Sentenza n. 585 del 1990

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SENTENZA N.585

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1224 del codice civile, 429, comma terzo del codice di procedura civile e 150 delle disposizioni d'attuazione del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 3 dicembre 1986 dal T.A.R. del Lazio sul ricorso proposto da Gionfrida Giulio contro E.N.P.A.S., iscritta al n. 467 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di costituzione di Gionfrida Giulio;

udito nell'udienza pubblica del 27 novembre 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

udito l'avvocato Federico Sorrentino per Gionfrida Giulio.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso di un giudizio promosso dal dott. Giulio Gionfrida contro l'Ente nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dello Stato (E.N.P.A.S.) per l'annullamento della deliberazione con cui l'Ente aveva negato al ricorrente la rivalutazione monetaria, con gli interessi legali, dell'indennità di buonuscita, il T.A.R. del Lazio, con ordinanza del 3 dicembre 1986, pervenuta alla Corte costituzionale il 10 luglio 1990, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1224 cod. civ., 429, terzo comma, cod. proc. civ. e 150 disp. att. cod. proc. civ., nella parte in cui - secondo l'interpretazione consolidata nella giurisprudenza ordinaria e amministrativa, argomentata dalla natura di prestazione previdenziale comunemente attribuita all'indennità di buonuscita - esclude la rivalutazione automatica della somma relativa dal giorno in cui il credito é divenuto esigibile.

Secondo il giudice a quo, la normativa impugnata viola: a) l'art. 3 Cost. per l'ingiustificata disparità di trattamento che ne risulta sia in rapporto ai crediti retributivi del dipendente, sia in rapporto ai lavoratori privati e anche ai dipendenti pubblici di altre categorie, ai quali é attribuito un trattamento di fine rapporto avente natura retributiva, e quindi compreso nel campo di applicazione dell'art. 429, comma 3' cod. proc. civ.; b) gli artt. 36 e 38 Cost., perchè il ritardo nel pagamenti dell'indennità, non compensato dalla rivalutazione monetaria, altera il principio di proporzionalità alla quantità e qualità del lavoro prestato, applicabile anche ai trattamenti di quiescenza, incidendo sul requisito di adeguatezza della prestazione previdenziale alle esigenze di vita del lavoratore; c) gli artt. 24 e 113 Cost. perchè l'esclusione dalla tutela dell'art. 429 cod. proc. civ. aggrava la sua posizione processuale accollandogli l'onere di prova del maggior danno ai sensi e agli effetti dell'art, 1224, secondo comma, cod. civ.; d) l'art. 97, primo comma, Cost., perchè finisce con l'accordare un avallo legislativo a fenomeni di inefficienza e di cattiva volontà della pubblica amministrazione.

2.- Nel giudizio davanti alla Corte si é Costituito il ricorrente chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, essendo sopravvenuto nella giurisprudenza amministrativa un opposto orientamento che ha eliminato il presupposto in base al quale il giudice remittente ha prospettato la questione di legittimità costituzionale.

In un'ampia memoria depositata nell'imminenza dell'udienza di discussione la difesa del ricorrente ha prospettato una diversa e più radicale soluzione di rigetto della questione, la quale supererebbe il contrasto tra la nuova giurisprudenza amministrativa e la giurisprudenza della Corte di cassazione, sempre ferma nell'escludere il terzo comma dell'art. 429 cod. proc. civ. dalla portata del rinvio operato dal successivo art. 442. Secondo tale prospettazione sarebbe ormai maturo, alla stregua delle sentenze di questa Corte nn. 178 del 1986, 763 del 1988 e soprattutto 471 del 1989, il riconoscimento della natura retributiva anche dell'indennità di buonuscita, non diversamente dal trattamento di fine rapporto degli impiegati privati e dei dipendenti degli enti parastatali, col corollario dell'applicabilità diretta dell'art. 429.

Considerato in diritto

1. - Il T.A.R; del Lazio impugna, per contrasto con gli artt. 3, 36, 38, nonchè 24, 97 e 113 della Costituzione, il combinato disposto degli artt. 1224 cod. civ., 429, terzo comma, cod. proc. civ. e 150 disp. att. cod. proc. civ., nella parte in cui, secondo la giurisprudenza consolidata ordinaria e amministrativa, escludono la rivalutazione monetaria dei crediti di natura previdenziale e, quindi, anche dell'indennità di buonuscita dovuta dall'E.N.P.A.S. ai dipendenti dello Stato collocati in quiescenza.

2. - La questione è inammissibile.

Va rilevato preliminarmente che, nel tempo intercorso tra la pronuncia dell'ordinanza di rimessione (3 dicembre 1986) e la comunicazione di essa alla Corte costituzionale (10 luglio 1990), si è verificato un radicale mutamento nella giurisprudenza del Consiglio di Stato in ordine alla questione oggetto del giudizio a quo. La decisione dell'Adunanza plenaria n. 7 del 1989, alla quale si è uniformata, in relazione all'indennità di buonuscita degli statali, la Sezione VI con le decisioni n. 372 e 475 del 1 989, ha statuito l 'applicabilità dell'art . 429, terzo comma, cod. proc. civ. anche ai trattamenti di fine rapporto di natura previdenziale in base al rinvio operato dal successivo art. 442, non più restrittivamente interpretato.

Il mutato orientamento del Consiglio di Stato, indubbiamente rilevante per la definizione del giudizio a quo, non è però sufficiente ad eliminare il presupposto in base al quale è stata prospettata la questione di legittimità costituzionale sotto esame, e ciò indipendentemente da ogni valutazione sul merito dell'argomento con cui si è ritenuta <superata> l'interpretazione restrittiva dell'art. 442. Invero, tale interpretazione è sempre tenuta ferma dalla Corte di cassazione, organo depositario della funzione nomofilattica, sicchè non si può dire che al diritto vivente cui si riferisce l'ordinanza di rimessione è subentrato uno <stato di diritto> di segno opposto, alla stregua del quale questa Corte possa sentirsi vincolata - in applicazione del criterio enunciato dalle sentenze nn. 325 del 1983 e 104 del 1984 - a dichiarare la questione infondata nei sensi di cui in motivazione (cioé nel senso della nuova giurisprudenza del Consiglio di Stato).

3. - Deve pertanto essere confermata, in conformità della sentenza n. 350 del 1990, la dichiarazione di inammissibilità della questione per errata identificazione della norma che preclude l'applicabilità ai crediti previdenziali di una regola di rivalutazione automatica analoga a quella prevista dall'art. 429, terzo comma, cod. proc. civ. Il riferimento di tale disposizione ai soli <crediti di lavoro> si spiega in ragione della sua collocazione sistematica nella disciplina delle controversie relative ai rapporti di lavoro, di guisa che non si può da essa argomentare in nessun senso in ordine ai crediti previdenziali.

Nè varrebbe obiettare che questa volta è impugnato anche l'art. 1224 cod. civ. L'assoggettamento dei crediti previdenziali alla norma generale sul risarcimento dei danni nelle obbligazioni pecuniarie presuppone l'inapplicabilità di un criterio speciale di rivalutazione automatica, non già la determina.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1224 cod. civ., 429, terzo comma, cod. proc. civ. e 150 disp. att. cod. proc. civ., sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 30, 38, 97 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 28/12/90.