Ordinanza n. 406 del 1990

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ORDINANZA N.406

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 7, 8 e 16 della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità dei magistrati), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 6 maggio 1988 dalla Commissione tributaria di primo grado di Bologna sui ricorsi riuniti proposti dalla S.a.S. Eternedile Commerciale di Nessi G. e C. ed altri contro l'Ufficio delle imposte dirette di Bologna, iscritta al n. 311 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1990;

2) ordinanza emessa il 6 maggio 1988 dalla Commissione tributaria di primo grado di Bologna sui ricorsi riuniti proposti dalla S.p.A. S.E.C.I. e l'Ufficio delle imposte dirette di Bologna, iscritta al n. 312 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'11 luglio 1990 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

Ritenuto che la Commissione tributaria di primo grado di Bologna, con due ordinanze in data 6 maggio 1988 (R.O. nn. 311 e 312 del 1990) ha sollevato questione di legittimità costituzionale:

a) dell'art. 16 della legge 13 aprile 1988, n. 117, perchè la verbalizzazione delle decisioni degli organi giudiziari collegiali contrasterebbe con gli artt. 3 e 101 Cost., sotto il profilo che la mancanza di segretezza conseguente alla verbalizzazione violerebbe l'indipendenza del giudice;

b) degli artt. 1, 7, 8 e 16 di detta legge, in riferimento agli artt. 3 e 101 Cost., perchè sarebbe irragionevole e lesivo dell'indipendenza del giudice, nel caso di dissenso su una questione pregiudiziale, ritenuta infondata a maggioranza, rendere il componente dissenziente del collegio responsabile della decisione delle questioni che riteneva precluse, sulle quali il suo voto sia stato determinante;

c) degli artt. 1, 7 e 8 di detta legge, in riferimento agli artt. 3 e 28 Cost., perchè non differenziano la posizione del relatore da quella degli altri componenti del collegio quanto al regime della responsabilità;

d) dell'art. 8 di detta legge, in riferimento agli artt. 3, 97 e 101 Cost., perchè sarebbe irragionevole, contrario al principio di buon andamento della pubblica amministrazione, nonchè dell'indipendenza e dell'imparzialità del giudice aver rapportato, per < gli estranei che partecipano all'esercizio di funzioni giudiziarie>, come fa detto art. 8, la misura massima della rivalsa allo stipendio del magistrato di tribunale o al minore stipendio o reddito effettivamente percepito;

e) dell'art. 7 di detta legge, in riferimento all'art. 3 Cost., perchè sarebbe irragionevole avere escluso, come ha fatto detto art. 7, per i membri delle Commissioni tributarie < estranei> alla magistratura, la responsabilità per colpa grave in caso di errore di diritto ed averla prevista, invece, per i membri che siano magistrati in servizio;

f) dello stesso art. 7, per aver fatto ai membri delle Commissioni tributarie un trattamento differente, in tema di responsabilità, da quello stabilito per i giudici conciliatori;

g) degli artt. 1, 2, 7 e 8 di detta legge, in riferimento agli artt. 97 e 101 Cost., sotto il profilo che la disciplina ivi dettata violerebbe i principi di buon andamento della pubblica amministrazione, imparzialità e indipendenza del giudice, omettendo di prevedere una responsabilità del giudice ove il danneggiato sia lo Stato che sia parte di un giudizio.

Considerato che la questione sub a) è stata dichiarata non fondata con la sentenza n. 18 del 1989 e manifestamente infondata con le ordinanze nn. 73, 125, 156, 158, 159, 161, 340 e 420 del 1989;

che la questione sub b) è manifestamente infondata, non apparendo irrazionale e lesiva dell'indipendenza del giudice la previsione di una sua responsabilità in ordine a tutte le questioni sulle quali, in conformità delle norme di rito, è chiamato a decidere come membro del collegio, ancorchè sia stato messo in minoranza su una questione pregiudiziale preclusiva dell'esame delle questioni da decidere successivamente;

che la questione sub c) è stata dichiarata non fondata con la sentenza n. 18 del 1989 e manifestamente infondata con l'ordinanza n. 156 del 1989;

che la questione sub d) è stata già dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 155 del 1989 in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo che la norma è espressione di discrezionalità legislativa esercitata razionalmente;

che la norma non esplica alcun riflesso sull'indipendenza e l'imparzialità del giudice e quindi non viola l'art. 101 della Costituzione;

che la questione sub e) è stata dichiarata non fondata con la sentenza n. 18 del 1989 e manifestamente infondata con l'ordinanza n. 420 del 1989;

che la questione sub f) è stata dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 155 del 1989;

che la questione sub g) è stata dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 5 del 1990 in riferimento agli artt. 3, 101 e 108 della Costituzione, tenuto conto che, ove il comportamento del giudice costituisca reato, lo Stato che sia parte in giudizio può agire in via diretta contro lui, mentre l'esclusione, in ogni altro caso, dell'azione diretta dello Stato risponde ad una scelta, non irrazionale, di politica legislativa, caratterizzata dal contemperamento di interessi contrapposti di rilievo costituzionale;

che, per tutte le ragioni suaccennate, non si riscontrano elementi che possano fondare l'asserita violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 7, 8 e 16 della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità dei magistrati), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 28, 97 e 101 della Costituzione dalla Commissione tributaria di primo grado di Bologna con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/07/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Gabriele PESCATORE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 31/07/90.