Sentenza n. 49 del 1992

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SENTENZA N. 49

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giuseppe BORZELLINO, Presidente

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 23 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso con ordinanza emessa il 12 giugno 1991 dal Tribunale di Cagliari nel procedimento civile vertente tra Ministero di grazia e giustizia e Ruiu Pietro Carmelo, iscritta al n. 550 del registro ordinanze 1991 e pubblicatA nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 18 dicembre 1991 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto in fatto

1. - Ruiu Pietro Carmelo, detenuto presso la Casa Circondariale di Nuoro, con ricorso del 3 novembre 1988, chiedeva al Pretore di Nuoro, in funzione di giudice del lavoro, di condannare il Ministero di Grazia e Giustizia a restituirgli le somme corrispondenti alla trattenuta dei tre decimi operata nei suoi confronti ai sensi dell'art. 23 della legge n. 354 del 1975, sulle mercedi erogategli dal 1984 al 1986 per il lavoro prestato presso la detta Casa Circondariale. Il Pretore accoglieva la domanda, ma l'Amministrazione proponeva appello.

Il Tribunale di Cagliari, con ordinanza del 12 giugno 1991 (R.O. n.550 del 1991), ha sollevato questione di legittimità costituzionale del suddetto art. 23 della legge n. 354 del 1975, in riferimento agli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione.

Ha osservato che la disposizione censurata prevedeva una forma di prelievo coattivo, destinato inizialmente alla Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto, e, dopo la sua soppressione ad opera della legge n. 641 del 1978, alle Regioni e agli enti locali per il soddisfacimento, nella misura del 16% delle entrate, degli stessi scopi della Cassa e per la restante parte, al finanziamento delle attività amministrative dei detti enti pubblici.

La trattenuta, almeno dal 1978, avrebbe avuto natura impositiva, siccome diretta al finanziamento di una spesa pubblica, onde il contrasto della detta disposizione con l'art. 53, primo comma, della Costituzione, in quanto impone a tutti i detenuti che lavorano un identico tributo nonostante la loro diversa capacità contributiva.

Inoltre, gli stessi detenuti risulterebbero ingiustamente discriminati rispetto agli altri cittadini dalla previsione, solo in loro danno, di un concorso aggiuntivo alla spesa pubblica.

2. - L'ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

3. - Nel giudizio è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la infondatezza della questione, attesa la natura particolare del lavoro carcerario che giustifica la diversità della disciplina del rapporto e le sue conseguenze, rispetto a quella del rapporto di lavoro ordinario.

Considerato in diritto

1. - La Corte è chiamata a verificare se l'art. 23 della legge 26 luglio 1975, n. 354, abrogato, con efficacia ex nunc, dalla legge n. 663 del 1986, nella parte in cui prevede la riduzione dei tre decimi della mercede pagata ai detenuti che lavorano, versata in un primo tempo alla Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto e, dopo la sua soppressione ad opera della legge n. 641 del 1978, alle Regioni e agli enti locali, per il soddisfacimento, nella misura del 16%, degli stessi scopi perseguiti dalla Cassa, e per la parte restante, delle funzioni amministrative degli enti destinatari, realizzando così una forma di prelievo coattivo, leda gli artt. 3 e 53, primo comma, della Costituzione, risultando violato il principio dell'uguale trattamento impositivo secondo la capacità contributiva, e discriminati ingiustamente i detenuti rispetto agli altri cittadini.

2. - La questione è fondata.

L'art. 23 della legge 26 luglio 1975, n. 354, abrogato dall'art. 29 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, ma applicabile nella fattispecie, trattandosi di remunerazione di lavoro svolto da un detenuto all'interno di uno stabilimento carcerario dal 1984 al 1986, disponeva che al detenuto lavoratore fossero corrisposti dall'amministrazione penitenziaria solo i sette decimi della mercede, mentre i rimanenti tre decimi fossero versati alla Cassa per il soccorso e l'assistenza delle vittime dei delitti istituita in base all'art. 73 della detta legge.

La Cassa aveva finalità di assistenza a favore di coloro che versavano in istato di bisogno per effetto di un delitto.

A prescindere dall'esistenza di un danno risarcibile e anche dall'eventuale avvenuto risarcimento, si era ritenuto a carico di coloro che avevano commesso un reato il dovere di contribuire direttamente con il loro lavoro ad aiutare le vittime di fatti criminosi e di alleviarne i bisogni.

In sostanza, si trattava di un atto di solidarietà dei condannati verso le vittime dei delitti, anche se l'onere veniva a gravare su un numero limitato di detenuti, e per giunta sui più bisognosi e persino su coloro il cui reato non aveva provocato vittime e su quelli che avevano già risarcito il danno cagionato dal delitto da essi commesso.

3. - Con il decreto legge 18 agosto 1978, n. 481, convertito in legge 21 ottobre 1978, n. 641, la Cassa era soppressa e con il decreto del Presidente della Repubblica 9 marzo 1979 si stabiliva che i fondi giacenti presso la Cassa e le entrate successive alla sua soppressione, a partire dal 31 marzo 1979, fossero versate al Ministero del Tesoro e destinate nella misura dell'84% allo svolgimento delle funzioni amministrative da parte dei Comuni e delle Province (art. 132 del d.P.R. n. 616 del 1977) e del 16% per la prosecuzione delle funzioni già esercitate dalla Cassa nelle Regioni a Statuto speciale (art. 119 del d.P.R. n. 616 del 1977).

Le funzioni amministrative riguardavano le attività relative all'assistenza economica in favore delle famiglie bisognose dei detenuti e delle vittime dei delitti, all'assistenza post-sanitaria, assegnate poi, ai sensi dell'art. 118 della Costituzione, specificamente ai Comuni dall'art.25 del d.P.R. n. 616 del 1977; nonchè gli interventi in favore dei minorenni soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili e quelli di protezione speciale in favore delle prostitute.

Essendosi, quindi, sostituiti alla Cassa di soccorso enti portatori di interessi plurimi, sono venuti meno la specifica destinazione delle trattenute di cui trattasi al soddisfacimento dei bisogni delle vittime delle azioni delittuose e il vincolo di solidarietà tra detenuti e vittime dei delitti, sicchè le trattenute sono dirette a soddisfare finalità di beneficenza pubblica. E siccome il relativo onere deve gravare sulla intera collettività e non solo sui detenuti che lavorano, sussiste violazione del richiamato art. 3 della Costituzione, ponendosi una irrazionale ingiustificata discriminazione tra i detti detenuti e gli altri cittadini, onde la fondatezza della questione e la declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione censurata.

Resta assorbita la censura che riguarda la violazione dell'art. 53 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 23 della legge 26 luglio 1975 n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui stabilisce una riduzione dei tre decimi della mercede corrisposta per il lavoro dei detenuti da versarsi alla Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime dei delitti e, dopo la sua soppressione, alle regioni ed agli enti locali (province e comuni).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/02/92.

Giuseppe BORZELLINO, Presidente

Francesco GRECO, Redattore

Depositata in cancelleria il 18 febbraio del 1992.