Ordinanza n. 9 del 1992

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ORDINANZA N. 9

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 54, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà),sostituito dall'art. 18 della legge 10 Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 1991 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Palermo, con quattro ordinanze di analogo contenuto pronunciate il 9 e il 16 maggio 1991, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 27 e 111, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 54, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, sostituito dall'art. 18 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, nella parte in cui stabilisce che ai fini della liberazione anticipata "è valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare" nella forma degli arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.); e che nei giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;

considerato che le ordinanze sollevano questioni analoghe, donde la riunione dei relativi giudizi;

che questa Corte, chiamata a pronunciarsi su identica questione, nel dichiararne l'infondatezza, ha statuito (sentenza n. 352 del 1991) che spetta "al giudice valutare se nel comportamento serbato dall'interessato nel corso della custodia cautelare", sia essa attuata in sede carceraria che nella forma degli arresti domiciliari, "possano essere rinvenuti quegli elementi che la giurisprudenza indica come sintomatici della evoluzione della personalità verso modelli socialmente validi, del ravvedimento improntato alla revisione delle motivazioni che avevano indotto il condannato a perseguire scelte criminali ed, infine, del progressivo abbandono dei disvalori sui quali tali scelte si fondano"; sicchè, accertata la ricorrenza di tali presupposti, "la riduzione di pena si giustifica quale riconoscimento della partecipazione all'opera rieducativa,la quale, anche se attuata <<spontaneamente>> ed al di fu penitenziario, non per questo cessa di essere riguardata dal legislatore come parametro unitario e concettualmente indifferenziato, alla cui stregua la concessione del beneficio può concretamente volgersi a soddisfare la funzione tipica dell'istituto";

che il principio di uguaglianza e quello sancito dall'art. 27, terzo comma, della Costituzione non possono pertanto ritenersi in alcun modo vulnerati dalla disposizione oggetto di denuncia, posto che "i medesimi criteri di valutazione e gli stessi parametri di riferimento alla cui stregua il giudice ritiene provata la partecipazione del condannato alle opportunità offertegli nel corso del trattamento penitenziario, devono valere anche agli effetti della omologa delibazione che il giudice stesso è chiamato a compiere circa la condotta mantenuta dall'interessato nel corso della custodia cautelare";

che le considerazioni dianzi esposte valgono, a fortiori, a dissipare il dubbio, sollevato dal Tribunale di sorveglianza di Palermo nella ordinanza del 9 maggio 1991 (R.O. 567 del 1991), che la norma impugnata contrasti anche con l'art. 111, primo comma, della Costituzione;

e che pertanto, non adducendo le ordinanze di rimessione argomenti nuovi o diversi rispetto a quelli esaminati con la già citata sentenza n.352 del 1991, la questione proposta deve dichiararsi manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n.354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sostituito dall'art. 18 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 27 e 111, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Palermo con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/01/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 22 gennaio del 1992.