Sentenza n. 38 del 1992

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 38

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma primo, della legge 4 giugno 1991, n. 186 (Istituzione del comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto - CIPET) promossi con ricorsi delle Province autonome di Bolzano e di Trento, notificati il 22 luglio 1991, depositati in cancelleria, rispettivamente, il 25 e il 29 successivi ed iscritti ai nn. 29 e 30 del registro ricorsi 1991.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 17 dicembre 1991 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi gli Avvocati Roland Ritz per la Provincia autonoma di Bolzano e Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e l'Avvocato dello Stato Piergiorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

1. La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso ritualmente notificato e depositato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti dell'art. 2, primo comma, lettere a), b), c), e), g), h), i), m), n), della legge 4 giugno 1991, n. 186 (Istituzione del Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto - CIPET), per violazione dell'art. 8, nn. 5, 17 e 18, dell'art. 14, primo comma, dell'art. 16, primo comma, dello Statuto speciale per il Trentino- Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione (d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; d.P. R. 19 novembre 1987, n. 527; decreto legislativo 25 gennaio 1991, n. 33), i quali attribuiscono alla suddetta Provincia competenze legislative e amministrative di tipo esclusivo in materia di urbanistica, lavori pubblici di interesse provinciale, comunicazioni e trasporti d'interesse provinciale.

La ricorrente svolge, innanzitutto, la censura relativa all'art. 2, primo comma, lettera i), il quale stabilisce che il CIPET "provvede con cadenza triennale, sentite le regioni, all'aggiornamento del Piano generale dei trasporti". La Provincia, premesso che la questione non si porrebbe ove si ritenesse non applicabile la norma impugnata alle province autonome, osserva che l'incostituzionalità della suddetta previsione risulta evidente in riferimento all'art. 2, terzo comma, della legge 15 giugno 1984, n. 245, il quale richiama le norme di attuazione dello Statuto contenute nell'art. 20 del d.P.R. n. 381 del 1974, che prescrive per gli aggiornamenti periodici del Piano generale dei trasporti "l'intesa con le province autonome". Si tratterebbe, dunque, di un palese contrasto, tanto più che questa Corte, con ordinanza n. 524 del 1988, avrebbe affermato che la suddetta intesa si applica sia alla prima approvazione, sia ai successivi aggiornamenti del Piano.

Secondo la stessa ricorrente, inoltre, tutte le altre disposizioni impugnate sarebbero costituzionalmente illegittime sia perchè incompatibili con i poteri provinciali connessi all'esercizio di funzioni di carattere esclusivo attribuite alla ricorrente dalle norme statutarie prima ricordate, sia perchè contrastanti con i principi costituzionali relativi alla funzione di indirizzo e coordinamento e, in particolare, al principio di legalità.

Sotto i predetti profili, sarebbe incostituzionale, innanzitutto, la disposizione contenuta alla lettera a), secondo la quale il CIPET "emana direttive per coordinare la programmazione nel settore del trasporto con la programmazione economica generale". Tale disposizione contrasterebbe con il potere di programmazione degli interventi di propria competenza nel settore del trasporto, attribuiti alla ricorrente dallo Statuto speciale e dalle norme di attuazione contenute nel d.P.R. n. 527 del 1987, che individua tassativamente i poteri e le modalità d'intervento residuati in materia allo Stato. Inoltre, la stessa disposizione, non stabilendo a quali obiettivi o interessi costituzionali debbano essere finalizzate le direttive del CIPET, non predeterminerebbe in alcun modo i contenuti di queste ultime.

Ad analoghe censure è assoggettata anche la lettera b), secondo la quale il CIPET "emana direttive per coordinare e semplificare le procedure e l'azione delle amministrazioni ed enti pubblici nel settore del trasporto e per garantire l'attuazione del Piano generale dei trasporti". In contrario, infatti, non si potrebbe dire che la copertura legislativa possa essere assicurata dal rinvio al Piano generale dei trasporti, dal momento che le direttive ivi previste sarebbero esercitabili anche indipendentemente dalle esigenze di attuazione del Piano, e cioè al solo scopo di coordinare le procedure e le azioni delle amministrazioni pubbliche operanti nel settore.

Per ragioni del tutto simili sarebbe incostituzionale anche la lettera c), secondo la quale il CIPET "emana direttive per definire gli schemi di convenzione relativi ai progetti integrati nel settore del trasporto, nel rispetto dell'autonomia delle regioni e degli enti locali", non potendo riconoscersi un significato prescrittivo alla formula di salvezza ivi contenuta, tanto più che pone sullo stesso piano autonomie del tutto diverse fra loro.

Censure analoghe a queste sono formulate avverso le disposizioni contenute nella lettera e) e nella lettera m). Secondo la prima di tali disposizioni, il CIPET emana direttive per l'adeguamento e il coordinamento con il Piano generale dei trasporti di tutti i piani e programmi, adottati o in corso di realizzazione o anche di elaborazione, delle amministrazioni statali, di quelle regionali o locali, nonchè di enti pubblici e di società, che prevedano interventi comunque incidenti sul settore del trasporto, prevedendo l'adeguamento dei piani degli enti interessati entro 90 giorni dall'emanazione delle direttive stesse. Secondo la disposizione contenuta nella lettera m), al fine di permettere al CIPET di valutare la conformità dei predetti piani rispetto agli obiettivi di quello generale e alle direttive emanate ai sensi della lettera e), le amministrazioni e gli enti sopra indicati trasmettono i propri piani attuativi al Comitato interministeriale, che si esprime entro il termine di 90 giorni dalla comunicazione, decorso inutilmente il quale si intende dato il parere favorevole. La stessa disposizione aggiunge, subito dopo, che "il parere contrario del CIPET determina la sospensione dell'efficacia del piano o programma generale, che si trasmette a tutti gli strumenti e provvedimenti attuativi" e che "le opere previste dal piano o programma generale su cui il CIPET ha espresso parere contrario non possono usufruire di finanziamenti pubblici".

Oltre ai motivi già fatti valere per le altre censure, la ricorrente argomenta sulla peculiarità del potere di direttiva previsto dalle disposizioni in esame, poichè questo consiste sia nella fissazione degli obiettivi e dei criteri, sia in un riesame di tutti i piani e i programmi già adottati in passato. É chiaro che quest'ultimo, comportando un esercizio successivo del potere di direttiva, ha l'effetto di costringere l'ente che ha adottato il piano a modificarlo in conformità alle prescrizioni date, le quali non possono essere che puntuali e specifiche.

Sicchè, conclude la Provincia, più che di un potere di direttiva si dovrebbe parlare di un potere di controllo atipico, che, se può essere legittimamente esercitato verso le amministrazioni statali e le imprese private, non può esserlo, di certo, verso funzioni amministrative riconducibili a competenze provinciali di tipo esclusivo. La lettera m), poi, collega a tale potere di controllo, espresso attraverso un parere del CIPET, effetti altrettanto atipici, poichè al parere negativo consegue "la sospensione dell'efficacia" dell'atto di programmazione già adottato e dei relativi provvedimenti attuativi, nonchè l'impossibilità per le opere previste di fruire dei finanziamenti pubblici e, quindi, anche di quelli provinciali. Si tratta, dunque, di un potere che, a ben vedere, sembra più correttamente qualificabile come un potere "straordinario" di annullamento nei confronti degli atti provinciali, atti che, nel caso di Bolzano, consistono anche in leggi (come il Piano territoriale provinciale, che non potrebbe non rientrare tra gli "interventi comunque incidenti sul settore del trasporto").

Censure identiche a quelle mosse alle disposizioni da ultimo menzionate sono state formulate con riferimento alle previsioni contenute nella lettera h), le quali estendono in pratica il meccanismo definito nelle lettere e) ed m) alle "direttive per l'elaborazione e l'adeguamento dei piani regionali dei trasporti al Piano generale dei trasporti", nel senso che dispongono un analogo controllo di conformità, compresa l'ipotesi del silenzio-assenso nel caso che il parere non sia dato nel termine di 90 giorni dalla comunicazione. Secondo la Provincia di Bolzano, anche a tali direttive si dovrebbe applicare la conseguenza della "sospensione dell'efficacia" e della cessazione dei finanziamenti pubblici, sicchè a tale proposito vanno ripetute le censure riportate nel capoverso precedente.

Per ragioni simili a quelle ricordate all'inizio appare incostituzionale - sempre secondo la provincia ricorrente - la previsione, contenuta nella lettera g), che assegna al CIPET il potere di emanare direttive concernenti "nuove iniziative legislative e regolamentari in ordine all'adeguamento della politica tariffaria e della disciplina in materia di contributi (...) agli obiettivi del Piano generale dei trasporti": un potere di direttiva che, oltretutto, si rivolgerebbe, incostituzionalmente, agli organi titolari delle funzioni legislative statale e provinciale.

Infine, incostituzionale sarebbe anche la disposizione contenuta nella lettera n), per la quale il CIPET "formula proposte circa l'attività di ricerche e di studi dell'Istituto superiore dei trasporti - ISTRA s.p.a. e di altri istituti con specifica specializzazione nel settore del trasporto".

Tale disposizione, infatti, sarebbe illegittima per la parte che si riferisce alle ricerche e agli studi riguardanti il trasporto nell'ambito provinciale, per violazione del ricordato art. 8, n.18, dello Statuto speciale.

2. Con un distinto ricorso, regolarmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Trento ha impugnato le medesime disposizioni contestate nel ricorso della Provincia di Bolzano, esclusa quella contenuta nella lettera n), per violazione degli stessi parametri di costituzionalità indicati nel precedente ricorso, ad eccezione dell'art.14 dello Statuto speciale.

La ricorrente, premesso che la legge n. 186 del 1991 segue una logica di settore - opposta a quella propria delle leggi precedenti, che avevano salvaguardato l'autonomia provinciale con clausole di non applicabilità o con la previsione di applicabilità soltanto in base a norme speciali, - osserva che al nuovo Comitato si affidano compiti apparentemente attuativi del Piano generale dei trasporti, ma in realtà di pianificazione del settore, con poteri autoritativi e vincolanti anche nei confronti delle regioni e delle province autonome: compiti la cui natura risulta più chiaramente dall'art. 2, secondo comma, lettera i), in virtù del quale al CIPET viene trasferito un potere, quello di aggiornamento triennale del Piano generale dei trasporti e di indicazione dell'ammontare di risorse pubbliche da destinare al finanziamento degli interventi nel settore, che spettava al CIPE, in base all'art. 4, secondo comma, della legge n.245 del 1984. Secondo la Provincia di Trento, nessun dubbio potrebbe sorgere circa l'applicabilità della legge alle province autonome, poichè queste ultime sono espressamente menzionate nell'art. 1, quarto comma, della legge n. 186 del 1991, laddove si dice che esse sono chiamate a intervenire ai lavori del CIPET, senza diritto di voto, per l'esame di argomenti di loro interesse.

Le disposizioni contenute nelle lettere a), b) e c) sarebbero illegittime, ad avviso della ricorrente, ovviamente semprechè sia ritenute applicabili alle province autonome, dal momento che violerebbero le norme di attuazione che prevedono la necessità dell'intesa, come confermato da questa Corte con l’ordinanza n. 524 del 1988. In particolare, la lettera b) andrebbe sottoposta a questa regola in quanto si tratta di disposizioni integrative del piano, così come la lettera c), salvo a interpretare la clausola di salvezza delle competenze contenuta in quest'ultima disposizione, come rinvio implicito alla richiesta intesa.

Per gli stessi motivi dovrebbe essere considerata incostituzionale la lettera g), semprechè questa sia riferibile anche alle iniziative legislative e regolamentari della Provincia di Trento.

Anche rispetto alle disposizioni contenute nelle lettere e), h) ed m), la ricorrente propone le medesime censure, dal momento che si tratta di direttive vincolanti integrative del Piano generale dei trasporti, le quali, da un lato, non vengono sottoposte alle procedure d'intesa prescritte dall'art. 2, terzo comma, della legge n. 245 del 1984 e, dall'altro, sono destinate a incidere in un campo riservato alla competenza esclusiva della Provincia in tema di programmazione dei trasporti e urbanistica, per il cui esercizio sono già previste apposite procedure di coordinamento nelle norme di attuazione contenute nel d.P.R. n. 381 del 1974. Queste ultime, infatti, lungi dal prevedere una superiorità del Piano generale dei trasporti sugli altri piani, impongono ai programmi statali di adeguarsi al piano urbanistico provinciale e ai piani territoriali di coordinamento, alla cui formazione lo Stato partecipa presentando osservazioni in sede di progetto.

Sempre ad avviso della ricorrente, le disposizioni ora esaminate violerebbero anche l'art.6 del d.P.R. n. 527 del 1987, in base al quale spetta a un comitato paritetico proporre misure di coordinamento, e l'art. 21, secondo comma, del d.P.R. n.381 del 1974, il quale prevede la competenza della Giunta provinciale per la deliberazione dei piani urbanistici. Sugli altri profili attinenti alle stesse disposizioni la Provincia di Trento formula censure analoghe a quelle svolte nel ricorso della Provincia di Bolzano.

Infine, quanto alla lettera i), la ricorrente ne contesta la costituzionalità soltanto nel caso che l'abrogazione ivi stabilita dell'art. 4, secondo comma, della legge n. 245 del 1984 comporti come conseguenza che il terzo comma dell'art. 2, il quale prevede che gli aggiornamenti del Piano debbono essere sottoposti ad intesa, non si applichi più. In tal caso, infatti, i contenuti del Piano sarebbero determinati con atto unilaterale dello Stato, in violazione con quanto affermato da questa Corte nell’ordinanza n. 524 del 1988.

3. In entrambi i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri con memorie di contenuto identico, volte a richiedere il rigetto dei ricorsi, senza svolgere, peraltro, alcuna difesa in merito e facendo riserva per ogni controdeduzione in successivi scritti difensivi.

4. In prossimità dell'udienza ha presentato un'ulteriore memoria la Provincia autonoma di Bolzano, la quale, oltre ad insistere sui propri argomenti, osserva che l'interpretazione adeguatrice, relativa alla considerazione dell'art. 2, terzo comma, della legge n. 245 del 1984 come norma tuttora applicabile, porterebbe a salvare dalle censure proposte in riferimento all'obbligo dell'intesa soltanto la lettera i, non già le altre disposizioni impugnate, visto che la legge citata concerne unicamente gli aggiornamenti del piano. Per le restanti disposizioni, sottolinea la ricorrente, le censure sotto il profilo della lesione del principio di "leale cooperazione" permangono, poichè non può considerarsi garanzia sufficiente la previsione relativa alla partecipazione, senza diritto di voto, del Presidente della Giunta provinciale alle riunioni del CIPET quando si discutono oggetti di specifico interesse provinciale, non ricorrendo nel caso neppure i lineamenti di un "organo misto" e, comunque, non essendo rispettati i requisiti minimi di un coordinamento paritario.

In ogni caso, continua la ricorrente, per tutte le altre disposizioni resta la macroscopica violazione del principio di legalità, sia perchè non tutte le direttive sono funzionalmente e necessariamente legate all'attuazione del Piano generale dei trasporti, sia perchè quest'ultimo è anch'esso un atto amministrativo avente contenuto d'indirizzo (tanto che, sotto tale profilo, non può invocarsi legittimamente neppure l'interesse nazionale, considerato che, come questa Corte ha affermato, siffatto interesse può essere individuato e definito soltanto dal legislatore statale).

5. In prossimità dell'udienza ha presentato una memoria anche l'Avvocatura generale dello Stato, la quale insiste per l'infondatezza dei ricorsi.

Secondo l'Avvocatura dello Stato, nessun valido criterio ermeneutico autorizza a ritenere che sia stato abrogato l'art. 2, terzo comma, della legge n. 245 del 1984, istitutiva del Piano generale dei trasporti, sicchè la procedura dell'intesa ivi prevista impedisce che i rapporti tra lo Stato, cioè il CIPET, e la Provincia siano improntati a schemi di sottordinazione o di vincolo preventivo quanto all'esercizio delle competenze provinciali da sottoporre a intesa. Del resto, continua l'Avvocatura, questa Corte, con l'ordinanza n. 524 del 1988, ha ritenuto che il modulo paritetico dell'intesa, posto a presidio dell'autonomia provinciale nella soggetta materia, va considerato operante (e su ciò concordava anche allora la difesa dello Stato) tanto per la predisposizione del piano e dei relativi aggiornamenti, quanto per le fasi successive di approntamento e di approvazione. Pertanto, conclude l'Avvocatura dello Stato, si deve ritenere che i limiti implicati dalla necessità dell'intesa per l'approvazione del Piano generale dei trasporti e dei relativi aggiornamenti operano anche con riguardo alle funzioni del CIPET quando incidono nell'ambito territoriale delle Province autonome.

6. Nel corso della discussione orale, le ricorrenti hanno insistito sulle loro posizioni. In particolare, la Provincia di Bolzano ha affermato che se la tesi dell'Avvocatura dello Stato, conducente a una pronunzia interpretativa di rigetto, può valere per le disposizioni attinenti a poteri di programmazione, non potrebbe applicarsi, invece, ai poteri di controllo, la cui incostituzionalità deriverebbe dalla totale assenza di un'adeguata base legislativa. La Provincia di Trento ha osservato che, se le cose stessero come le descrive l'Avvocatura dello Stato, le ricorrenti non avrebbero nulla da lamentare. Ma, poichè al CIPET sono stati assegnati poteri ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge n. 245 del 1984, la Provincia ritiene che non sia possibile fare a meno di una pronunzia, in parte, estensiva delle procedure d'intesa ai nuovi poteri e, per altra parte, demolitiva dell'illegittima interferenza del CIPET sull'efficacia dei piani provinciali (lettera m).

L'Avvocatura dello S contro, premesso che la materia dei trasporti va distinta da quella della urbanistica (tanto che la lettera h parla solo di piani dei trasporti e non di piani urbanistici) e che su di essi incide anche la disciplina della Comunità europea, osserva che le disposizioni impugnate hanno ad oggetto soltanto i trasporti nazionali. Su tali basi, l'Avvocatura insiste per la richiesta di una pronunzia interpretativa di rigetto, che chiarisca, in particolare, la portata del concetto d'intesa specialmente in relazione alla distinta nozione di cogestione e in considerazione dei diversi interessi di cui sono portatori i soggetti che nel caso sono chiamati all'intesa.

Considerato in diritto

 

1.- Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti dell'art. 2, primo comma, lettere a), b), c), e), g), h), i), m) ed n) della legge 4 giugno 1991, n. 186 (Istituzione del comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto - CIPET), per lesione delle competenze di tipo esclusivo in materia di urbanistica, lavori pubblici d'interesse provinciale, comunicazione e trasporti d'interesse provinciale, ad essa assicurate dall'art. 8, nn. 5, 17, 18, dall'art. 14, primo comma, e dall'art. 16, primo comma, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e dalle relative norme di attuazione, con particolare riferimento all'art.20 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, nonchè all'art. 6 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 527, e al decreto legislativo 25 gennaio 1991, n. 33.

Con distinto ricorso, anch'esso regolarmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Trento ha sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti delle medesime disposizioni di legge, salvo quella contenuta nella lettera n), per violazione degli stessi parametri costituzionali, ad eccezione dell'art. 14, primo comma, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.

Poichè i giudizi comportano in gran parte la risoluzione di questioni identiche, essi vanno riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.

2.- Occorre preliminarmente esaminare la riserva espressa dalla difesa della Provincia di Bolzano in relazione a svariate disposizioni, e ripresa in via precauzionale da quella della Provincia di Trento, attinente alla non applicabilità della legge n. 186 del 1991 alle ricorrenti. In realtà, questa ipotesi interpretativa non ha alcun fondamento.

Come ha ricordato la stessa difesa della Provincia di Trento, l'applicabilità della suddetta legge alle ricorrenti deve ammettersi, in via di principio, soprattutto in considerazione del rilievo che la stessa legge, all'art. 1, quarto comma, prescrive che "devono esser chiamati ad intervenire per l'esame di argomenti di rispettivo interesse, senza diritto di voto, i presidenti delle regioni e i presidenti delle province autonome di Trento e di Bolzano". Ed, inoltre, non è privo di significato che nè dai lavori preparatori, nè da altre disposizioni della legge n.186 del 1991 possono trarsi indicazioni nel senso della non applicabilità alle Province della stessa legge, essendo vero, piuttosto, che, trattandosi di competenze riconducibili all'attuazione del Piano generale dei trasporti, queste non possono non riguardare anche i territori delle Province autonome.

Sicchè, sulla base degli standards costantemente applicati da questa Corte (v., specialmente, sentt. nn. 210 e 433 del 1987, 1000 del 1988, 372 del 1989 e 49 del 1991), si deve escludere che, in linea generale, la legge n.186 del 1991 non si applichi alle Province autonome di Trento e di Bolzano, salva, pur sempre, la possibilità di dedurre in via interpretativa che singole disposizioni non si riferiscono a campi riservati alle competenze delle regioni o delle Province autonome.

 

3.- Le due ricorrenti contestano, sotto vari profili, la legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lettera a), secondo il quale il CIPET, al fine di svolgere le sue funzioni istituzionali, attinenti all'informazione, alla programmazione e al coordinamento delle diverse attività nel settore del trasporto nelle sue diverse componenti e modalità, "emana direttive per coordinare la programmazione nel settore del trasporto con la programmazione economica generale".

Le censure non sono fondate.

Il Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto (CIPET) è un organo infragovernativo, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, dal Ministro del bilancio e della programmazione economica, il quale opera nell'ambito del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). Il compito del CIPET è quello di elaborare e adottare piani o programmi nazionali nel settore dei trasporti, al fine di assicurare in tal campo un indirizzo unitario e un coordinamento delle molteplici competenze in esso sussistenti.

Ma, come risulta anche dal suo incardinamento organizzativo, l'attività di programmazione settoriale affidata al CIPET non può prescindere da una visione della politica dei trasporti correlata con lo sviluppo economico generale. La disposizione impugnata non fa altro che dare forza normativa a tale esigenza, investendo il CIPET del compito di formulare indirizzi al fine di coordinare la propria programmazione di settore con quella economica generale, imputata al CIPE. Sicchè, trattandosi di una disposizione che stabilisce una forma di raccordo fra due organi statali e fra le rispettive competenze, dalla sua previsione nella legge impugnata non può derivare alcun effetto lesivo nei confronti dell'autonomia costituzionalmente garantita alle Province ricorrenti.

4.- Per ragioni del tutto simili vanno respinti anche i dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalle ricorrenti nei confronti dell'art. 2, primo comma, lettera b), della legge n. 186 del 1991, il quale dispone che il CIPET "emana direttive per coordinare e semplificare le procedure e l'azione delle amministrazioni ed enti pubblici nel settore del trasporto e per garantire l'attuazione del Piano generale dei trasporti".

Per quanto riguarda il primo tipo di direttive, non v'è dubbio che il loro oggetto è dato dalle procedure e dalle azioni di amministrazioni e di enti pubblici sottoposti alle competenze dello Stato. Il potere di coordinamento e di semplificazione previsto nella disposizione impugnata, pertanto, non è diretto verso le amministrazioni e gli enti dipendenti dalle Province autonome e, quindi, la sua previsione non può esser considerata lesiva delle attribuzioni delle ricorrenti, nè in alcun modo interferente con esse.

Eguale discorso vale per le direttive rivolte a garantire l'attuazione del Piano generale dei trasporti. Anche in tal caso, infatti, si tratta di indirizzi, i quali, pur se non sono necessariamente finali del coordinamento e della semplificazione, concernono in ogni caso le strutture organizzative e i moduli di azione o, in una parola, gli strumenti operativi diretti a permettere e ad assicurare l'attuazione del Piano generale dei trasporti. Sicchè non vi può esser dubbio che, pure per questa parte, la disposizione impugnata non riguarda le amministrazioni o gli enti dipendenti dalle Province autonome, rispetto ai quali l'ordinamento prevede forme di indirizzo di carattere diverso.

5.-Non fondata, nei sensi di cui in motivazione, è la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle ricorrenti nei confronti dell'art. 2, primo comma, lettera c), il quale conferisce il potere al CIPET di emanare "direttive per definire gli schemi di convenzione relativi ai progetti integrati nel settore del trasporto, nel rispetto dell'autonomia delle regioni e degli enti locali".

La disposizione contestata ha ad oggetto il potere di direttiva del CIPET in ordine alla determinazione degli schemi di convenzione da utilizzare nell'ambito delle esperienze dei c.d. progetti integrati. Questi ultimi sono previsti e definiti dal Piano generale dei trasporti (paragrafo 37) come il modello più evoluto dei c.d. progetti mirati, nel senso che sono diretti a fini specifici di riequilibrio territoriale dei trasporti di una determinata area attraverso uno sforzo congiunto di tutte le risorse e di tutti i poteri che vi insistono. Ciò comporta che, sotto il profilo funzionale, i progetti integrati sono connotati da una globalità delle competenze coinvolte e da una contemporaneità delle azioni tendenti alla risoluzione di tutte le problematiche trasportistiche e territoriali concernenti l'area di intervento. Sotto il profilo strutturale, poi, essi sono caratterizzati da un elevato grado di coordinamento tra i singoli organi preposti alla gestione dei vari modi di trasporto e gli organi centrali competenti nella determinazione degli indirizzi di piano.

I progetti integrati sono uno strumento essenziale per l'attuazione degli obiettivi del Piano generale dei trasporti e, proprio perciò, sono regolati nel Piano stesso, il quale precisa altresì, al medesimo paragrafo, che le convenzioni- quadro costituiscono un "elemento base" dei predetti progetti, dei quali riflettono le medesime caratteristiche strutturali e funzionali.

In altri termini, al pari dei progetti integrati, esse coinvolgono in modo pieno e diretto competenze afferenti a materie assegnate alle regioni e agli enti locali subregionali (urbanistica, viabilità e lavori pubblici d'interesse regionale) e, finanche, competenze legislative e amministrative di tipo esclusivo, come nel caso specifico delle Province ricorrenti (trasporti d'interesse provinciale, urbanistica, viabilità e lavori pubblici d'interesse provinciale). Esse, inoltre, comportano una forte integrazione fra le accennate competenze regionali o provinciali e le competenze statali, comprese quelle di indirizzo.

In questo quadro, i poteri di direttiva in ordine alla definizione degli schemi di convenzione, previsti dalla disposizione impugnata, vanno considerati come un indispensabile mezzo per dare funzionalità al Piano generale dei trasporti, nel senso che dal loro esercizio scaturiscono indirizzi e standards organizzativi che integrano il Piano medesimo al fine di rendere operativi i progetti cui si riferiscono. Per tali ragioni ad esse vanno applicate le stesse regole di formazione previste per il Piano generale e, più precisamente, ad esse si applica la disposizione contenuta nell'art. 2, terzo comma, della legge 15 giugno 1984, n. 245 (Elaborazione del piano generale dei trasporti), secondo la quale "a norma dell'art. 20 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, il piano di cui al precedente articolo 1 (Piano generale dei trasporti) e gli aggiornamenti di cui al successivo art.4 sono predisposti d'intesa con le province autonome di Trento e Bolzano per quanto riguarda gli aspetti che attengono all'ambito territoriale di tali province".

Questa conclusione, la quale deriva immediatamente dalla natura delle direttive rivolte alla definizione degli schemi di convenzione relativi ai progetti integrati, è conforme, innanzitutto, alle ricordate norme di attuazione contenute nell'art. 20 del d.P.R. n. 381 del 1974, che, come ha più volte ricordato questa Corte (v., da ultimo, sentt. nn. 224 del 1990 e 483 del 1991), non possono essere derogate dal legislatore ordinario e devono ritenersi applicabili pur nel silenzio della legge. Queste, infatti, stabiliscono che gli interventi statali in materia di viabilità, linee ferroviarie e aerodromi, compresi evidentemente quelli di natura organizzativa, vanno comunque effettuati previa intesa con la provincia interessata. Inoltre, la stessa conclusione è indubbiamente coerente con le direttive del Piano generale dei trasporti, le quali, al paragrafo già ricordato, prevedono che i "progetti integrati verranno redatti secondo le indicazioni del CIPET, in accordo con le Regioni e i Comuni interessati".

 

Infatti, essendo le convenzioni-quadro un elemento essenziale dei progetti integrati, è conseguenziale a ciò che i principi di salvaguardia dell'autonomia regionale o provinciale siano egualmente applicati alle une e agli altri.

Sulla base delle ragioni ora dette, non si può dubitare, dunque, che l'inciso finale contenuto nella disposizione impugnata, per il quale il CIPET emana direttive per la definizione degli schemi di convenzione relativi ai progetti integrati "nel rispetto dell'autonomia delle regioni (...)", debba esser interpretato nel senso che, allorchè le misure di coordinamento previste interessino le competenze attribuite in via esclusiva alle Province autonome di Trento e di Bolzano, la loro determinazione non può prescindere dall'intesa con queste ultime.

Interpretata in questo senso, la disposizione contenuta nella lettera c) dell'art. 2, primo comma, non può considerarsi lesiva dell'autonomia costituzionalmente garantita alle ricorrenti.

6.- Per motivi in parte analoghi a quelli appena enunciati va dichiarata non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale sollevata da entrambe le ricorrenti nei confronti dell'art.2, primo comma, lettera i).

La disposizione impugnata stabilisce che il CIPET "provvede con cadenza triennale, sentite le regioni, all'aggiornamento del Piano generale dei trasporti che dovrà indicare per il triennio di riferimento l'ammontare delle risorse pubbliche da destinare al finanziamento degli interventi di settore del trasporto rispettivamente di parte corrente e di parte capitale: è conseguentemente abrogato il secondo comma dell'art. 4 della legge 15 giugno 1984, n. 245".

Come è stato ricordato nel punto precedente, le norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige contenute nell'art. 20 del d.P.R. n. 381 del 1974 prevedono che allorchè lo Stato propri interventi in materia di viabilità, di linee ferroviarie e di aerodromi deve determinarli sulla base di un'intesa con la provincia autonoma interessata. Questa disposizione, immodificabile e inderogabile da parte del legislatore ordinario, è stata richiamata anche dall'art. 2, terzo comma, della legge n. 245 del 1984, al fine specifico di stabilire che gli aggiornamenti del Piano generale dei trasporti "sono predisposti d'intesa con le Province autonome di Trento e Bolzano per quanto riguarda gli aspetti che attengono nell'ambito territoriale di tale province". Su tale disposizione questa Corte, chiamata a giudicare a seguito di un ricorso della Provincia autonoma di Bolzano, ha affermato che al vincolo dell'intesa necessaria per l'approntamento dello schema di piano non possono non sottostare anche le eventuali successive modifiche (v. ord. n.524 del 1988).

Le disposizioni ora riferite e la decisione di questa Corte appena ricordata mostrano che, in ragione delle norme di attuazione dello Statuto speciale contenute nel d.P.R. n. 381 del 1974, l'ordinamento legislativo appresta per le Province autonome di Trento e di Bolzano una disciplina speciale e diversa rispetto a quella stabilita dalla norma impugnata per le regioni a statuto ordinario, nel senso che, riguardo agli aggiornamenti del Piano generale dei trasporti, esige una intesa tra il CIPET e le suddette Province allorchè siano in discussione profili di specifico interesse di queste ultime. Più precisamente, la disposizione impugnata, la quale richiede che gli aggiornamenti del Piano generale siano deliberati dal CIPET previo parere delle regioni, non si pone in contrasto con la disciplina speciale prima ricordata per il semplice motivo che la più tenue forma di cooperazione in essa disposta non si riferisce alle ricorrenti, le quali posseggono in materia competenze più estese di quelle di cui sono titolari le regioni a statuto ordinario. Pertanto, il dubbio di legittimità costituzionale sollevato da queste ultime va rigettato, dal momento che, come ha riconosciuto anche l'Avvocatura Generale dello Stato, alle Province autonome continua ad applicarsi la disciplina speciale precedentemente illustrata. A questa conclusione conduce sia il rilievo, più volte sottolineato da questa Corte (v., da ultimo, sentt. nn. 224 del 1990 e 483 del 1991), secondo il quale non è necessario un espresso richiamo dell'applicabilità delle norme di attuazione alle autonomie speciali, essendo implicito il rispetto delle stesse ogni volta che non sia espressa una chiara ed esplicita volontà in senso contrario, sia il rilievo che la disposizione impugnata significativamente provvede ad abrogare l'art.4, secondo comma, della legge n. 245 del 1984, il quale prevedeva che occorreva sentire le regioni, ma non l'art. 2, terzo comma, della stessa legge, il quale, come si è visto, richiama l'art. 20 delle norme di attuazione contenute nel d.P.R. n. 381 del 1974 per richiedere sugli aggiornamenti del Piano l'intesa con le Province autonome interessate.

7.- Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Province ricorrenti nei confronti dell'art. 2, primo comma, lettere e) e h), vanno accolte nella parte in cui, ai fini del coordinamento ivi disciplinato, non prevede l'intesa con le Province stesse.

La prima delle disposizioni impugnate stabilisce che il CIPET emana direttive per l'adeguamento e il coordinamento, rispetto al Piano generale dei trasporti, dei piani e dei programmi regionali (o provinciali) comunque incidenti sul settore del trasporto, anche se già adottati o in corso di realizzazione, prevedendo l'obbligo di adeguamento da parte delle regioni (o delle province autonome) entro novanta giorni dall'emanazione della direttiva. La lettera h) stabilisce, inoltre, che il CIPET emana direttive per l'elaborazione e l'adeguamento dei piani regionali (o provinciali) dei trasporti rispetto al Piano generale, alle quali le regioni dovranno adeguarsi entro novanta giorni dall'emanazione della direttiva. In quest'ultimo caso, la stessa disposizione stabilisce che il CIPET valuta la conformità dei piani regionali (o provinciali) in relazione agli obiettivi del Piano generale e alle direttive emanate, esprimendo entro novanta giorni il proprio parere o intendendosi espresso parere favorevole ove sia decorso inutilmente il medesimo termine.Le disposizioni ora riferite comportano che il CIPET effettui il coordinamento, anche in via successiva, rispetto al Piano generale dei trasporti, di piani, come quelli urbanistico- territoriali o quelli sui trasporti di interesse provinciale, i quali costituiscono l'esercizio di competenze che lo Statuto speciale per il Trentino- Alto Adige assegna alle Province ricorrenti in via esclusiva. Poichè le misure di coordinamento previste comportano un vincolo di adeguamento e poichè esse sono rivolte a comporre l'esercizio di competenze primarie fra loro interferenti, non è ammissibile che esse si svolgano al di fuori del modulo dell'intesa, come si è più diffusamente motivato ad altro proposito, nei due punti immediatamente precedenti.

8.- Va parzialmente accolta anche la questione concernente l'art. 2, primo comma, lettera m), il quale attribuisce al CIPET la valutazione circa la conformità dei piani e dei programmi generali delle province autonome (oltrechè delle regioni), comunque incidenti sul settore del trasporto, anche se già adottati o in corso di realizzazione, rispetto agli obiettivi del Piano generale dei trasporti e alle direttive emanate ai sensi della precedente lettera e). Il parere negativo eventualmente comportato da tale valutazione di conformità ha per conseguenza la sospensione dell'efficacia del piano o programma generale e dei relativi strumenti o provvedimenti attuativi, oltrechè la perdita della possibilità di usufruire dei finanziamenti pubblici per le opere previste nei suddetti piani o programmi.

Ai sensi delle norme esaminate nei punti immediatamente precedenti e delle pronunzie adottate in conseguenza da questa Corte, tanto il Piano generale dei trasporti, con i successivi aggiornamenti, quanto le direttive previste alla lettera e), vanno determinati, in relazione agli aspetti di specifico interesse delle Province autonome, d'intesa con queste ultime.

L'adozione di tale forma di collaborazione non esclude, ed anzi presuppone, la separazione delle competenze fra Stato e Province autonome. In questo quadro, la previsione della perdita di efficacia dei provvedimenti e dei piani provinciali, con il conseguente venir meno del beneficio dei finanziamenti pubblici, è lesiva delle competenze costituzionalmente assegnate alle ricorrenti. Infatti, come questa Corte ha già affermato (v. sent. n. 53 del 1991; ma v. anche sent. n. 229 del 1989), "in una Costituzione rigida come la nostra che conferisce alle autonomie regionali un carattere politico e che connota la ripartizione delle Stato e regioni come un elemento essenziale della struttura pluralistica dell'ordinamento (...) non può lo Stato togliere, con un proprio atto amministrativo, l'efficacia giuridica di provvedimenti adottati dalle amministrazioni regionali". Questo vincolo vale, ovviamente, a maggior ragione nel caso in cui i piani provinciali siano adottati con legge della Provincia stessa.

Del resto, poichè gli atti da assumersi come parametri della valutazione di conformità sono determinati d'intesa con le Province ricorrenti, il parere negativo collegato a tale valutazione non può avere altro effetto che quello di riattivare le procedure di intesa al fine di addivenire a un pronto adeguamento.

9.- Non fondata è la questione di legittimità costituzionale che le due ricorrenti hanno sollevato nei confronti dell'art. 2, primo comma, lettera g), il quale dispone che il CIPET "emana direttive concernenti nuove iniziative legislative e regolamentari in ordine all'adeguamento della politica tariffaria e della disciplina in materia di contributi a soggetti pubblici e privati che operano nel settore del trasporto agli obiettivi del Piano generale dei trasporti".

La non lesività della disposizione ora esaminata nei confronti delle competenze costituzionalmente assegnate alle Province autonome di Trento e di Bolzano deriva dall'evidente carattere di indicazioni tecnico-politiche o di suggerimenti connaturato alle "direttive" ivi previste. Queste ultime, infatti, sono chiaramente rivolte ad assicurare la coerenza della politica tariffaria e della disciplina dei contributi rispetto agli obiettivi del Piano generale mediante proposte al Legislatore o all'Esecutivo, proposte che questi, nella loro incontestabile libertà di apprezzamento, valuteranno se e in che misura tradurre in leggi o regolamenti.

10.- Va, infine, rigettata la questione di legittimità costituzionale che la sola Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato nei confronti dell'art.2, primo comma, lettera n), a norma del quale il CIPET "formula proposte circa l'attività di ricerche e studi dell'Istituto superiore dei trasporti - ISTRA s.p.a. e di altri istituti con specifica specializzazione nel settore del trasporto". A parte il fatto che qui si tratta di una disposizione che prevede soltanto proposte, e non già vincoli, è decisivo che in ipotesi si versi nell'ambito di potestà statali, la cui esplicazione è diretta nei soli confronti di istituti non dipendenti dalle regioni o dalle province autonome.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi -

- dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lettere e) e h), della legge 4 giugno 1991, n. 186 (Istituzione del Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto - CIPET), nella parte in cui, ai fini del coordinamento e dell'adeguamento dei piani e dei programmi provinciali ivi indicati con il Piano generale dei trasporti, non prevede l'intesa con le Province autonome di Trento e di Bolzano;

- dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lettera m), quarta e quinta proposizione, della citata legge n. 186 del 1991;

- dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lettere c) ed i), della citata legge n. 186 del 1991, sollevate, in riferimento all'art. 8, nn. 5, 17 e 18, all'art. 14, primo comma (solo dalla Provincia di Bolzano), e all'art. 16, primo comma, dello Statuto speciale, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalle Province autonome di Bolzano e di Trento;

- dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art.2, primo comma, lettere a), b) e g) della citata legge n.186 del 1991, sollevate, in riferimento all'art. 8, nn. 5, 17 e 18, all'art.14, primo comma (solo dalla Provincia di Bolzano), e all'art. 16, primo comma, dello Statuto speciale, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalle Province autonome di Bolzano e di Trento;

- dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.2, primo comma, lettera n), della citata legge n. 186 del 1991, sollevata, in riferimento all'art. 8, nn. 5, 17 e 18, all'art. 14, primo comma, e all'art. 16, primo comma, dello Statuto speciale, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Bolzano.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/01/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Antonio BALDASSARRE, Redattore

Depositata in cancelleria il 5 febbraio del 1992.