Ordinanza n. 407 del 1990

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ORDINANZA N.407

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 17, comma 4o, e 18, comma 5o, della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), promosso con ordinanza emessa il 29 novembre 1989 dal Pretore di Parma nel procedimento civile vertente tra Bazini Piero e la Cassa nazionale di previdenza avvocati e procuratori, iscritta al n. 244 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di costituzione della Cassa nazionale di previdenza avvocati e procuratori nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'11 luglio 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso dall'avv. Piero Bazini contro la Cassa nazionale di previdenza avvocati e procuratori, il Pretore di Parma, con ordinanza del 29 novembre 1989, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 17, quarto comma, e 18, quinto comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576, in quanto sanzionano l'omissione o il ritardo della prescritta comunicazione del reddito professionale prodotto nell'anno precedente, con conseguente mancato o ritardato pagamento dei contributi dovuti, sia con l'obbligo di versare alla Cassa, oltre ai contributi dovuti, una somma di pari ammontare, sia con l'obbligo di corrispondere gli interessi di mora su entrambe le somme;

che il cumulo delle <due misure risarcitorie> è ritenuto dal giudice remittente irrazionale, perchè sanziona due volte lo stesso fatto di inadempimento, vessatorio perchè l'ammontare complessivo del risarcimento è <di gran lunga superiore al danno presumibile che effettivamente può derivare dall'inadempimento>;

che nel giudizio davanti alla Corte si è costituita la Cassa predetta chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall' Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.

Considerato che l'eccezione di inammissibilità per aberratio ictus, opposta dall'Avvocatura dello Stato, non può essere accolta perchè nella specie gli interessi di mora non sono regolati dall'art. 18, quarto comma, della legge citata, il quale concerne l'ipotesi di mero ritardo del pagamento dei contributi alle scadenze dovute, bensì dal quinto comma, concernente l'ipotesi di ritardo del pagamento collegata all'inadempimento del l'obbligo di comunicazione previsto dall'art. 17;

che va respinta anche l'altra eccezione di inammissibilità formulata sulla base di una pretesa violazione del principio di eguaglianza prospettata dalla parte privata, ma non condivisa dal giudice;

che l'argomentazione svolta nell'ordinanza di rimessione identifica la fattispecie dell'art. 18, quinto comma, con la fattispecie dell'art. 17, quarto comma, mentre si tratta di fatti distinti, benchè connessi, l'uno costituito dall'inottemperanza dell'obbligo di comunicazione sopraddetto, l'altro dal conseguente ritardo del pagamento dei contributi dovuti: la prima violazione è colpita da una sanzione pecuniaria amministrativa pari al l'ammontare dei contributi evasi (ridotta a un quarto se la comunicazione tardiva segue entro novanta giorni dalla scadenza), mentre per la seconda è prevista, a titolo di sanzione civile e con funzione di sopratassa, una maggiorazione degli interessi moratori mediante retrodatazione della loro decorrenza al 1° gennaio dell'anno in cui deve essere eseguita la comunicazione;

che pertanto tale sistema sanzionatorio non contrasta col principio ne bis in idem, nè appare sproporzionato alla gravità delle infrazioni commesse dall'iscritto, essendo congegnato secondo criteri analoghi a quelli adottati dalla legislazione fiscale.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 12 marzo 1953, n. 89, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 17, quarto comma, e 18, quinto comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Parma con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/07/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 31/07/90.