Sentenza n. 150 del 1992

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SENTENZA N. 150

 

ANNO 1992

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO, Presidente

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 6 febbraio 1985, n. 16 (Programma quinquennale di costruzione di nuove sedi di servizio e relative pertinenze per l'Arma dei Carabinieri), promossi con le seguenti ordinanze:

 

1) ordinanza emessa il 19 marzo 1991 dal Consiglio di Stato - Sezione quarta giurisdizionale sui ricorsi riuniti proposti da s.a.s. G.B.S. Edilizia di Rapuzzi Giorgio & C. ed altri contro Giambrignoni Giulia ed altri, iscritta al n. 615 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1991;

 

2) ordinanza emessa il 19 marzo 1991 dal Consiglio di Stato - Sezione quarta giurisdizionale sui ricorsi proposti da Impresa Zumaglini & Gallina S.p.A. ed altri contro Parodi Milena ed altro, iscritta al n. 616 del registro ordinanze del 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.40, prima serie speciale, dell'anno 1991.

 

Visti gli atti di costituzione di Cassinello Gianangelo ed altri e di Parodi Milena ed altro nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 18 febbraio 1992 il Giudice relatore Enzo Cheli;

 

uditi gli avvocati Lorenzo Acquarone e Ludovico Villani per Cassinello Gianangelo ed altri e per Parodi Milena ed altro e l'avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel giudizio d'appello promosso con due distinti ricorsi presentati - il primo dalla s.a.s. G.S.B. Edilizia di Rapuzzi Giorgio & C. ed il secondo dal Ministero dei lavori pubblici, dal Ministero della difesa, dal Ministero dell'interno, nonchè dal Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche per la Liguria - ai fini dell'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria 4 aprile 1989, n. 232, con la quale sono stati dichiarati illegittimi i provvedimenti di approvazione e localizzazione del progetto di ampliamento del Comando Intermedio Carabinieri di Santa Margherita Ligure, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Quarta Sezione), con ordinanza del 19 marzo 1991 (R.O. n.615 del 1991), ha sollevato questione di legittimità' costituzionale dell'art. 3 della legge 6 febbraio 1985, n. 16 (Programma quinquennale di costruzione di nuove sedi di servizio e relative pertinenze per l'Arma dei Carabinieri), in riferimento agli artt. 5, 9, secondo comma, 117, 118 e 128 della Costituzione.

 

Nell'ordinanza di rinvio si espone che il T.A.R. per la Liguria - pronunciandosi sul ricorso proposto dai condomini di un fabbricato di Santa Margherita Ligure avverso il richiamato progetto di ampliamento - aveva accolto il ricorso stesso per violazione dell'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n.616, ritenendo il progetto in questione, in quanto attinente ad opera equiparata a quelle destinate alla difesa militare, sottratto soltanto allo speciale accertamento di conformità agli strumenti urbanistici di cui al secondo comma del citato art. 81, ma non anche alle procedure dettate, dai commi terzo e quarto dello stesso articolo, per le opere pubbliche difformi da tali strumenti, procedure nella specie non osservate dalle amministrazioni statali.

 

Ad avviso del giudice remittente questa interpretazione del T.A.R. per la Liguria non può essere condivisa poichè l'inciso contenuto nel secondo comma dell'art. 81 del d.P.R. n. 616 ("salvo che per le opere destinate alla difesa militare") non starebbe ad indicare che per queste opere l'accertamento di conformità segue un procedimento diverso, ma significherebbe invece che per le opere di difesa si prescinde comunque dall'accertamento di conformità agli strumenti urbanistici: un dato, questo, che avrebbe come suo naturale corollario l'inapplicabilità alle opere di difesa anche delle procedure di cui ai commi terzo e quarto del citato art. 81.

 

Del resto - sempre secondo il giudice a quo - sarebbe del tutto giustificato che le opere destinate alla difesa nazionale richiedano, per loro natura, un regime urbanistico differenziato rispetto alla generalità delle opere pubbliche statali, poichè le esigenze connesse alla distribuzione territoriale delle opere di difesa ed alla loro progettazione attengono a finalità che trascendono le possibilità di apprezzamento delle autorità urbanistiche.

 

Ma - ad avviso del Consiglio di Stato - tutto ciò potrebbe valere "a condizione che si tratti realmente di opere destinate alla difesa nazionale e non di opere di altra natura artificiosamente definite tali al solo fine di sottrarle alla disciplina urbanistica propria delle ordinarie opere pubbliche statali". Ad escludere la possibilità di interventi arbitrari del legislatore ordinario in questo ambito si pongono - sempre ad avviso del giudice a quo - numerosi precetti costituzionali attinenti al rapporto tra opere pubbliche e disciplina urbanistica: in primo luogo, gli artt. 117 e 118 della Costituzione, che attribuiscono alle Regioni la potestà legislativa e quella amministrativa nella materia dell'urbanistica; in secondo luogo, gli artt. 5 e 128 della Costituzione, che attribuiscono rilevanza costituzionale all'autonomia degli enti locali (che si esprime in via primaria nel governo del territorio); infine, l'art. 9, secondo comma, della Costituzione, che, affermando il valore costituzionale del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico, assoggetta ai relativi vincoli anche le opere pubbliche, salvo che il sacrificio di tali valori risulti indispensabile in vista di interessi dotati di preminente tutela sul piano costituzionale.

 

Ne consegue che una legge che "nominalmente ed arbitrariamente" conferisse la qualifica di "opera di difesa" ad un'opera di altra natura, al solo scopo di sottrarla alla disciplina urbanistica generale, verrebbe a porsi in contrasto con le suddette norme costituzionali.

 

Ed è appunto questa ipotesi che il giudice a quo ravvisa nell'art. 3 della legge 6 febbraio 1985, n. 16, che - a suo giudizio - opererebbe una indebita estensione dello speciale regime riservato alle opere destinate alla difesa militare ad opere che di per sè non sono suscettibili di tale qualificazione. Questo dato sarebbe confermato dalla constatazione che le strutture edilizie logistico- operative dell'Arma dei Carabinieri sono concepite essenzialmente (o almeno prevalentemente) per funzioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria e non per funzioni di difesa nazionale. In altri termini - sempre a giudizio del giudice remittente - l'interesse pubblico alla realizzazione di un edificio per una stazione dei Carabinieri non sarebbe dissimile da quello relativo alla costruzione di altre opere pubbliche quali, ad esempio, un tribunale, una prefettura o una questura. Non vi sarebbero quindi valide ragioni per esentare, in via legislativa, le procedure di realizzazione delle sedi di servizio dei Carabinieri dal rispetto della disciplina prevista in generale per le opere pubbliche dall'art. 81 del d.P.R. n. 616.

 

Di qui il sospetto di incostituzionalità dell'art. 3 della legge 6 febbraio 1985, n. 16, che tale esenzione ha disposto, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione (riserva di competenze legislative ed amministrative alle Regioni in materia urbanistica), nonchè agli artt. 5 e 128 della Costituzione (tutela dell'autonomia degli enti locali) ed all'art. 9, secondo comma, (tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico) della Costituzione.

 

2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte si sono costituiti i condomini dell'immobile di Santa Margherita Ligure, appellati nel giudizio a quo, ed ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

 

Secondo le parti private le considerazioni svolte dal Consiglio di Stato nella sua ordinanza di rinvio sono da condividere integralmente. Per le opere edilizie destinate a soddisfare le esigenze logistico operative dell'Arma dei Carabinieri, l'estensione del regime previsto per le opere di difesa militare si presenterebbe, infatti, arbitraria e lesiva delle norme di rango costituzionale richiamate nell'ordinanza di rimessione, dal momento che gli interventi edilizi a favore dell'Arma dei Carabinieri tenderebbero a soddisfare esigenze sostanzialmente analoghe a quelle che presiedono alla realizzazione di altre categorie di opere statali soggette all'ordinario procedimento di localizzazione ed approvazione di cui all'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977.

 

La lesione delle norme costituzionali sarebbe poi particolarmente evidente nella fattispecie oggetto del giudizio a quo in quanto il provvedimento impugnato approva il progetto di un edificio destinato ad alloggi di servizio dei militi dell'Arma (e dunque di un'opera edilizia che non avrebbe nulla a che vedere con quelle destinate alla difesa nazionale), in palese ed accertato contrasto con la disciplina urbanistica locale.

 

3. - Nel suo atto di intervento la Presidenza del Consiglio dei ministri ricorda che l'Arma dei Carabinieri è un "elemento" dell'Esercito italiano (artt. 3 e 8 della legge 9 maggio 1940, n. 368) e rileva che la qualificazione delle sedi di servizio dell'Arma dei Carabinieri come "opere destinate alla difesa militare" è stata voluta dal legislatore, al quale "deve riconoscersi la potestà, connotata da discrezionalità, di qualificare con atto legislativo ..... l'estensione ed i limiti della nozione di difesa militare". Di qui, ad avviso dell'interveniente, una ragione di inammissibilità della questione : non sarebbe, infatti, consentito al giudice costituzionale un sindacato sulla "giustificazione" della qualificazione di opera militare delle sedi di servizio dell'Arma.

 

Sarebbero, d'altro canto, pienamente riferibili alle sedi di servizio dell'Arma dei Carabinieri le ragioni che giustificano l'esclusione delle opere destinate alla difesa militare dalle procedure di cui all'art. 81 del d.P.R. n. 616, e cioè l'interesse nazionale sia alla segretezza delle infrastrutture militari sia alla difesa militare, che non è solo difesa del territorio nazionale da potenziali aggressioni esterne.

 

Del resto - sempre secondo la Presidenza del Consiglio - nessuno dei parametri costituzionali invocati dal giudice a quo è idoneo a fondare un giudizio di illegittimità costituzionale della norma impugnata.

 

La Presidenzaconclude, pertanto, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.

 

4. - Nel giudizio d'appello promosso con due distinti ricorsi presentati - il primo dall'Impresa Zumaglini & Gallina S.p.A. ed il secondo dal Ministero dei lavori pubblici, dal Ministero della difesa e dal Ministero dell'interno - ai fini dell'annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria 14 marzo 1989, n.188, con la quale è stato dichiarato illegittimo il provvedimento di approvazione del progetto della nuova sede della Stazione Carabinieri di Lerici, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), con ordinanza del 19 marzo 1991 (R.O. n. 616 del 1991), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 6 febbraio 1985, n.16, in riferimento agli artt. 5, 9, secondo comma, 117, 118 e 128 della Costituzione, con argomentazioni del tutto identiche a quelle contenute nell'ordinanza di rinvio emessa in pari data dallo stesso giudice ed iscritta al n. 615 del Registro ordinanze del 1991.

 

5. - Nel giudizio dinanzi alla Corte si sono costituiti i signori Milena Parodi e Alessandro Ballestri, parti appellate del giudizio a quo, e ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

 

Sia le parti private che la Presidenza del Consiglio svolgono, nelle rispettive difese, argomentazioni analoghe a quelle già prospettate nel giudizio di costituzionalità promosso con l'ordinanza n. 615 del 1991.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due ordinanze richiamate in epigrafe prospettano la stessa questione di legittimità costituzionale nei confronti dell'art. 3 della legge 6 febbraio 1985, n. 16, recante "Programma quinquennale di costruzione di nuove sedi di servizio e relative pertinenze per l'Arma dei Carabinieri".

 

I giudizi relativi vanno, pertanto, riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia.

 

2. - L'art. 3 della legge n. 16 del 1985 stabilisce che, ai fini dell'accertamento di conformità alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie previsto dall'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, le opere indicate dalla stessa legge (sedi di servizio, con relative pertinenze, dell'Arma dei Carabinieri) "sono equiparate alle opere destinate alla difesa militare".

 

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con le ordinanze in esame, dubita della legittimità costituzionale di questa norma che, a suo avviso, avrebbe artificiosamente esteso il regime speciale previsto per le "opere destinate alla difesa militare" alle sedi di servizio (e relative pertinenze) dell'Arma dei Carabinieri al solo scopo di sottrarre la costruzione o la ristrutturazione di tali edifici alla disciplina urbanistica prevista in generale dall'art. 81, secondo, terzo e quarto comma, del d.P.R. n. 616 del 1977 per le ordinarie opere pubbliche statali.

 

Di conseguenza, la norma impugnata sarebbe venuta a violare le competenze legislative ed amministrative delle Regioni in materia urbanistica (artt.117 e 118 della Costituzione), l'autonomia degli enti locali, con riferimento al governo del territorio (artt. 5 e 128 della Costituzione), nonchè la tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico (art.9, secondo comma, della Costituzione).

 

3. - La questione non è fondata.

 

L'equiparazione disposta dall'art. 3 della legge n. 16 del 1985 tra sedi di servizio dell'Arma dei Carabinieri ed "opere destinate alla difesa militare" non può essere, infatti, considerata - con riferimento alla discrezionalità consentita al legislatore statale ai fini della definizione del regime normativo per i vari tipi di opere pubbliche - nè irragionevole nè arbitraria.

 

In proposito, può essere sufficiente ricordare che questa Corte, con la sentenza n. 216 del 1985, ha già avuto modo di giudicare - sia pure nell'ambito di un ricorso in via principale e con riferimento a parametri diversi da quelli ora invocati - della legittimità costituzionale dell'art.3 della legge n. 16 del 1985, in relazione alla (anche allora) contestata arbitrarietà della equiparazione prevista da tale disposizione tra sedi di servizio dell'Arma dei Carabinieri ed opere di difesa militare.

 

In tale pronuncia veniva sottolineato come l'Arma dei Carabinieri, pur espletando in prevalenza un servizio di pubblica sicurezza, costituisca, ai sensi della legislazione in vigore (artt. 3 e 8 legge 9 maggio 1940, n.368 e art. 1 R.D. 14 giugno 1934, n. 1169), "un corpo militare, anzi la prima arma dell'esercito": dal che la conseguenza, posta in luce nella stessa sentenza, che le sedi di servizio dell'Arma dei Carabinieri rappresentano "beni strumentali non solo per il servizio di pubblica sicurezza, ma anche per tutte le altre attività di ogni formazione armata dello Stato (addestramento, esercitazioni, custodia di armi e munizioni, ecc.)", attività che, per tale Arma, trovano ulteriori specificazioni in funzioni particolari (polizia militare; raccolta di informazioni attinenti alla difesa interna ed esterna; controspionaggio), chiaramente preordinate e strumentali alla difesa e alla integrità nazionale. La conclusione cui perveniva la sentenza in esame era nel senso che le sedi di servizio dell'Arma dei Carabinieri devono ritenersi ricomprese nell'ambito delle "opere destinate alla difesa militare" di cui all'art. 81, secondo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, essendosi la legge n. 16 del 1985 limitata a riconoscere esplicitamente la natura propria di tali immobili.

 

4. - Esclusa l'arbitrarietà dell'inclusione delle sedi di servizio dell'Arma dei Carabinieri nella disciplina speciale prevista per le opere di difesa militare, vengono, di conseguenza, a cadere i vari profili di illegittimità prospettati - con riferimento all'asserita lesione delle competenze costituzionalmente garantite alle Regioni ed agli enti locali in materia urbanistica ed edilizia - nei confronti dell'art. 3 della legge n.16 del 1985. Le due ordinanze di rinvio non censurano, invero, il fatto che le opere destinate alla difesa militare possano sottostare ad un regime differenziato rispetto a quello previsto, in generale, per le opere pubbliche di interesse statale, regime suscettibile di escludere - anche per il rispetto di elementari esigenze di riservatezza (v. art. 2, secondo comma, legge n. 16 del 1985) - gli ordinari poteri di controllo spettanti in materia alle Regioni ed agli enti locali ai sensi dell'art. 81, secondo e terzo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977. Tale regime può trovare, infatti, la sua giustificazione tanto sul piano più generale del bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti, stante il carattere primario (e, in certo senso, pregiudiziale) dell'interesse dello Stato a conservare la propria indipendenza e l'integrità del proprio territorio, quanto sul piano più particolare delle valutazioni afferenti alla sfera amministrativa, dal momento che la distribuzione territoriale delle opere di difesa e la loro progettazione - come viene messo in luce nelle stesse ordinanze di rinvio - "trascendono le possibilità di apprezzamento delle autorità urbanistiche".

 

La censura prospettata dal giudice a quo investe, invece, soltanto il fatto che la qualità di "opere destinate alla difesa militare" possa essere riconosciuta dalla legge, "nominalmente ed arbitrariamente", ad opere di altra natura al solo fine di sottrarle alla disciplina urbanistica generale: ma tale profilo si prospetta infondato proprio alla luce delle argomentazioni svolte nella sentenza n. 216 del 1985.

 

5. - La compressione che la destinazione militare dell'opera può determinare, in misura assai rilevante, nei confronti di altri interessi costituzionalmente protetti, quali quelli urbanistici, edilizi e paesaggistici impone, peraltro, l'esigenza che, tanto in sede legislativa che amministrativa, risultino precisati con il dovuto rigore i criteri suscettibili di qualificare l'opera come "destinata alla difesa militare": criteri che non potranno, pertanto, fare riferimento al solo profilo soggettivo, cioé alla natura "militare" dell'amministrazione interessata ai lavori, ma che dovranno, in ogni caso, investire sia le caratteristiche oggettive che le finalità dell'opera. Anche su questo piano, la legge n.16 del 1985 adotta, peraltro, garanzie adeguate, là dove limita l'equiparazione alle opere destinate alla difesa militare alle sole "sedi di servizio e relative pertinenze .... necessarie a soddisfare le esigenze logistico-operative dell'Arma dei Carabinieri" in quanto "forza permanente accasermata" (art. 1, primo comma), escludendo, di conseguenza, dal regime speciale gli edifici sprovvisti di tali connotazioni operative o destinati a finalità diverse. Ma l'accertamento in concreto del rispetto di tali caratteristiche da parte degli edifici nei cui confronti venga invocato il regime speciale esula dai limiti del giudizio di legittimità costituzionale, per restare riservato alla sfera del giudizio di merito.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi;

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 6 febbraio 1985, n. 16 (Programma quinquennale di costruzione di nuove sedi di servizio e relative pertinenze per l'Arma dei Carabinieri), sollevata dal Consiglio di Stato, con riferimento agli artt.5, 9, secondo comma, 117, 118 e 128 della Costituzione, con le ordinanze di cui in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/03/92.

 

Giuseppe BORZELLINO, Presidente

 

Enzo CHELI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 1° aprile del 1992.