Sentenza n. 550 del 1990

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SENTENZA N.550

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi promossi con ricorsi delle Regioni Piemonte, Toscana, Valle d'Aosta ed Emilia-Romagna, notificati il 22 e 25 giugno 1990, depositati in cancelleria, rispettivamente, il 27 e 28 giugno e 3 e 5 luglio 1990, per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto del Ministro della sanità 3 aprile 1990 (Coordinamento delle attività di prelievo e trapianto del fegato in Italia) ed iscritti ai nn. 21, 22, 23 e 25 del registro conflitti 1990.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 13 novembre 1990 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi gli avvocati Gustavo Romanelli per la Regione Piemonte e la Regione Valle d'Aosta, Alberto Predieri per la Regione Toscana, Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna, e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato nei termini di legge al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della sanità e regolarmente depositato, la Regione Piemonte ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro della sanità 3 aprile 1990, dal titolo "Coordinamento delle attività di prelievo e trapianto di fegato in Italia".

Sulla base della considerazione che "in materia di trapianto di fegato é necessario che i centri interregionali di riferimento siano non più di due, e cioé gli stessi attualmente operanti per il trapianto di cuore", il decreto impugnato dispone che "i compiti di coordinamento delle attività di prelievo e di trapianto di fegato nei centri del nord e del centro Italia autorizzati all'espletamento di tali attività sono demandati al centro interregionale di riferimento del nord Italia Transplant".

A giudizio della ricorrente, tale disposizione violerebbe le competenze in materia sanitaria e ospedaliera attribuite alle regioni dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, come attuati dall'art. 13 della legge 2 dicembre 1975, n. 644 e dal d.P.R. 16 giugno 1977, n. 409, competenze peraltro già esercitate dalla Regione Piemonte con la delibera del Consiglio regionale n. 207.7608 del 22 settembre 1981 e con la delibera di Giunta n. 174/26792, che hanno conferito i compiti suddetti al Servizio di immunologia dei trapianti, operante presso l'Istituto di genetica medica dell'Università di Torino. Da ciò consegue che lo Stato, oltre ad aver posto in essere un atto amministrativo illegittimo sotto molteplici profili (insufficienza e arbitrarietà dell'istruttoria, apodittica equiparazione dei trapianti di fegato a quelli di cuore, ingiustificata fissazione dei numero dei centri interregionali di riferimento in non più di due, etc.), si é illegittimamente sostituito alle regioni nell'esercizio di competenze spettanti a queste ultime adottando un atto amministrativo di cui si chiede consequenzialmente l'annullamento.

2.- Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la Regione Toscana ha sollevato analogo conflitto di attribuzione in relazione allo stesso decreto ministeriale menzionato nel punto precedente.

La ricorrente, premesso di aver già esercitato le competenze contestate e di aver già costituito un centro regionale di riferimento, rileva che l'affidamento, peraltro arbitrario e assolutamente privo di motivazione, delle attività di coordinamento delle operazioni di prelievo e di trapianto ai due centri interregionali di riferimento già operanti per il trapianto dei cuore, contrasterebbe con gli artt. 117 e 118 della Costituzione, come attuati dalla legge n. 644 del 1975, per i quali quelle attività di coordinamento spettano alle regioni o, nel peggiore dei casi, non sono previste dalla legge. Sta di fatto, continua la ricorrente, che il Ministro della sanità non ha il potere di istituire centri di coordinamento, nè quello di svolgere il coordinamento secondo modalità procedurali difformi da quanto previsto nelle leggi e con contenuti contrastanti con il principio di legalità. Pertanto, conclude la ricorrente, il decreto impugnato dovrebbe essere annullato in quanto attribuisce a centri da esso individuati attività di coordinamento dei prelievo e del trapianto dei fegato che la legge affida a centri regionali o interregionali. In ogni caso, aggiunge la ricorrente, ove l'atto impugnato fosse inquadrato fra gli atti di indirizzo e coordinamento o fra quelli sostitutivi, esso sarebbe parimenti illegittimo in quanto non rispetterebbe le forme richieste per l'esercizio delle rispettive competenze statali e, in particolare, il principio di legalità.

3.- Con ricorso notificato al Presidente dei Consiglio dei ministri e al Ministro della sanità, la Regione Valle d'Aosta ha sollevato analogo conflitto di attribuzione in relazione allo stesso decreto ministeriale oggetto dei precedenti giudizi.

La ricorrente, dopo aver Premesso che l'Unità sanitaria locale di Aosta si é convenzionata con il centro regionale di riferimento costituito nella Regione Piemonte, osserva che l'atto impugnato si pone in Contrasto con l'art. 3, lettera b (recte: lettera l), dello Statuto speciale della Valle d'Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), come attuato dalla legge n. 644 del 1975 e dal d.P.R. n. 409 del 1977, per il quale spettano alla predetta Regione le competenze in materia di sanità, assistenza ospedaliera e profilattica. Gli argomenti addotti dalla ricorrente a sostegno della propria richiesta di annullamento dell'atto impugnato sono analoghi a quelli svolti dal ricorso della Regione Piemonte, precedentemente riassunto, salva una particolare insistenza sul rilievo che il decreto ministeriale impugnato avrebbe stravolto il riparto delle competenze tra Stato e regioni operando una sorta di contadino tra i poteri di coordinamento spettanti al centro nazionale e quelli relativi alle attività operative di prelievo e di trapianto spettanti alle regioni.

4.- Con ricorso ritualmente notificato e depositato, analogo conflitto di attribuzione, avente ad oggetto lo stesso atto impugnato nei giudizi precedentemente indicati, é stato sollevato dalla Regione Emilia-Romagna.

La ricorrente, dopo aver premesso di aver già esercitato le competenze contestate (v. delibera conciliare n. 3039 del 14 febbraio 1990), rileva che gli artt. 117 e 118 della Costituzione, come attuati dalla legge n. 644 del 1975, escludono chiaramente dalle competenze spettanti al Ministro della sanità sia il potere di individuare e di costituire centri di riferimento regionali o interregionali, sia quello di determinare il numero massimo di tali centri, sia il potere di demandare autoritativamente a questi ultimi compiti di coordinamento delle attività di prelievo e di trapianto di fegato. Pertanto, poichè l'atto impugnato é stato adottato in assenza di qualsiasi fondamento normativo e si é sovrapposto in modo arbitrario e scoordinato all'esercizio di competenze spettanti alle regioni (prescindendo anche dalla base convenzionale richiesta dall'art. 13 della legge n. 644 del 1975), esso dev'essere ritenuto illegittimo per lesione della ripartizione delle competenze fra Stato e regioni operata in materia dalla Costituzione.

5.- Rispetto a tutti i predetti conflitti di attribuzione si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri per chiedere il rigetto dei ricorsi, facendo riserva di illustrare in successive memorie gli argomenti a sostegno delle proprie richieste, salvo a precisare di essere l'unico soggetto legittimato a contraddire ai suddetti ricorsi.

In Prossimità dell'udienza tutte le ricorrenti hanno depositato ulteriori memorie.

Le Regioni Piemonte e Valle d'Aosta insistono, in particolare, sulla contradditorietà del decreto impugnato e sulla carenza di potere del Ministro della sanità in ordine alla individuazione di centri interregionali dotati di compiti di coordinamento delle attività di prelievo e di trapianto del fegato. Le Regioni Toscana ed Emilia-Romagna rilevano che nel frattempo é intervenuta sentenza n. 467 del 1990 di questa Corte che, in un caso del tutto analogo, ha escluso che il Ministro della sanità sia competente a individuare centri interregionali di riferimento e ad attribuire loro compiti di coordinamento per il prelievo e il trapianto di organi.

7.- Nel corso dell'udienza pubblica, mentre tutte le ricorrenti si sono appellate alla sentenza appena citata, l'Avvocatura dello Stato, invece, ha negato l'identità dei conflitto in esame con quello risolto con la pronunzia indicata e ha ricordato sia che la maggioranza delle regioni non ha obiettato nulla rispetto al decreto impugnato, sia che negli Stati più evoluti d'Europa compiti di coordinamento delle attività di prelievo e di trapianto sono affidati a centri nazionali.

Considerato in diritto

1.-Le Regioni Piemonte, Toscana, Valle d'Aosta ed Emilia-Romagna hanno sollevato altrettanti conflitti di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro della sanità 3 aprile 1990, intitolato <Coordinamento delle attività di prelievo e trapianto di fegato in Italia>, sul presupposto che tale atto, nel disporre che <i compiti di coordinamento delle attività di prelievo e trapianto di fegato nei centri del nord e del centro Italia autorizzati all'espletamento di tali attività sono demandati al centro interregionale di riferimento del nord Italia Transplant>, si ponga in contrasto con le norme costituzionali (artt. 117 e 118 della Costituzione, nonchè art. 3, lettera l, dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta) che attribuiscono alle regioni competenze legislative e amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera.

Considerata l'identità o l'analogia dei conflitti di attribuzione sollevati con i ricorsi in esame, i relativi giudizi possono essere decisi con un'unica sentenza.

2. - I ricorsi vanno accolti.

Premesso che nei conflitti di attribuzione sollevati dalle regioni (o dalle province autonome) nei confronti dello Stato l'unico legittimato a resistere in nome e per conto di quest'ultimo è, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il Presidente del Consiglio dei ministri e che, tuttavia, l'ulteriore notifica al Ministro della sanità è un atto superfluo che non esige alcuna dichiarazione di inammissibilità, va subito precisato che i giudizi attuali presentano una forte analogia con il conflitto di attribuzione deciso da questa Corte con la recente sentenza n. 467 del 1990. Come allora il giudizio aveva ad oggetto un decreto del Ministro della sanità che attribuiva a un centro interregionale di riferimento da esso individuato compiti di coordinamento relativi ad attività propedeutiche o strumentali rispetto al trapianto di cuore (ricerche sierologiche, contatti con i centri di prelievo e di trapianto, collegamento funzionale tra attività di prelievo e di trapianto, costituzione e aggiornamento di un elenco nazionale di potenziali riceventi, etc.) e il conflitto verteva sul riparto di competenze fra Stato e regioni in materia di prelievo di parti di cadavere e di trapianto delle stesse a scopo terapeutico, così nei giudizi in esame è impugnato un ulteriore decreto del Ministro della sanità che attribuisce a un centro di riferimento interregionale da esso individuato compiti di coordinamento generalmente afferenti alle attività di prelievo e di trapianto di fegato, decreto rispetto al quale Stato e regioni confliggono in relazione alla distribuzione costituzionale delle medesime competenze coinvolte nel precedente giudizio. Non si può, dunque, negare che il caso deciso con la sentenza n. 467 del 1990 costituisca un precedente che è assolutamente identico per quanto riguarda la ripartizione delle competenze contestate e strettamente analogo per quel che concerne l'atto impugnato.

3. - Nella sentenza n. 467 del 1990 questa Corte ha sottolineato che, in tema di prelievo di parti di cadavere e di trapianto di organi a scopo terapeutico, la distribuzione delle competenze fra Stato e regioni è attualmente determinata dalla legge 2 dicembre 1975, n. 644, la quale, in virtù dell'espresso rinvio operato dall'art. 6, lettera 1, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio sanitario nazionale), contiene le norme interposte rispetto agli artt. 117 e 118 della Costituzione, che affidano alle regioni attribuzioni legislative e amministrative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera.

In base all'art. 13 della legge n. 644 del 1975, le regioni <promuovono la costituzione> dei centri regionali o interregionali di riferimento, ai quali è riservata la competenza relativa alla <individuazione dei soggetti idonei a ricevere il trapianto degli organi> e la cui istituzione e gestione sono regolate da convenzioni da stipularsi in ogni regione fra gli enti autorizza ti, ai sensi degli artt. 3 e 10 della stessa legge, ad effettuare i prelievi e i trapianti. Come risulta dalla complessiva architettura della legge ora citata (presente anche nell'interpretazione data in sede di attuazione dal d.P.R. 16 giugno 1977, n. 409), ai centri di riferimento regionali o interregionali, individuati e costituiti dalle regioni interessate sulla base di convenzioni stipulate fra gli enti autorizzati dal Ministro della sanità al prelievo e al trapianto, spettano compiti di supporto rispetto alle attività operative di erogazione dei relativi servizi sanitari svolte dagli enti convenzionati, fra i quali rientrano le funzioni attinenti al coordinamento organizzativo per l'effettuazione dei prelievi e dei trapianti, come la compilazione e l'aggiornamento dell'elenco dei soggetti in attesa di trapianto, la segnalazione di organi o parti disponibili per il trapianto, l'effettuazione della scelta del soggetto ricevente più idoneo, il collegamento scientifico e operativo con il centro nazionale di riferimento e con gli altri centri regionali per lo scambio di esperienze, metodologie, reagenti standards e così via. Tanto è vero ciò che la stessa legge n. 644 del 1975, laddove prevede il centro nazionale di riferimento (art. 14), non conferisce ad esso poteri direttamente afferenti alle attività di prelievo e di trapianto, se pure collocati al livello organizzativo più elevato, e cioé relativi al coordinamento delle attività stesse, ma ritaglia per esso una specifica competenza, quale la determinazione degli <standards genetici, biologici e tecnici necessari per stabilire la compatibilità fra soggetti donanti e soggetti riceventi il trapianto>.

Questa particolare ripartizione di competenze fra regioni e Stato, sulla cui opportunità questa Corte non ha alcun potere di sindacato, preclude al Ministro della sanità di svolgere compiti di coordinamento generale in materia di prelievo e di trapianto di organi ovvero di demandarli a enti o centri da esso individuati.

Come ha precisato la sentenza n. 467 del 1990, infatti, poteri del genere non potrebbero essere considerati impliciti nella diversa competenza ministeriale di autorizzare operazioni di prelievo e di trapianto, nè potrebbero essere imputati allo stesso Ministro in base a un supposto silenzio legislativo sul punto, dal momento che non si può riconoscere alcun potere ad autorità amministrative che non sia attribuito ad esse dalla legge. Sicchè, allo stato attuale della legislazione, il Ministro della sanità, oltre all'istituzione del centro nazionale di riferimento competente alla determinazione degli standards di cui all 'art . 14 della legge n. 644 del 1975, può soltanto richiedere e trasmettere informazioni e dati relativi al prelievo e al trapianto di organi, come, ad esempio, quelli attinenti alla disponibilità sul piano nazionale di organi o parti di cadavere utilizzabili per i trapianti. Infatti, secondo l'ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (v., tra le altre, sentt. nn. 294 del 1986, 201 del 1987, 730 del 1988, 338 del 1989 e 314 del 1990), il principio costituzionale della <leale cooperazione> fra regioni e Stato comporta che fra questi enti vi possano essere scambi reciproci di informazioni e dati, i quali, finchè restano nel loro proprio campo, non solo non sono di alcun pregiudizio per la ripartizione costituzionale delle competenze fra Stato e regioni, ma, anzi, agevolano e rendono più efficiente l'esercizio delle rispettive attribuzioni.

Sulla base dei ricordati principi, non vi può essere il minimo dubbio che spetta alle regioni il potere di individuare i centri di riferimento regionali e interregionali, ai quali competono le attività di supporto e di coordinamento organizzativo e tecnico (salva la fissazione degli standards di cui all'art. 14 della stessa legge) afferenti al prelievo e al trapianto di organi umani a scopo terapeutico. Deve ritenersi, pertanto, lesivo delle competenze in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera, attribuite alle regioni dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, il decreto 3 aprile 1990, con il quale il Ministro della sanità dispone che <i compiti di coordinamento delle attività di prelievo e trapianto di fegato nei centri del nord e del centro Italia autorizzati all'espletamento di tali attività sono demandati al centro interregionale di riferimento del nord Italia Transplant>. Per questa parte, cui è circoscritto l'oggetto dei giudizi attuali in considerazione dell'interesse ad agire delle regioni ricorrenti, l'anzidetto decreto va conseguenzialmente annullato.

Resta fermo, naturalmente, che l'annullamento ora pronunziato non può travolgere le convenzioni che abbiano legittimamente individuato e istituito come centro interregionale di riferimento il Centro del nord Italia Transplant.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta allo Stato demandare al centro interregionale di riferimento del nord Italia Transplant i compiti di coordinamento delle attività di prelievo e trapianto di fegato nei centri del nord e del centro Italia autorizzati all'espletamento di tali attività e, conseguentemente, annulla, per la parte riferita, il decreto del Ministro della sanità 3 aprile 1990 (Coordinamento delle attività di prelievo e di trapianto di fegato in Italia).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Antonio BALDASSARRE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 19/12/90.