Ordinanza n. 128 del 1992

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ORDINANZA N. 128

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 51, del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953 (Misure in materia tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1983, n. 53, in relazione all'art. 3 del decreto- legge 6 gennaio 1986, n. 2 (Disposizioni urgenti per assicurare la continuità della riscossione delle imposte dirette e per il differimento di taluni termini in materia tributaria e di interventi straordinari nel Mezzogiorno. Disposizioni in tema di monopoli di Stato e di imposta di registro), convertito, con modificazioni, nella legge 7 marzo 1986, n. 60, promosso con ordinanza emessa il 3 giugno 1991 dal Giudice Conciliatore di Massa e Cozzile nel procedimento civile vertente tra Cantavenere Giuseppe e Ufficio del Registro di Pescia, iscritta al n. 642 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 19 febbraio 1992 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che il vice Giudice Conciliatore di Massa e Cozzile, nel corso del procedimento per opposizione a ingiunzione di un pagamento per tassa automobilistica, riferentesi all'anno 1983, promosso da Cantavenere Giuseppe contro l'Ufficio del Registro di Pescia, con ordinanza del 3 giugno 1991 (R.O. n. 642 del 1991), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 28 febbraio 1983, n. 53 (rectius, dell'art. 5, del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1983, n. 53), in relazione all'art.3 della legge 7 marzo 1986, n. 60 (rectius, all'art. 3 del decreto-legge 6 gennaio 1986, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 7 marzo 1986, n. 60), nella parte in cui, disponendo che l'azione dell'amministrazione finanziaria per il recupero della tassa automobilistica si prescrive con il decorso del secondo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento, fa obbligo all'amministrazione postale di conservare le ricevute di versamento per soli due anni, mentre la successiva legge 7 marzo 1986, n. 60, di conversione del decreto- legge 6 gennaio 1986, n. 2, stabilisce, a modifica del citato art. 5, cinquantunesimo comma, del decreto-legge n. 953 del 1982, che il diritto dell'amministrazione finanziaria si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento, e, quindi, impone al contribuente di conservare la ricevuta per la durata di tre anni;

che, a parere del giudice remittente, sarebbe violato l'art. 3 della Costituzione, per la disparità di trattamento tra il contribuente e l'amministrazione postale;

che nel giudizio è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la manifesta inammissibilità o infondatezza della questione.

Considerato che la questione ora sollevata è stata già dichiarata manifestamente infondata (ord. n. 129 del 1988);

che il motivo ora dedotto della disparità di trattamento tra privato e pubblica amministrazione non è fondato e quindi non è idoneo a far modificare la suddetta decisione in quanto la posizione del cittadino non è assimilabile a quella dell'amministrazione postale, attraverso la quale è effettuato il versamento dei tributi.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, comma 51, del decreto-legge 30 dicembre 1982, n.953 (Misure in materia tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1983, n. 53, in relazione all'art. 3 del decreto-legge 6 gennaio 1986, n. 2 (Disposizioni urgenti per assicurare la continuità della riscossione delle imposte dirette e per il differimento di taluni termini in materia tributaria e di interventi straordinari nel Mezzogiorno.

Disposizioni in tema di monopoli di Stato e di imposta di registro), convertito, con modificazioni, nella legge 7 marzo 1986, n. 60, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dal vice giudice conciliatore di Massa e Cozzile con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/03/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco GRECO, Redattore

Depositata in cancelleria il 25 marzo del 1992.