Ordinanza n. 422 del 1990

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ORDINANZA N.422

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 22 giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a favore del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), e dell'art. 1 della legge 15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione dell'indennità giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali), promosso con ordinanza emessa il 7 novembre 1989 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione di Catania, sul ricorso proposto da Di Mauro Alfio ed altro contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, iscritta al n. 245 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'11 luglio 1990 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto che nel corso di un giudizio in cui i ricorrenti, appartenenti al ruolo del personale amministrativo direttivo del Consiglio di Stato e dei Tribunali amministrativi regionali, avevano richiesto la corresponsione dell'indennità già prevista per i magistrati dall'art. 1 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, e quindi estesa al personale degli uffici giudiziari con decorrenza 1° gennaio 1988, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione di Catania, con ordinanza emessa il 7 novembre 1989, rilevato che nelle more di giudizio era sopravvenuta la legge n. 51 del 1989 (estensiva anche ai ricorrenti dell'indennità in parola), ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 della legge 22 giugno 1988, n. 221, ed 1 della legge 15 febbraio 1989, n. 51;

che secondo il giudice a quo, l'attribuzione dell'indennità con decorrenza diversa (1o gennaio 1989) rispetto a quella riconosciuta al personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie (1o gennaio 1988) sarebbe del tutto irrazionale e contrasterebbe con la logica del sistema giurisdizionale italiano che, seppure articolato in quattro ordini distinti, risulterebbe funzionalmente unitario;

che anzi proprio l'estensione dell'indennità spettante ai magistrati porrebbe in evidenza la correlazione tra l'erogazione disposta ed i compiti di supporto amministrativo svolti dai beneficiari, i quali avrebbero perciò tutti indistintamente diritto al trattamento dalla medesima decorrenza;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per la declaratoria d'infondatezza della questione, rilevando tra l'altro come la perequazione ora raggiunta non debba necessariamente essere ottenuta con effetti istantanei e traverso un unico intervento legislativo.

Considerato che questa Corte ha già affermato la razionalità di un'erogazione differenziata nel tempo della speciale indennità introdotta in favore dei magistrati ordinari con l'art. 2 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, e successivamente estesa ai magistrati amministrativi e della giustizia militare, nonchè agli avvocati e procuratori dello Stato dall'art. 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425 (cfr. ordinanza n. 1083 del 1988);

che, in proposito, si è richiamata la generale finalità perequativa perseguita attraverso la legge citata da ultimo, in quanto volta a garantire un quadro di generale equilibrio delle retribuzioni di tutti i magistrati (cfr. sentenza n. 413 del 1988);

che considerazioni del tutto analoghe si impongono con riguardo alla concessione dell'indennità in argomento (sia pure con diverse modalità di erogazione) ai cancellieri e segretari giudiziari prima e, ad un anno di distanza, al personale amministrativo delle magistrature speciali, risultando evidente come il raggiungimento di un maggior livello di funzionalità delle strutture giudiziarie abbia comportato una discrezionale gradualità nell'attribuzione dei benefici economici agli interessati, in ragione del diverso grado di urgenza che caratterizza i vari settori (ed avuto prioritariamente riguardo, per gli uffici giudiziari, all'impegno richiesto dal nuovo codice di procedura penale);

che pertanto la questione è manifestamente infondata sia in riferimento alla specifica problematica, sia alla stregua del generale principio secondo cui un mutamento favorevole del trattamento di una categoria non implica necessariamente una automatica ed istantanea violazione dell'art. 36 della Costituzione nei confronti di un'altra categoria (cfr. sentenza n. 376 del 1988).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 22 giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a favore del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), e dell'art. 1 della legge 15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione dell'indennità giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione di Catania, con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/09/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 27/09/90.