Sentenza n. 412 del 1990

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SENTENZA N.412

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 28, primo e terzo comma, e 29 delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni (testo approvato con d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448) e dell'art. 30 delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272) promosso con ordinanza emessa il 12 marzo 1990 dal Tribunale per i minorenni di Roma nel procedimento penale a carico di Mancini Patrizio ed altro, iscritta al n. 217 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. l9/1a s.s. dell'anno 1990. Visto l'atto d'intervento del Presidente del consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1990 il Giudice relatore Renato Dell'Andro.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza emessa il 12 marzo 1990 il Tribunale per i minorenni di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 28, primo comma, delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni (testo approvato con d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448) e dell'art. 30 delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272) in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui per i reati puniti con la pena dell'ergastolo é esclusa l'applicazione dell'istituto della sospensione del processo per la messa in prova della personalità dell'imputato;

b) del terzo comma del predetto art. 28 e del citato art. 30, in riferimento agli artt. 24 e 112 Cost., nella parte in cui é esclusa l'impugnazione nel merito dell'ordinanza di sospensione del processo;

c) dell'art. 29 delle stesse disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni e del precitato art. 30, in riferimento agli artt. 70 e 76 Cost., nella parte in cui é prevista l'esenzione del reato in caso di esito positivo della prova, per eccesso di delega rispetto alla legge di delegazione 16 febbraio 1987, n. 81.

Osserva preliminarmente il Tribunale, in ordine alla rilevanza delle questioni, che il collegio ha investito i servizi sociali del compito d'elaborare un progetto ai sensi dell'art. 27 del decreto legislativo n. 272 del 1989, al fine d'eventualmente disporre la sospensione del processo. Successivamente, peraltro, il difensore di parte civile ha eccepito l'inammissibilità dell'istituto al caso di specie trattandosi di reato (omicidio aggravato) punito con l'ergastolo, mentre il pubblico ministero ha sottolineato alcuni profili d'incostituzionalità degli artt. 28 e 29 del d.P.R. n. 448 del 1988 e 30 del decreto legislativo n. 272 del 1989. Le sollevate questioni di legittimità costituzionale appaiono pertanto rilevanti poichè il Tribunale deve sciogliere la riserva sull'applicabilità dell'istituto e conseguentemente sull'emanazione dell'ordine di sospensione del processo.

Quanto al merito della prima questione, il Tribunale ritiene che la lettera dei primo comma dei citato art. 28 non consenta d'applicare l'istituto in esame agli imputati di reati puniti con la pena dell'ergastolo. Trattandosi, infatti, di pena diversa dalla reclusione ed applicabile ai minori imputati di omicidio aggravato quando le aggravanti vengano considerate prevalenti sulla diminuente della minore età, qualora il legislatore avesse ritenuto applicabile l'istituto senza alcun limite, avrebbe dovuto menzionare espressamente l'ergastolo o, comunque, statuire che nella determinazione della pena doveva tenersi conto della diminuente della minore età.

Orbene, a parere del giudice a quo, l'esclusione dell'istituto per i reati puniti con l'ergastolo determina una violazione dell'art. 3 Cost. L'istituto stesso, infatti, ha come finalità quella della necessità per il giudice di "valutare la personalità del minorenne" ed é quindi destinato a trovare applicazione in situazioni, quali quelle del caso di specie, in cui in concreto la diminuente della minore età é prevalente rispetto alle aggravanti. Consegue che, soltanto in forza di un'astratta contestazione, situazioni sostanzialmente analoghe (imputato di omicidio semplice e imputato di omicidio aggravato con subvalenza o inesistenza delle aggravanti) vengono irrazionalmente ad essere diversamente regolate.

Oltre alla disparità di trattamento, sempre a parere del Tribunale remittente, v'é anche la non ragionevolezza dell'esclusione dell'istituto nei confronti di minori imputati di reati punibili con l'ergastolo, risultando incomprensibile l'inapplicabilità dell'istituto ad ipotesi di reato particolarmente gravi nelle quali l'accertamento della personalità dei minore é certamente più necessario, se non addirittura indispensabile.

In ordine alla seconda questione, il Tribunale osserva che la norma di cui al terzo comma del citato art. 28, nella parte in cui esclude l'impugnazione nel merito dell'ordinanza di sospensione dei processo, appare in contrasto con gli artt. 24 e 112 Cost.

Da un lato, infatti, l'ordinanza di sospensione si risolve in una limitazione anche pregnante della libertà personale e quindi costituisce violazione del diritto di difesa la mancata previsione d'una immediata impugnativa nel merito del provvedimento. Da un altro lato, il pubblico ministero non ha la possibilità di concludere nel merito nè di far valere, attraverso un'impugnativa nel merito, il suo dissenso dall'applicazione d'un istituto che può comportare l'estinzione del reato.

In ordine alla terza questione, il Tribunale osserva che l'art. 29 del d.P.R. n. 448 del 1988 é in totale contrasto con la legge delega, la quale non ha assolutamente previsto che all'esito del periodo di sospensione il giudice possa dichiarare estinto il reato ma ha semplicemente disposto il "dovere del giudice di valutare la personalità del minore sotto l'aspetto psichico, sociale ed ambientale, anche ai fini dell'apprezzamento dei risultati di sostegno disposti" e la "facoltà del giudice di sospendere il processo per un tempo determinato, nei casi suddetti" e nulla di più. La norma delegante, quindi, non consente l'introduzione nell'ordinamento d'una nuova causa estintiva del reato costituita dall'esito positivo della prova.

2.- Nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile od infondata.

In ordine alla prima questione, l'Avvocatura osserva che - volendo aderire all'interpretazione da cui parte l'ordinanza di rimessione - poichè l'istituto del probation appartiene al diritto premiale, non sussisterebbe alcuna irragionevolezza se il legislatore avesse scelto di non ammettere al beneficio i delitti della massima gravità, come quelli puniti con l'ergastolo.

Senonchè, a parere dell'Avvocatura, il primo comma del citato art. 28 deve essere interpretato in senso diverso, dal momento che esso non pone alcun limite al potere discrezionale del giudice di disporre la sospensione del processo "quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova disposta a norma del secondo comma".

Il riferimento alla pena prevista per il reato per il quale si procede é infatti contenuto soltanto nel secondo periodo del comma citato, il quale commisura la durata massima della sospensione del processo all'entità della pena suddetta. Consegue che dall'omessa menzione, in quest'ultima disposizione, dei reati punibili con l'ergastolo non può farsi discendere l'esclusione di tali reati dall'ambito d'applicazione del probation.

D'altra parte, dall'esame dei lavori preparatori non si ricava alcun indizio della volontà del legislatore di non consentire l'applicazione generalizzata dell'istituto, scelta questa che, proprio perchè in contraddizione con le particolari finalità del probation, avrebbe dovuto comportare almeno l'illustrazione delle ragioni dell'esclusione della sua applicazione per alcune categorie di reati.

Quanto alla seconda questione, l'Avvocatura osserva preliminarmente che essa é irrilevante, non esistendo attualmente un'ordinanza di sospensione del processo impugnabile; ed é comunque infondata perchè il diritto d'impugnazione nel merito dei provvedimenti del giudice non costituisce esplicazione necessaria del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., nè é espressione di altro principio costituzionale.

D'altra parte, l'obbligo di sentire le parti, previsto dall'art. 28, primo comma, é posto a garanzia d'un pieno coinvolgimento delle parti stesse nella formazione del convincimento del giudice sulla necessità ed opportunità della prova e sull'idoneità del progetto.

Non si comprende poi il richiamo all'art. 112 Cost. in quanto il provvedimento di sospensione può intervenire solo dopo che il pubblico ministero abbia esercitato l'azione penale.

Quanto alla terza questione, l'Avvocatura osserva che anch'essa é irrilevante, perchè nel giudizio a quo non può ancora parlarsi d'estinzione dei reato; ed é comunque infondata perchè Proprio l'assenza di direttiva vincolanti sul punto indica la volontà del legislatore delegante di rimettere alla discrezionalità del Governo la definizione dell'epilogo processuale del probation e dei suoi effetti sul piano sostanziale.

Considerato in diritto

1.-Delle tre questioni di legittimità costituzionale sollevate dall'ordinanza di rimessione, di cui in narrativa, la prima da decidere è quella relativa agli artt. 28, primo comma, del d.P.R. n. 448/88 e 30 del decreto legislativo n. 272/89, con riferimento all 'art. 3 Cost. , nella parte in cui escludono l'applicabilità dell'istituto della sospensione del processo e della messa in prova della personalità del minorenne, di cui al primo comma del precitato art. 28 del d.P.R. n. 448/88.

A dire il vero, già il contrasto tra la premessa dalla quale parte il giudice a quo nel sollevare l'eccezione di legittimità costituzionale (esclusione, da parte del legislatore del 1988, dell'applicabilità dell'istituto della sospensione del processo per la <messa in prova> del minorenne alle ipotesi di reati punibili con la pena dell'ergastolo) e la legge delega (art. 3, lett. e) che non pone alcuna limitazione, come esattamente riconosce lo stesso giudice, all'applicabilità dell'istituto in esame in ragione del tipo di reato contestato al minorenne, avrebbe dovuto indurre a ripensare alla premessa, sopra accennata, dalla quale parte l'ordinanza di rimessione. Un contrasto così evidente e grave tra legge delega e decreto delegato rimarrebbe davvero senza giustificazione e dovrebbe subito esser sanato, nelle dovute forme, a parte il riferimento all'art. 3 Cost. E si tenga conto che l'art. 3, lett. e) della legge 16 febbraio 1987, n. 81 è, in proposito, inequivoco: <dovere del giudice di valutare compiutamente la personalità del minorenne sotto l'aspetto psichico, sociale ed ambientale, anche ai fini dell'apprezzamento dei risultati degli interventi di sostegno disposti; facoltà del giudice di sospendere il processo per un tempo determinato, nei casi suddetti...>.

Lo stesso giudice a quo, peraltro, esattamente rileva l'incomprensibilità di rendere inapplicabile l'istituto in esame nei confronti di minorenni proprio nelle ipotesi dei più gravi reati nelle quali l'accertamento in ordine alla personalità del minore è sicuramente più necessario, se non indispensabile.

Insomma, e lo rileva la stessa ordinanza di rimessione, l'innovazione più significativa e coraggiosa operata dal nuovo codice di procedura penale non troverebbe applicazione proprio nei casi più gravi in cui essa innovazione è più che mai necessaria, la stessa gravità del reato non potendo escludere, in un minorenne, un eccezionale, non più ripetibile, momento di anomalo sviluppo della personalità.

Nel predetto quadro acquistano ancor più rilievo le oggettive ragioni che non consentono d'aderire all'interpretazione che degli articoli impugnati offre l'ordinanza di rimessione.

É ben vero che l'ergastolo è pena di specie diversa dalla reclusione. Ma già l'analisi letterale del primo comma dell'art. 28 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 induce a conclusioni diverse da quelle assunte, in proposito, dall'ordinanza di rimessione.

Il predetto comma si compone, infatti, di due distinti periodi, nel primo dei quali si determina ed enuncia il generale potere discrezionale del giudice, allorchè ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all'esito della prova, di sospendere il processo. Or in tal periodo nulla, proprio nulla, si dice in ordine ad eventuali limiti all'esercizio del predetto potere discrezionale.

É nel secondo periodo dello stesso comma, intatto ed intero rimanendo il già conferito potere discrezionale del giudice, che, dovendosi differenziare la disciplina dell'istituto (in particolare, la durata della sospensione del processo: giammai l'ambito materiale del predetto potere discrezionale) si fa riferimento alla durata della pena detentiva, ovviamente, per stabilire una durata di sospensione del processo più lunga per le ipotesi di reati puniti con pena più grave.

La mancanza, durante i lavori preparatori degli articoli impugnati, del benchè minimo accenno ad un dubbio sull'applicazione generalizzata dell'istituto; la perfetta coerenza della scelta legislativa con le peculiari finalità del probation, oltre alle ragioni innanzi esposte, relative alla coerenza della predetta scelta con le indicazioni della legge delega, convincono che la questione di legittimità costituzionale ora discussa è da dichiararsi non fondata in quanto gli articoli impugnati già consentono l'applicabilità dell'istituto della sospensione del processo per la messa in prova del minorenne anche allorchè si proceda per reati punibili con la pena dell'ergastolo.

2.-Le altre due questioni di legittimità costituzionale, sollevate dall'ordinanza di rimessione in epigrafe specificata, la prima relativa agli artt. 28, terzo comma, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 e 30 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, in riferimento agli artt. 24 e 112 Cost., la seconda relativa agli artt. 29 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 e 30 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, nella parte in cui è prevista l'estinzione del reato in caso di esito positivo della prova, in riferimento agli artt. 70 e 76 Cost., per eccesso di delega rispetto all'art. 3 lett. e) della legge 16 febbraio 1987, n. 81, devono essere dichiarate inammissibili in quanto, allo stato, irrilevanti.

Va, infatti, osservato che non risulta emessa, nel giudizio a quo, alcuna ordinanza di sospensione del processo di cui in narrativa: nè poteva essere emessa, essendo stato sollevato, appunto dalla stessa ordinanza di rimessione, dubbio sulla legittimità costituzionale dell'applicabilità dell'istituto della sospensione del processo per la messa in prova del minorenne, nell'ipotesi in cui si proceda, come nella specie, per reato punibile con la pena dell'ergastolo.

E poichè, non essendo stata emessa l'ora indicata ordinanza di sospensione processuale, è, ovviamente, intempestiva e, pertanto, irrilevante, anche ogni discussione di merito in ordine alla legittimità costituzionale degli effetti (peraltro ipotetici) della stessa ordinanza, anche la seconda questione indicata nel n. 2) di questa decisione, va dichiarata inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale per i minorenni di Roma, con ordinanza del 12 marzo 1990, relativa agli artt. 28, primo comma, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 e 30 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, nella parte in cui escludono, per i reati puniti con la pena dell'ergastolo, l'applicabilità dell'istituto della sospensione del processo per la messa in prova della personalità dell'imputato;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata dalla precitata ordinanza del Tribunale per i minorenni di Roma, in riferimento agli artt. 24 e 112 Cost., relativa agli artt. 28, terzo comma, del citato d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 e 30 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, nella parte in cui escludono l'impugnazione nel merito dell'ordinanza di sospensione del processo;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale, sollevata, in riferimento agli artt. 70 e 76 Cost., relativa agli artt. 29 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 e 30 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, nella parte in cui prevedono l'estinzione del reato in caso di esito positivo della prova.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/09/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Renato DELL'ANDRO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 27/09/90.