Sentenza n. 430 del 1990

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SENTENZA N.430

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Lazio 19 gennaio 1983, n. 8 (Istituzione del Parco naturale regionale dell'Appennino Monti Simbruini), promosso con ordinanza emessa il 31 gennaio 1989 dal Commissario per la liquidazione degli usi civici per il Lazio, la Toscana e l'Umbria sul ricorso proposto dal Comitato civico contro l'inclusione del territorio di Camerata Nuova nel Parco naturale dell'Appennino <Monti Simbruini> ed altro contro la Regione Lazio - Consorzio gestione Parco regionale <Monti Simbruini>, iscritta al n. 291 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di costituzione del Comitato civico nonchè l'atto di intervento della Regione Lazio;

udito nell'udienza pubblica del 10 luglio 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni; udito l'avv. Achille Chiappetti per la Regione Lazio.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza del 31 gennaio 1989 il Commissario per la liquidazione degli usi civici per il Lazio, la Toscana e l'Umbria ha sollevato, in riferimento agli artt. 42, 117 e 118 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Lazio 29 gennaio 1983, n. 8, istitutiva del Parco naturale regionale dei Monti Simbruini, nella parte in cui subordina all'autorizzazione della Giunta regionale l'esercizio degli usi civici nel comprensorio del detto Parco.

Il giudizio a quo é stato promosso dal "Comitato civico contro l'inclusione del territorio di Camerata Nuova nel parco naturale dell'Appennino Monti Simbruini" e dallo stesso Comune di Camerata Nuova per ottenere una sentenza di accertamento dell'esistenza e della perdurante operatività degli usi civici di pascolo e di legnatico sul territorio di tale Comune.

La rilevanza dell'incidente di costituzionalità é motivata sul riflesso che una formale dichiarazione dell'esistenza degli usi civici dovrebbe limitarsi a sancirne l'astratta titolarità, peraltro non contestata, senza poterne garantire il concreto esercizio, subordinato dalla legge impugnata ad autorizzazione regionale.

Nel merito il giudice a quo lamenta che la Regione Lazio si sarebbe attribuita un potere di autorizzazione che lo Stato non le ha trasferito e non poteva trasferirle perchè i suoi stessi organi (Ministro dell'agricoltura e Commissario per gli usi civici) ne erano privi, non essendo contemplato da alcuna disposizione di legge, nè attribuito dalla Costituzione alle regioni. Invero siffatto potere é incompatibile con un diritto soggettivo perfetto quale é il diritto di uso civico, e in caso di denegata autorizzazione si risolve in una espropriazione senza indennizzo.

Vero é che il successivo art. 10 della citata legge regionale prevede un regolamento di attuazione che dovrà stabilire norme per l'esercizio degli usi civici esistenti, ma il regolamento non é stato finora emanato, così che il regime autorizzatorio provvisoriamente disposto dall'art. 8 si prolunga indefinitivamente.

2.- Nel giudizio davanti alla Corte si sono costituiti il predetto Comitato civico e il Comune di Camerata Nuova aderendo alle argomentazioni dell'ordinanza di rimessione e concludendo per l'accoglimento della questione.

3.- É intervenuto il Presidente della Regione Lazio chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata. Inammissibile perchè causa principale, avendo per oggetto l'accertamento dell'esistenza degli usi civici pretesi della popolazione del Comune di Camerata, può essere decisa indipendentemente dall'applicazione della norma denunciata; infondata perchè il procedimento autorizzativo, del resto previsto solo in via transitoria, non é altro che l'esplicitazione di un limite da cui i diritti di uso civico sono già gravati, dovendo il loro esercizio subordinarsi alle esigenze di tutela dell'ambiente e coordinarsi con l'interesse pubblico al godimento dei beni ecologici.

Considerato in diritto

1. -Il Commissario per la liquidazione degli usi civici per il Lazio ritiene contrastante con gli artt. 42, 117 e 118 della Costituzione l'art. 8 della legge della Regione Lazio 29 gennaio 1983, n. 8, istitutiva del Parco naturale regionale dei Monti Simbruini, nella parte in cui, fino all'entrata in vigore del piano di assetto, del programma e del regolamento di attuazione, subordina ad autorizzazione della Giunta regionale l'esercizio degli usi civici nel comprensorio del Parco.

Va disattesa preliminarmente l'eccezione di inammissibilità opposta dalla Regione Lazio. É vero che la domanda dei ricorrenti (<accertare e dichiarare che esistono e sono ancora operanti gli usi civici di pascolo e di legnatico sul territorio del Comune di Camerata Nuova compreso nel Parco>), presa alla lettera, può essere decisa indipendentemente dalla sollevata questione di costituzionalità. Ma giustamente il giudice remittente, andando oltre la lettera , ha interpretato il petitum come rivolto a ottenere l'accertamento non solo della titolarità degli usi civici di pascolo e legnatico in favore della popolazione del Comune di Camerata Nuova, ma anche della non dipendenza del loro esercizio dall'autorizzazione dell'autorità regionale. Così interpretata, la domanda non può essere accolta se non previa dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata.

2. - La questione non è fondata.

La valutazione del giudice a quo, secondo cui la Regione Lazio si sarebbe arrogata un potere che non le spetta, non essendo compreso tra quelli trasferiti o delegati dallo Stato, nè potendo esserlo perchè non spettante originariamente nemmeno a quest'ultimo, non tiene conto dell'evoluzione dell'ordinamento in materia di usi civici. Non solo l'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431 (integrativo dell'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) ha assoggettato a vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, le terre gravate da usi civici, attribuendo alle regioni il potere-dovere di sottoporle a specifica normativa d'uso per la tutela e la valorizzazione delle bellezze naturali, ma la giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto alle regioni una competenza concorrente con quella statale per il conseguimento delle più ampie finalità connesse con la tutela costituzionale del paesaggio (art. 9 Cost.), intesa nel senso lato di tutela ecologica (cfr. sentenza n. 391 del 1989). Tale competenza legittima l'intervento della legislazione regionale nella definizione dei modi di godimento e dei limiti dei diritti di proprietà sui beni di interesse ecologico per assicurarne la funzione sociale (art. 42, secondo comma, Cost.), alla quale sono soggetti anche i demani civici considerati sotto l'aspetto privatistico dei diritti di godimento attribuiti ai singoli.

Pertanto l'autorizzazione prevista dalla norma impugnata rientra nelle funzioni amministrative di <controllo sulla gestione dei terreni boschivi e pascolivi di appartenenza di comuni, frazioni e associazioni> trasferite alle regioni in materia di usi civici ai sensi dell'art. 1, terzo comma, del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, in connessione con le funzioni concernenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve e i parchi naturali di cui all'art. 83 del d.P.R. n. 616 del 1977.

3.-Non si può dire che il limite in questione eccede l'ambito normativo dell'art. 42, secondo comma, Cost., in quanto <si risolve, in caso di denegata autorizzazione, in una espropriazione de facto senza indennizzo>.

Poichè è disposto da una norma transitoria <fino all'entrata in vigore... del regolamento di attuazione> previsto dall'art. 10, il quale <dovrà stabilire norme per l'esercizio degli usi civici esistenti>, il requisito dell'autorizzazione regionale non incide sulla titolarità del diritto, ma opera soltanto come strumento provvisorio di determinazione delle modalità di luogo, di tempo e di quantità del suo esercizio, al fine di coordinarlo con l ' interesse pubblico alla conservazione dell'ambiente e alla fruizione dei beni ecologici in esso compresi.

L'esclusione dell'indennizzo è giustificata per la considerazione che trattasi di una categoria di beni <originariamente di interesse pubblico perchè naturalmente paesistici> e condizionati a limitazioni di godimento secondo un particolare regime, <al quale rimane del tutto estranea la materia dell'espropriazione> (cfr. sentenze nn. 9 del 1973 e 648 del 1988).

In attesa dell'emanazione di norme regolamentari, alla quale l'autorità regionale dovrebbe provvedere al più presto, tale regime può esplicarsi con atti autorizzatori, soggetti al controllo del giudice, il carattere di generalità del limite essendo assicurato anche per questa via dai princìpi di uniformità e di imparzialità dell'azione amministrativa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art . 8 della legge della Regione Lazio 29 dicembre 1983, n. 8 (Istituzione del Parco naturale regionale dell'Appennino Monti Simbruini), sollevata, in riferimento agli artt. 42, 117 e 118 della Costituzione, dal Commissario per la liquidazione degli usi civici per il Lazio, la Toscana e l'Umbria con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/09/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 03/10/90.