Sentenza n. 559 del 1990

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SENTENZA N.559

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 401 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 maggio 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Venezia nel procedimento penale a carico di Scarpa Eros ed altri, iscritta al n. 466 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 novembre 1990 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza dei 16 maggio 1990 il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Venezia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 401 cod. proc. pen. "nella parte in cui non prevede che la persona offesa dal reato al pari della persona sottoposta alle indagini possa nominare un consulente tecnico qualora l'incidente probatorio sia stato disposto per l'espletamento di una perizia".

All'ammissibilità di tale nomina - che era nella specie in contestazione - ostano, secondo il giudice a quo, la mancanza di un'apposita previsione nel citato art. 401, la riserva alle sole parti (quindi, dopo l'esercizio dell'azione penale) del potere di nomina del consulente tecnico (art. 225), e la circostanza che per la persona offesa manca una disposizione, quale quella di cui all'art. 61, che, estendendo i diritti e le garanzie dell'imputato alla persona sottoposta alle indagini, conferisce a questa il suddetto potere.

Nè una diversa interpretazione sarebbe consentita della natura sostanzialmente anticipatoria rispetto al dibattimento dell'incidente probatorio, dato che in tale sede il difensore della persona offesa può solo chiedere al giudice di rivolgere domande alla persona sottoposta ad esame (art. 401, quinto comma) e non ha quindi il potere di porre domande dirette spettante in dibattimento al difensore della parte civile.

Ciò premesso, il giudice rimettente assume che 1'impossibilità di nomina del consulente tecnico in sede di perizia disposta con incidente probatorio pone la persona offesa in condizione deteriore rispetto all'indagato, cui invece tale facoltà spetta. Essa sarebbe inoltre irragionevole, dato che detta facoltà compete alla persona offesa nel caso di accertamenti tecnici non ripetibili disposti dal P.M. (art. 360, terzo comma, cod. proc. pen.), sì che nei due casi si avrebbe disparità di trattamento tra persone offese.

Un'ulteriore disparità sarebbe poi da registrare rispetto al responsabile civile, dato che costui, nel caso che gli elementi di prova già raccolti gli siano sfavorevoli, può evitare di subire gli effetti del giudicato penale (art. 651) chiedendo di essere escluso dal giudizio (art. 86, secondo comma). La persona offesa, invece, patirebbe gli effetti di una sentenza di condanna fondata su un accertamento peritale espletato nell'incidente probatorio cui sia stata posta "in grado di partecipare" (art. 404), pur non avendo potuto validamente interloquire in esso per la mancata partecipazione alle relative operazioni di un proprio consulente tecnico. Ciò comporta anche, secondo il giudice a quo, violazione del suo diritto di difesa, dato che il consulente potrebbe solo rilevare incongruenze e contraddizioni della perizia nella successiva fase dibattimentale.

2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata, perchè poggiante su un erroneo presupposto interpretativo. L'applicabilità della norma (art. 225) che consente alle "parti private" di nominare propri consulenti tecnici in caso di perizia dovrebbe invece, secondo l'Avvocatura, desumersi dalla disposizione (art. 401, quinto comma) secondo la quale nell'incidente probatorio "le prove sono assunte con le forme stabilite per il dibattimento" (salvo per l'assenza di pubblicità e la partecipazione solo su autorizzazione di indagato e persona offesa). Costoro dovrebbero perciò considerarsi "parti" dell'incidente, pienamente parificate quanto a facoltà partecipative, garanzie di difesa e di rispetto del contraddittorio (cfr. artt. 403 e 404); nè le cautele con cui si é mirato ad evitare la partecipazione all'incidente delle persone "terze" rispetto all'oggetto della prova potrebbero riguardare la persona offesa, che é parte potenziale al pari dell'indagato.

D'altra parte, la "partecipazione" alla prova che condiziona l'efficacia per il danneggiato della sentenza di assoluzione (art. 404) non sarebbe razionalmente idonea a produrre un tale effetto se intesa come mera assistenza che prescinde dall'intervento del consulente tecnico, dato che in tal modo si porrebbe la persona offesa in posizione deteriore rispetto a quella della parte privata che partecipi all'assunzione della medesima prova in dibattimento.

L'interpretazione del giudice a quo contrasta quindi, secondo l'Avvocatura, con la logica del sistema; e ciò si evincerebbe anche dalla regola - opposta a quella enunciata nell'ordinanza - vigente per l'istituto previsto dall'art. 360 cod. proc. pen., per certi versi complementare a quello in esame.

Considerato in diritto

1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Venezia dubita della legittimità costituzionale dell'art. 401 del codice di procedura penale in quanto, a suo avviso, preclude alla persona offesa di nominare un consulente tecnico che partecipi alla perizia disposta con incidente probatorio. La norma, così intesa, contrasterebbe: - con l'art. 3 Cost., in quanto irragionevolmente detta una regola diversa da quella prevista per gli accertamenti tecnici non ripetibili del P.M. e pone la persona offesa in condizione deteriore rispetto all'indagato (cfr. art. 61), al responsabile civile (cfr. art. 86, secondo comma) ed alla stessa persona offesa che partecipi ai suddetti accertamenti tecnici (cfr. art. 360); - con l'art. 24 Cost., in quanto menoma la difesa del danneggiato, che subirebbe gli effetti della sentenza di assoluzione fondata sulla perizia (art. 404) pur non avendo partecipato a questa con un proprio consulente tecnico.

2.- Se la norma impugnata dovesse intendersi nel senso presupposto dal giudice a quo, essa sarebbe indubbiamente lesiva dei disposti costituzionali invocati. Per limitarsi ai rilievi più evidenti, sarebbe di certo irragionevole, e lesivo del principio di uguaglianza, che la persona offesa possa nominare un proprio consulente tecnico in sede di accertamenti tecnici non ripetibili disposti dal P.M. - come espressamente prevede l'art. 360, primo comma-e non possa farlo nell'ambito della perizia disposta mediante l'incidente probatorio: pur se si tratta in entrambi i casi di accertamenti destinati ad essere utilizzati come prova in dibattimento (cfr. artt. 431, 511, 526). Ed il diritto di difesa del danneggiato sarebbe sicuramente violato se si dovesse ritenere che la sentenza di assoluzione fondata su una perizia assunta con detto incidente possa avere efficacia di giudicato nei suoi confronti, nel giudizio per le restituzioni ed il risarcimento del danno (art. 652), pur quando la sua <partecipazione> (art. 404) alla formazione di tale prova sia costretta nei limiti della mera assistenza: senza cioè quella possibilità di interloquire efficacemente nell'indagine tecnica che solo la partecipazione ad essa del consulente può realmente consentire (cfr., tra le altre, le sentenze nn. 149 del 1983 e 345 del 1987).

3. - La regola per cui, tra più interpretazioni possibili, va preferita quella conforme a Costituzione rende però doveroso verificare l'esattezza del presupposto ermeneutico da cui la censura trae origine, che non a caso è contestato dall'Avvocatura.

Esaminando la questione sotto il profilo sistematico, è agevole rilevare, innanzitutto, che la nuova disciplina processuale concernente la persona offesa si caratterizza-oltre che per un complessivo rafforzamento, rispetto al codice previgente, del suo ruolo-per il rapporto di complementarità tra le garanzie per essa apprestate nella fase delle indagini preliminari e quelle riconosciute alla parte civile nella fase successiva all'esercizio dell'azione penale. Dal momento, cioè, che la persona offesa può poi assumere, se danneggiata dal reato, il ruolo di parte civile, la partecipazione all'assunzione di prove che nell'ambito delle fase delle indagini preliminari è dato riconoscerle va funzionalmente considerata come anticipazione di quanto ad essa spetterà una volta che la costituzione di parte civile sarà stata formalizzata.

Questo collegamento funzionale e sistematico sta a base della regola di cui all'art. 178, lettera c), e si esprime, tra l'altro, nella previsione secondo cui, in tanto la sentenza di assoluzione può essere fatta valere nei confronti del danneggiato nel successivo giudizio di danno, in quanto costui sia stato posto in grado di partecipare all'incidente probatorio su cui essa sia fondata (art. 404).

Appare perciò corretta - come rilevato in dottrina - l'adozione di un criterio interpretativo che faccia ricorso alla normativa in tema di parte civile ove la disciplina concernente la persona offesa non risulti compiutamente delineata: e di conseguenza il silenzio della norma impugnata circa la possibilità da parte di questa di nominare un consulente tecnico nella perizia disposta con incidente probatorio non può essere assunto come indice univoco di esclusione di tale facoltà. Nè maggiormente probante è l'attribuzione alle sole <parti> di tale facoltà nella disciplina <statica> della perizia (art. 225), dato che il termine <parti> è talvolta usato in modo da ricomprendervi l'offeso dal reato, tanto nella delega (cfr. le direttive nn. 10 e 48 dell'art. 2, concernenti la tutela delle parti rispetto alle perizie e la proroga del termine per il compimento delle indagini preliminari) quanto nella disciplina codicistica sulla persona offesa (cfr. gli artt. 93, comma terzo, e 95, comma primo, in tema di intervento degli enti collettivi).

Se, dunque, i poteri della persona offesa sono funzionali alla tutela anticipata dei diritti riconosciuti alla parte civile, essi devono trovare adeguata espressione proprio nell'incidente probatorio, dato che in esso si procede all'assunzione anticipata di mezzi di prova destinati ad acquistare la forza probatoria propria delle prove espletate in dibattimento (artt. 431 e 511) e perciò a valere anche nei confronti della parte civile. Tale tutela sarebbe invero evidentemente menomata se il legislatore, pur riconoscendo il diritto alla persona offesa (e del suo difensore) a partecipare all'assunzione della perizia (art. 401, primo, terzo e quinto comma), avesse poi privato tale partecipazione del suo nucleo essenziale, costituito dalla possibilità di interloquire nell'indagine tecnica attraverso il consulente.

4.- Una simile conclusione è, tuttavia, contraddetta anche sul piano dell'interpretazione letterale dal disposto del quinto comma dell'art. 401, che, stabilendo in via generale che <le prove sono assunte con le forme stabilite per il dibattimento>, rende chiaro che le modalità di espletamento della perizia nell'incidente probatorio sono quelle stesse che valgono per la fase dibattimentale: ivi compresa, quindi, la facoltà della persona offesa - al pari della parte civile - di parteciparvi mediante un consulente tecnico ai sensi dell'art. 225. La limitazione che nel medesimo quinto comma è introdotta - quanto alla proponibilità di domande alle persone esaminate solo tramite il giudice - non fa che confermare l'ampiezza della regola generale immediatamente precedente.

La facoltà della persona offesa di nominare un consulente tecnico non è dunque menzionata nell'art. 401 perchè ricompresa in tale regola; ed il fatto che essa sia invece espressamente prevista per gli accertamenti tecnici non ripetibili del P.M. -istituto analogo alla perizia anticipata per struttura e funzione, ed i cui risultati sono, come si è detto, parimenti probanti in dibattimento (art. 431) - dipende dall'esservi solo in questa e non nell'altra ipotesi, necessità di esplicitazione. Del resto, l'esclusione del consulente tecnico di uno dei soggetti operanti nelle indagini preliminari sarebbe in evidente contraddizione con l'ampiezza del ruolo riconosciuto a tale figura dall'art. 233, ed in particolare con la regola della partecipazione automatica alla perizia del consulente già nominato posta nel secondo comma dal medesimo articolo.

Poichè dunque deve riconoscersi la facoltà della persona offesa di partecipare anche attraverso un consulente tecnico alla perizia disposta con incidente probatorio, la questione deve essere dichiarata non fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 401 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Venezia con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Ugo SPAGNOLI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 28/12/90.