Sentenza n. 67 del 1992

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 67

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BORZELLINO, Presidente

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 sexies aggiunto al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, promosso con ordinanza emessa il 13 giugno 1991 dal Pretore di Salerno - sezione staccata di Amalfi - nel procedimento penale a carico di Pietro Staiano, iscritta al n. 594 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.39, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1992 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

Ritenuto in fatto

1. Nel corso di un procedimento penale nei confronti di persona imputata di avere eseguito opere edili in zona sottoposta a vincolo, senza l'autorizzazione prescritta dall'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n.1497, il pretore di Salerno - sezione staccata di Amalfi - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 sexies aggiunto al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431.

Il giudice premette che l'imputazione contestata riflette la tesi, dominante in dottrina e in giurisprudenza, per cui l'art. 1 - sexies, sanzionando la violazione delle disposizioni della legge n. 431 del 1985, ha configurato come fattispecie penalmente rilevante l'inosservanza dell'art. 7 della legge n. 1497 del 1939: sì che l'opera edile, e qualsiasi attività di modificazione ambientale eseguita in assenza di autorizzazione, viene ritenuta soggetta, per il richiamo contenuto nell'art. 1 - sexies, alla pena prevista dall'art. 20, lett. c), della legge n. 47 del 1985.

Contro questa interpretazione non mancherebbero vari argomenti, tali da far ritenere che la norma impugnata riguardi non qualsiasi violazione, ma soltanto quelle afferenti al vincolo di inedificabilità assoluta previsto dagli artt. 1 - ter e 1 - quinquies dello stesso decreto. Tuttavia l'interpretazione consolidata è nel senso che l'art. 1 - sexies si applichi anche all'inosservanza dell'art. 7 della legge n. 1497 del 1939.

Ad avviso del pretore la norma, nella interpretazione che ne viene costantemente data, si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

Non sarebbe infatti conforme al principio di uguaglianza che condotte radicalmente difformi tra loro e dotate di un grado diverso di offensività siano sottoposte alla stessa pena: altro è violare il vincolo di immodificabilità relativa, che può essere rimosso dall'autorizzazione, altro è violare il vincolo di immodificabilità assoluta, che non può essere rimosso da alcuna autorizzazione; nell'ambito della stessa violazione, altro è realizzare un intervento di edilizia minore, che provoca una lieve modificazione della situazione esistente, altro è realizzare un intervento di trasformazione urbanistica, che innova radicalmente il tessuto ambientale preesistente.

Considerato in diritto

1. Il pretore di Salerno - sezione staccata di Amalfi - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 - sexies aggiunto al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431. La disposizione, estendendo - secondo l'interpretazione prevalente - le sanzioni penali previste dall'art. 20, lett. c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, all'inosservanza dell'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e quindi all'esecuzione di qualsiasi opera non autorizzata in area sottoposta a vincolo, violerebbe l'art. 3 della Costituzione. Essa comporterebbe infatti la stessa pena per violazioni nettamente difformi l'una dall'altra e dotate di un grado diverso di offensività.

2. La questione è infondata.

Come ha già osservato questa Corte (ordinanza n. 431 del 1991), la legge n.431 del 1985, allo scopo di apprestare una più efficace tutela dei beni ambientali, ha seguito un criterio opposto a quello che aveva ispirato la legge 29 giugno 1939, n. 1497.

Invece di sottoporre a protezione soltanto alcuni beni, singolarmente individuati, essa ha infatti introdotto vincoli paesaggistici generalizzati, in relazione alle categorie elencate dall'art. 1, demandando poi alle regioni di provvedere per la redazione di piani paesistici e di piani urbanistico-territoriali, sulla base dei quali possono essere disposte discipline differenziate.

La ratio della scelta sta nella valutazione che l'integrità ambientale è un bene unitario, che può risultare compromesso anche da interventi minori e che va pertanto salvaguardato nella sua interezza.

Non può quindi ritenersi irrazionale che vengano sottoposte a sanzione penale tutte le modifiche e alterazioni attuate mediante opere non autorizzate, indipendentemente dalla presenza e dalla entità di un danno paesistico concretamente sussistente nel caso specifico come viene affermato dalla giurisprudenza ordinaria di legittimità, il reato previsto dall'art.1 - sexies impugnato ha carattere formale e di pericolo, proprio perchè il vincolo posto su certe parti del territorio nazionale ha una funzione prodromica al suo governo.

3. Non risulta suscettibile di censura neppure la previsione nella norma impugnata di una unica sanzione, non differenziata quindi in relazione alle varie ipotesi di reato contemplate.

Questa Corte ha già statuito che al legislatore è consentito includere in uno stesso modello di genere una pluralità di sottofattispecie diverse per struttura e valore.

L'importante è che al giudice sia riservato, nella previsione del minimo e del massimo della pena, un margine sufficiente perchè la sanzione inflitta sia proporzionata alla complessiva considerazione delle peculiarità oggettive e soggettive del caso di specie (Corte cost., sentenze n. 285 del 1991 e n. 171 del 1986).

Le condizioni indicate sussistono certamente nel caso considerato.

L'art. 1 - sexies impugnato contempla, col richiamo all'art. 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, l'arresto fino a due anni (e quindi a partire da cinque giorni) e l'ammenda da 30 a 100 milioni di lire.

In tali margini, la possibilità di differenziare e quindi di adeguare la sanzione al singolo caso è tale da consentire di escludere che l'inserimento delle differenti sottospecie nella stessa previsione di genere sia frutto di un uso non irragionevole e perciò costituzionalmente censurabile della discrezionalità legislativa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 - sexies aggiunto al decreto-legge 27 giugno 1985, n.312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Salerno - sezione staccata di Amalfi - con ordinanza del 13 giugno 1991.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 05/02/92.

Giuseppe BORZELLINO, Presidente

Gabriele PESCATORE, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 febbraio del 1992.