Ordinanza n. 564 del 1990

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ORDINANZA N.564

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 444, secondo comma, e 445, primo comma, del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa l'11 maggio 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona nel processo penale a carico di La Rocca Carmelo Francesco, iscritta al n. 526 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1990;

2) ordinanza emessa il 20 luglio 1990 dal Pretore di Isernia - Sezione distaccata di Venafro nel processo penale a carico di Potena Pasqualino, iscritta al n. 540 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1990;

3) ordinanza emessa il 2 luglio 1990 dal Pretore di Prato nel processo penale a carico di Pieroni Rinaldo ed altro, iscritta al n. 630 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visti l'atto di costituzione della S.I.A.E., nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 novembre 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona con ordinanza dell'11 maggio 1990, il Pretore di Prato con ordinanza del 2 luglio 1990 e il Pretore di Isernia - Sezione distaccata di Venafro con ordinanza del 20 luglio 1990 hanno sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 25 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 445, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui stabilisce che la sentenza con la quale viene disposta l'applicazione della pena su richiesta delle parti, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi;

e che il Pretore di Prato e il Pretore di Isernia - Sezione distaccata di Venafro hanno anche denunciato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, l'illegittimità dell'art. 444, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui preclude al giudice, con la sentenza che applica la pena richiesta dalle parti, di decidere sulla domanda proposta dalla parte civile;

e che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate, mentre nel giudizio promosso dal Pretore di Prato si è costituita la Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) con atto di costituzione e deduzioni depositato il 30 ottobre 1990, domandando che la Corte, previo riesame della sentenza n. 443 del 1990, dichiari, in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, l'illegittimità sia dell'art. 444, secondo comma, sia dell'art. 445, primo comma, del codice di procedura penale.

Considerato che le ordinanze sollevano identiche questioni e che, quindi, i relativi giudizi vanno riuniti;

che questa Corte, con la ricordata sentenza n. 443 del 1990, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 444, secondo comma, secondo periodo, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice condanni l'imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale, sentenza successiva a tutte e tre le ordinanze di rimessione, ha già dichiarato inammissibile -perchè irrilevante nei giudizi penali, nei quali mai la norma censurata potrebbe trovare applicazione-la questione di legittimità dell'art. 445, primo comma, secondo periodo, dello stesso codice, nella parte in cui prevede che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, anche se pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi, e ha già dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 444, secondo comma, secondo periodo, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 24, primo comma, 25, primo comma, e 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede che, in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice, se vi è costituzione di parte civile, non debba decidere sulla relativa domanda;

e che nè le ordinanze di rimessione nè le deduzioni della parte privata costituita adducono argomenti nuovi o diversi rispetto a quelli esaminati dalla Corte nella predetta pronuncia.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 445, primo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24 e 25 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona con ordinanza dell'11 maggio 1990, dal Pretore di Prato con ordinanza del 2 luglio 1990 e dal Pretore di Isernia - Sezione distaccata di Venafro con ordinanza del 20 luglio 1990;

2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 444, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, dal Pretore di Prato con ordinanza del 2 luglio 1990 e dal Pretore di Isernia - Sezione distaccata di Venafro con ordinanza del 20 luglio 1990.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 28/12/90.