Sentenza n. 583 del 1990

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SENTENZA N.583

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2652, comma primo, n. 5, e 2654 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 12 giugno 1990 dalla Corte d'appello di Salerno nel procedimento civile vertente tra Banca nazionale dell'agricoltura s.p.a. e Fimiani Giovanni ed altri, iscritta al n. 479 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 dicembre 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso di un giudizio di reclamo contro un provvedimento di trascrizione con riserva di una domanda giudiziale ai sensi dell'art. 2674-bis cod. civ., promosso dalla Banca nazionale dell'agricoltura in prima istanza davanti al Tribunale e in seconda istanza davanti alla Corte di appello di Salerno, quest'ultima ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2652 n. 5 e 2654 cod. civ., nella parte in cui non consentono la trascrizione della domanda di revoca di atti soggetti a iscrizione nei registri immobiliari.

Secondo il giudice remittente, l'art. 2652 n. 5, in quanto non consente la trascrizione della domanda di revoca di atti soggetti a iscrizione, in particolare di atti di concessione di ipoteca, pregiudica il diritto di difesa del creditore addossandogli l'onere di prova della mala fede anche nei confronti dei terzi subacquirenti a titolo oneroso pendente lite, mentre nel caso di impugnazione di un atto soggetto a trascrizione la buona fede é irrilevante se il terzo abbia trascritto il suo acquisto dopo la trascrizione della domanda giudiziale.

Nel dispositivo dell'ordinanza é richiamato solo il parametro dell'art. 24 Cost., ma nella motivazione le norme citate sono impugnate anche in riferimento al principio di razionalità di cui all'art. 3 Cost., la detta diversità di trattamento non trovando, ad avviso del giudice remittente, "alcuna razionale giustificazione".

2.- Nel giudizio davanti alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata. Inammissibile per irrilevanza, non essendo prospettabile nell'ambito del giudizio a quo, che é un procedimento di reclamo avverso la trascrizione con riserva della domanda giudiziale, una lesione del diritto di difesa imputabile alla lamentata carenza delle norme denunciate, e comunque perchè la richiesta integrazione anche dell'art. 2652 n. 5, nel senso di ammettere la trascrizione anche delle domande di revoca di atti soggetti a iscrizione, eccederebbe i poteri di questa Corte. Infondata, perchè la non trascrivibilità della domanda di revoca degli atti soggetti a iscrizione non tocca il diritto di azione del creditore verso i terzi aventi causa mediati, ma soltanto ne differenzia il regime probatorio.

Considerato in diritto

1. - La Corte d'appello di Salerno impugna gli artt. 2652 n. 5 e 2654 cod. civ., per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non consentono la trascrizione delle domande di revoca degli atti soggetti a iscrizione, che siano stati compiuti in pregiudizio dei creditori, e la corrispondente annotazione in margine all'iscrizione.

2. - Va respinta preliminarmente l'eccezione di inammissibilità formulata dall'Avvocatura dello Stato. La questione è rilevante perchè da essa dipende l'accoglimento o la reiezione del reclamo proposto dal creditore istante ai sensi degli artt. 2674-bis cod. civ. e 113-ter disp. att., mentre l'obiezione circa il carattere solo potenziale e non attuale della pretesa lesione del diritto di difesa, a parte la discutibilità della tesi su cui si fonda, non tiene conto del riferimento dell'ordinanza, pur senza citare nel dispositivo l'art. 3 Cost., anche al principio di razionalità.

L'eccezione non può essere accolta nemmeno sotto il profilo dell'inammissibilità di questioni dirette a ottenere sentenze manipolative del sistema normativo. Tale non può essere giudicata la questione sotto esame, come dimostra il fatto che nella dottrina sulla trascrizione non manca un'opinione autorevole secondo la quale l'omesso riferimento dell'art. 2652 n. 5 agli atti soggetti a iscrizione sarebbe una lacuna colmabile in via di interpretazione estensiva.

3. - La questione non è fondata.

La premessa da cui muove il giudice a quo ritiene applicabile la tutela dell'art. 2901, ultimo comma, cod. civ. anche ai terzi di buona fede ai quali sia stata trasmessa o vincolata a titolo oneroso una ipoteca iscritta in base a un atto revocato per frode ai creditori. Tale premessa trascura che una modificazione soggettiva dell'ipoteca dal lato attivo può prodursi in base agli atti previsti dagli artt. 2843, 2856 e 2866 cod. civ., per i quali la forma di pubblicità è l'annotazione in margine all'iscrizione dell'ipoteca, mentre i terzi aventi causa (mediati) in buona fede e a titolo oneroso, che a norma dell'art. 2652 n. 5 possono far valere la mancanza o la tardività di trascrizione della domanda di revoca, hanno acquistato diritti dal convenuto soccombente <in base a un atto trascritto o iscritto>. Il silenzio del secondo comma dell'art. 2652 n. 5 circa i terzi subacquirenti di un diritto di ipoteca in base a un atto annotato, correlato al silenzio del primo comma circa la domanda di revoca degli atti soggetti a iscrizione, dimostra che l'assoggettamento a pubblicità nei registri immobiliari delle sole domande di revoca di atti trascritti (e non anche di atti iscritti) non è una lacuna di previsione, ma un limite consapevolmente stabilito dal legislatore per una precisa ragione logico-sistematica. Esso deriva dalla connessione della norma con l'art. 2901, ultimo comma, nel cui ambito normativo l'art. 2652 n. 5 si inserisce modificando per le domande di revoca assoggettate a pubblicità il criterio di discriminazione dei terzi sottoposti incondizionatamente all'efficacia del giudicato che accoglie la domanda.

Contrariamente a quanto ritiene il giudice a quo, l'art. 2901, ultimo comma, cod. civ. (come l'art. 1445, al quale si collega il successivo n. 6, nella parte concernente le domande di annullamento per una causa diversa dall'incapacità legale) si riferisce ai terzi aventi causa da un alienante a sua volta investito di un titolo di acquisto derivativo: in questo caso i vizi del titolo del dante causa vulnerano soltanto il precedente rapporto di trasmissione del diritto e quindi non si trasmettono al terzo, ma soltanto si riflettono sul suo titolo in virtù della regola resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis, la cui operatività è limitata dalle norme citate a tutela dell'affidamento nel traffico giuridico. Quando, invece, il terzo acquista un diritto costituito ex novo in capo al suo autore (per esempio un diritto di ipoteca, nel quale subentra o in via di cessione del credito garantito o autonomamente, come nel caso di surrogazione del creditore perdente), i vizi del titolo del dante causa (nella specie, il vizio che lo rende revocabile per frode ai creditori) sono vizi del negozio costitutivo del diritto, cioè intaccano lo stesso diritto oggetto dell'alienazione e, come tali, sono sempre opponibili al terzo indipendentemente dalla sua buona o mala fede e dall'onerosità o gratuità del suo acquisto. Il subentro nell'ipoteca del terzo cessionario del credito garantito o del terzo surrogantesi determina soltanto una modificazione soggettiva attiva del diritto, che rimane per il resto inalterato e perciò soggetto a tutte le eccezioni opponibili al cedente o al creditore surrogato.

In conclusione, la sentenza di revoca per frode ai creditori di un atto di assunzione di debito e di concessione di ipoteca non soggiace, nei rapporti con i terzi, al limite di efficacia previsto dall'art. 2901, ultimo comma, cod. civ. L'attore vittorioso può in ogni caso opporla ai terzi ai quali l'ipoteca sia stata trasmessa o vincolata nei modi indicati dall'art. 2843 oppure al terzo che pretenda di surrogarsi nell'ipoteca ai sensi dell'art. 2856. Atale effetto la pubblicazione della domanda di revoca è irrilevante, onde si giustifica la norma denunciata che ne esclude la trascrivibilità nei registri immobiliari.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2652 n. 5 e 2654 cod. civ., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte di appello di Salerno con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 28/12/90.