Ordinanza n. 421 del 1990

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ORDINANZA N.421

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 247 delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del vigente codice di procedura penale (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) e artt. 438 e 448 dello stesso codice, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 13 dicembre 1989 dalla Corte d'appello di Bari nel procedimento penale a carico di Luvera Consolato ed altro iscritta al n. 315 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23/1a s.s. dell'anno 1990;

2) ordinanza emessa il 14 dicembre 1989 dalla Corte d'appello di Bari nel procedimento penale a carico di Del Frate Maurizio ed altri, iscritta al n. 316 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23/1a s.s. dell'anno 1990.

Udito nella camera di consiglio dell'11 luglio 1990 il Giudice relatore Renato Dell'Andro.

Ritenuto che la Corte d'appello di Bari, con due ordinanze del 13 e del 14 dicembre 1989, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 247 delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del vigente codice di procedura penale (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) nella parte in cui non estende l'esperibilità del giudizio abbreviato, di cui agli artt. 438 e seguenti del nuovo codice di procedura penale anche ai procedimenti in corso, in grado d'appello, al momento della sua entrata in vigore;

b) dell'art. 438 del vigente codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la rimovibilità del dissenso del pubblico ministero, da parte del giudice, per l'esperibilità del giudizio abbreviato, così come previsto dall'art. 448 per l'istituto dell'applicazione della pena su richiesta delle parti.

Considerato che, per l'identità delle questioni sollevate, i giudizi possono essere riuniti;

che-in ordine alla questione sub a)-questa Corte, con sentenza n. 277 del 1990, ha dichiarato non fondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 247 delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del vigente codice di procedura penale (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) nella parte in cui limita l'ammissibilità del giudizio abbreviato ai procedimenti in corso alla data d'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale nei quali non siano state compiute le formalità d'apertura del dibattimento di primo grado;

che, in particolare, nella citata sentenza la Corte ha fra l'altro sottolineato l'<inscindibile unità finalistica> della disposizione di cui al citato art. 247, osservando che la riduzione della pena in tanto è consentita in quanto è diretta a sollecitare la richiesta, da parte dell' imputato, dell'attivazione d'un istituto inteso ad assicurare la rapida definizione del maggior numero di processi; divenuto, invece, impossibile, con l'apertura del dibattimento di primo grado, raggiungere le finalità che il legislatore si prefigge, diventa conseguentemente e razionalmente impossibile all'imputato realizzare il c.d. <diritto> alla riduzione della pena;

che, essendo, appunto, lo scopo dell'istituto del giudizio abbreviato l'esclusione della fase dibattimentale, è del tutto razionale che, per i procedimenti in corso all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, tali istituti siano stati resi applicabili soltanto quando il loro scopo possa essere interamente perseguito;

che la precitata sentenza ha altresì aggiunto che irrazionale sarebbe semmai l'applicabilità del giudizio abbreviato dopo l'apertura del dibattimento di primo grado; giacchè in tal caso i benefici concessi all'imputato non sarebbero più giustificati nè dallo scopo (ormai impossibile) d'eliminare la fase dibattimentale nè dal rischio assunto dall'imputato (il quale si troverebbe nella comoda situazione di decidere dopo che il pubblico ministero ha già offerto le sue prove e comunque dopo aver potuto valutare l'andamento del dibattimento stesso);

che identica questione di legittimità costituzionale dell'art. 247 del decreto legislativo n. 271 del 1989, proprio nella parte in cui non consente all'imputato di richiedere il giudizio abbreviato per i procedimenti in corso in grado d'appello all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25 Cost., dalla Corte d'appello di Ancona con ordinanza del 3 novembre 1989 (Reg. ord. n. 271/1990) è stata dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 361 del 1990;

che, pertanto, non è producente il confronto fra imputati per i quali il dibattimento di primo grado sia stato o non sia stato ancora aperto o fra imputati che hanno pendenze penali in primo grado o in grado d'appello, appunto perchè si tratta di situazioni oggettivamente diverse;

che, di conseguenza, la questione di legittimità costituzionale sub a) va dichiarata manifestamente infondata;

che-in ordine alla questione sub b)-la stessa è stata sollevata in procedimenti già in corso alla data d'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale;

che analoghe questioni di legittimità costituzionale-aventi ad oggetto l'art. 438 del vigente codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero sia tenuto a motivare il proprio dissenso sulla richiesta dell'imputato d'essere giudicato con rito abbreviato e nella parte in cui non permette al giudice, una volta ritenuto il dissenso ingiustificato, d'applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442 del codice di procedura penale-sono state dichiarate da questa Corte inammissibili per irrilevanza con la sentenza n. 66 del 1990 e manifestamente inammissibili con le ordinanze nn. 173, 174, 208, 210 e 253 del 1990, per il motivo che, per quanto riguarda i procedimenti in corso alla data d'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, la possibilità di far luogo al giudizio abbreviato è appositamente disciplinata dall'art. 247 delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del vigente codice di procedura penale (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) e che quindi nei detti procedimenti l'art. 438 del vigente codice di procedura penale non può ricevere diretta applicazione, data l'autonomia della disciplina transitoria in materia rispetto alla corrispondente disciplina codicistica;

che, di conseguenza, la questione di legittimità costituzionale sub b) va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 247 delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del vigente codice di procedura penale (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dalla Corte d'appello di Bari con le ordinanze indicate in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 438 del vigente codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dalla Corte d'appello di Bari con le medesime ordinanze.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/09/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Renato DELL'ANDRO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 27/09/90.