contratto di lavoro stipulato da enti pubblici economici, in violazione del divieto di assunzione senza concorso, è nullo per contrarietà a norma imperativa".

Considerato in diritto

1. Dal Pretore di Firenze è sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, quarto e quinto comma, e 8 della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, in riferimento agli artt. 3, 4, 81 e 97 Cost., nella parte in cui consentono la costituzione di rapporti di lavoro con enti pubblici compresi nel settore pubblico allargato "al di fuori di qualsiasi procedura concorsuale o comunque comparativa, e senza alcuna previsione per la copertura della spesa a carico dello Stato".

L'art. 1 della legge n. 1369 del 1960 vieta l'intermediazione e l'interposizione nelle prestazioni di lavoro nelle forme del pseudoappalto e del cottimo collettivo autonomo, dichiara applicabile il divieto anche alle aziende dello Stato e agli enti pubblici, salvo quanto disposto dal successivo art. 8, e infine sancisce che "i prestatori di lavoro, occupati in violazione del divieto, sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell'imprenditore che effettivamente abbia utilizzato le loro prestazioni". L'art. 8 esclude dal campo di applicazione della legge le Amministrazioni autonome delle ferrovie dello Stato, dei monopoli di Stato e delle poste e telecomunicazioni a condizione che, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, siano emanate con decreto del Presidente della Repubblica, in conformità con le disposizioni degli articoli precedenti, le norme per la disciplina dell'impiego della mano d'opera negli appalti concessi dalle dette Amministrazioni.

Tali norme sono state emanate con d.P.R. 22 novembre 1961, n.1192, il quale dispone che il divieto di cui all'art. 1 della legge n. 1369 del 1960 si applica anche nei confronti delle predette Amministrazioni autonome dello Stato, ma non prevede l'applicabilità della sanzione comminata nell'ultimo comma.

2. In seguito alla legge 17 maggio 1985, n. 210, è subentrato all'Azienda delle ferrovie dello Stato un nuovo ente pubblico economico, denominato "Ferrovie dello Stato", il quale è succeduto in tutti i rapporti attivi e passivi già di pertinenza della cessata Amministrazione autonoma. I rapporti di lavoro del personale dipendente dall'Ente sono soggetti al regime dei rapporti privati, ma l'art. 21 della legge istitutiva ha in via transitoria protratto la vigenza del precedente regime pubblicistico fino all'entrata in vigore del contratto collettivo stipulato in sede di prima applicazione della legge medesima: il contratto è stato stipulato in data 23 gennaio 1988 ed è entrato in vigore il 5 febbraio 1988.

Da questa data non è più applicabile nei rapporti con i dipende di imprese appaltatrici di opere o servizi per conto delle Ferrovie dello Stato il d.P.R. n. 1192 del 1961, emanato ai sensi dell'art. 8 della legge n. 1369 del 1960, e trovano invece applicazione diretta le disposizioni di cui agli articoli precedenti della stessa legge.

L'Avvocatura dello Stato obietta che, in virtù dell'art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile, l'art. 1, quinto comma, della legge n. 1369 del 1960 non è applicabile alle Ferrovie dello Stato, in quanto incompatibile con la disposizione dell'art. 14, quarto comma, n. 4, della legge successiva n. 210 del 1985, secondo cui "il reclutamento del personale stabile dell'Ente deve sempre avvenire mediante procedure concorsuali pubbliche". Ma questa valutazione, improntata alla giurisprudenza amministrativa relativa all'art. 6, terzo comma, della legge 20 marzo 1975, n. 70, non è trasferibile all'ente Ferrovie dello Stato.

Trattandosi di ente pubblico economico, i cui rapporti col personale dipendente sono soggetti al diritto privato, la disposizione richiamata - non assistita dalla sanzione di nullità delle assunzioni disposte in deroga alla regola del concorso - ha soltanto il valore di norma di organizzazione interna senza incidenza nei rapporti con i terzi.

3. In riferimento all'art. 97 Cost. l'ordinanza di rimessione non è sufficientemente motivata, e pertanto la questione deve essere dichiarata, sotto questo profilo, inammissibile.

4. In riferimento agli altri parametri richiamati dal giudice a quo, la questione deve essere esaminata distinguendo i due periodi sopra delineati al punto 2: a) il periodo successivo al termine del regime transitorio previsto dall'art. 21 della legge n. 210 del 1985, cioè successivo alla data del 5 febbraio 1988, alla quale è divenuta operante la privatizzazione dei rapporti di lavoro del personale ferroviario;b) il periodo anteriore alla data indicata, durante il quale i rapporti afferenti alla mano d'opera impiegata negli appalti concessi dalla cessata Amministrazione autonoma o, in vigenza del regime transitorio, dall'ente Ferrovie dello Stato, erano soggetti alla disciplina del d.P.R. n.1192 del 1961.

5. In relazione al periodo sub a) la questione non è fondata.

Nella parte in cui è applicabile anche all'ente Ferrovie dello Stato, con effetto dal 5 febbraio 1988, l'art. 1, quarto e quinto comma, della legge n.1369 del 1960 (mentre è ormai inapplicabile l'art. 8 della legge medesima) non viola l'art. 3 Cost., nè sotto il profilo del principio di eguaglianza, perchè la posizione dei lavoratori utilizzati dall'Ente in violazione del divieto di intermediazione nelle prestazioni di lavoro non è confrontabile con quella dei lavoratori assunti direttamente dall'Ente mediante pubblico concorso; nè sotto il profilo del principio di razionalità, perchè non può addursi come argomento di irrazionalità la possibilità che la norma fornisca un comodo espediente per assunzioni di lavoro elusive del requisito del pubblico concorso: siffatta possibilità può concretarsi, in contrasto con la ratio normativa, solo per il tramite di un comportamento illecito (e quindi sanzionabile anche in via di responsabilità patrimoniale) dei dirigenti preposti alla gestione del personale dell'Ente.

Palesemente inconsistente è la pretesa violazione dell'art. 4 Cost., scopo delle norme denunciate essendo una più forte tutela del diritto al lavoro dei lavoratori assunti dall'intermediario.

Quanto all'art. 81 Cost., anche ad ammettere che, in ragione dei finanziamenti statali previsti dall'art. 17 della legge istitutiva, il nuovo ente Ferrovie dello Stato debba intendersi incluso nel settore pubblico allargato al medesimo titolo della cessata Azienda autonoma, il richiamo di questo parametro è pur sempre inappropriato. Nella specie non si tratta di spese programmate senza copertura finanziaria, ma di un onere finanziario che sopraggiunge per effetto dell'accertata violazione di un divieto di legge e in applicazione della sanzione prevista dalla legge stessa.

6. In relazione al periodo sopra indicato al punto 3, sub b), la questione - che, sotto questo profilo, investe, in ordine logico, anzitutto l'art. 8 della legge n. 1369 del 1960 - non è fondata nei sensi appresso precisati.

La concisa ordinanza di rimessione interpreta l'art. 8 come norma che, pur nel silenzio dell'art. 1 del d.P.R. n. 1192 del 1961, comporta l'applicabilità alle Amministrazioni autonome dello Stato non solo del divieto di cui ai primi due comma dell'art. 1 della legge n. 1369, ma anche della sanzione automatica prevista nell'ultimo comma. La Corte non condivide questa interpretazione, che non è confortata da specifici precedenti giurisprudenziali. Nessuna delle decisioni della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, che hanno ritenuto applicabile ad enti pubblici il quinto comma dell'art. 1 della legge da ultimo citata, riguarda le Amministrazioni autonome dello Stato, alle quali l'art. 8 riserva una considerazione speciale. D'altro lato, un indice contrario, seppure indiretto, si può ravvisare nella sentenza n. 2050/1989 della Corte di cassazione, che ha ritenuto l'inapplicabilità dell'art. 13 dello statuto dei lavoratori ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato durante il regime transitorio.

Dal secondo comma dell'art. 8 della legge n. 1369 del 1960 si argomenta che le Amministrazioni autonome dello Stato sono escluse dal campo di applicazione della legge a condizione che il Governo provveda, come in effetti ha provveduto col d.P.R. n. 1192 del 1961, a emanare le norme previste nel primo comma per la disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti concessi dalle dette Amministrazioni.

Pertanto, in ordine all'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, alla quale è poi succeduto l'Ente istituito dalla legge del 1985, questa materia, per il periodo ora considerato, è stata regolata esclusivamente dal citato decreto presidenziale, il cui art. 1, come già si è osservato, applica il divieto di cui all'art. 1 della legge n. 1369 tralasciando la sanzione prevista nell'ultimo comma. Che il silenzio sul punto abbia il significato di esclusione di una sanzione di questo tipo si argomenta con sicurezza dal successivo art. 4 del decreto.

Non varrebbe obiettare che, a norma dell'art. 8, primo comma, della legge n.1369, la disciplina del decreto deve porsi "in conformità con le disposizioni di cui ai precedenti articoli". É vero che il decreto ha natura regolamentare (sent. n. 205 del 1981), ma, ai sensi del secondo comma dell'art. 8, non si tratta di un regolamento di esecuzione, bensì di un regolamento al quale la legge rimette in via esclusiva la disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti concessi dalle Amministrazioni autonome dello Stato. Perciò il requisito espresso nel primo comma va interpretato come direttiva di armonizzazione del decreto con i principi della legge n. 1369, che lascia al potere regolamentare del Governo un margine di discrezionalità più ampio di quello (puramente tecnico) concesso ai regolamenti di esecuzione.

Che questo margine di discrezionalità includesse anche la facoltà di mettere in disparte la sanzione automatica dell'art. 1, quinto comma, della legge, a salvaguardia del principio del pubblico concorso nell'assunzione dei dipendenti dello Stato, è confermato dai ripetuti interventi legislativi (leggi 29 ottobre 1971, n. 880; 6 giugno 1975, n. 197) che hanno disposto l'inquadramento nei ruoli del personale ferroviario, mediante concorsi speciali per titoli, dei dipendenti delle imprese appaltatrici di una serie di servizi poi assunti in gestione diretta dall'Azienda autonoma, compreso il servizio di ricerca e coordinamento dei documenti di trasporto, di cui è causa nel giudizio a quo (n. 19 della tabella allegata alla legge n. 880 del 1971).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara, in relazione al periodo anteriore al 5 febbraio 1988, non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, quarto e quinto comma, e 8 della legge 23 ottobre 1960, n.1369 (Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 81 della Costituzione, dal Pretore di Firenze con l'ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara non fondata la medesima questione in relazione al periodo successivo al 5 febbraio 1988;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, quarto e quinto comma, e 8 della legge sopra citata, sollevata, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, dal nominato Pretore con la medesima ordinanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/04/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 22 aprile del 1992.