Ordinanza n. 317 del 1991

 

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ORDINANZA N. 317

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Ettore GALLO                                                   Presidente

Dott. Aldo CORASANITI                                         Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “    

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 431, lett. a), del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 7 dicembre 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona nel procedimento penale a carico di Lucia Soprani, iscritta al n. 144 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11 prima serie speciale dell'anno 1991;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 1991 il Giudice relatore Enzo Cheli;

Ritenuto che, nel corso del procedimento penale a carico di Lucia Soprani, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona, dopo l'emanazione del decreto di rinvio a giudizio, con ordinanza del 7 dicembre 1990 (r.o. n. 144 del 1991), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione, dell'art. 431, lett. a), del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente l'inserimento nel fascicolo per il dibattimento dell'atto di denuncia all'autorità giudiziaria e del "rapporto penale";

che, secondo il giudice a quo, la norma impugnata, che consente l'inserimento nel fascicolo per il giudice del dibattimento degli atti relativi alla procedibilità dell'azione penale e all'esercizio dell'azione civile, dovrebbe essere coordinata con quelle di cui agli artt. 511 e 514 del codice di procedura penale, che consentono al giudice del dibattimento di disporre la lettura dei verbali relativi alle dichiarazioni orali di querela o istanza, seppure allo scopo esclusivo di accertare l'esistenza della condizione di procedibilità, in modo da consentire la lettura, e comunque l'acquisizione nel fascicolo, del "rapporto penale" o della denuncia, ai fini della constatazione dei fatti e della situazione concreta che ha originato il procedimento penale;

che la diversa interpretazione della norma impugnata, che esclude la possibilità di inserimento nel fascicolo del "rapporto penale" o della denuncia, violerebbe gli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione, rendendo difficoltoso l'accertamento della verità materiale e meno celere il dibattimento, nonché ledendo il principio di buon andamento dell'amministrazione della giustizia;

che nel giudizio davanti a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e infondata;

Considerato che il giudice remittente, da un lato, prospetta una interpretazione estensiva della norma impugnata ritenendo che essa consenta, se coordinata con quanto disposto dagli artt. 511 e 514 del codice di procedura penale, l'inserimento della denuncia e del "rapporto penale" nel fascicolo del dibattimento, mentre, dall'altro, rileva che la diversa interpretazione della norma medesima, che esclude l'inserimento nel fascicolo del dibattimento degli atti suddetti, violerebbe gli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione;

che, pertanto, nell'ordinanza il giudice a quo non fa propria nessuna delle due interpretazioni della norma impugnata e prospetta come eventuale il dubbio di costituzionalità in relazione a quella che, a suo avviso, contrasterebbe con gli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione;

che, come più volte affermato da questa Corte (v. sentt. nn. 472 e 473 del 1989), spetta al giudice a quo, ai fini dell'ammissibilità della questione, la scelta tra due (o più) interpretazioni alternative della norma impugnata e l'individuazione di quella ritenuta applicabile nel caso concreto, così da consentire l'identificazione del thema decidendi e della rilevanza della questione di costituzionalità;

che, nella specie, l'assenza palese di tale requisito rende la questione manifestamente inammissibile;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 431, lett. a), del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione, sollevata dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 1991.

 

Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 5 luglio 1991.