Ordinanza n. 360 del 1990

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.360

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 36, secondo comma, e 22, quarto comma, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di minorenni) promosso con ordinanza emessa il 24 novembre 1989 dal Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna nel procedimento di sorveglianza relativo a Piscopo Tiziana, iscritta al n. 188 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18/1a s.s. dell'anno 1990.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1990 il Giudice relatore Renato Dell'Andro.

Ritenuto che, con ordinanza 24 novembre 1989, il Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale per i minorenni dell'Emilia- Romagna ha sollevato, in riferimento all'art. 77, primo comma, Cost., ed in relazione all'art. 3 della legge di delega 16 febbraio 1987, n. 81, questione di legittimità costituzionale degli artt. 36, secondo comma, e 22, quarto comma, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448;

che, in particolare, il giudice a quo ritiene che siano stati emanati in difetto di delega:

a) l'art. 36 d.P.R. n. 448 del 1988 citato, che, limitando l'applicabilità della misura del riformatorio giudiziario ai più gravi delitti e disponendo che la stessa debba eseguirsi nelle forme di cui all'art. 22 d.P.R. n. 448 del 1988 (ovverosia mediante il collocamento in comunità), avrebbe profondamente modificato la disciplina sostanziale delle misure di sicurezza previste per i minorenni;

b) l'art. 22, quarto comma, del d.P.R. n. 448 del 1988, che avrebbe operato una sostanziale trasformazione della misura di sicurezza in esame, facendo venir meno il suo carattere di misura di sicurezza detentiva, in quanto le comunità ivi contemplate costituiscono strutture <aperte>, ai sensi dell'art. 10 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272; rendendo, peraltro, inapplicabile l'art. 214 del codice penale, ove è previsto un nuovo inizio della misura detentiva in caso di sottrazione volontaria all'esecuzione della stessa;

c) lo stesso art. 22, quarto comma, che prevede il potere del giudice di disporre la custodia del minore in carcere per un tempo non superiore ad un mese, in caso d'allontanamento non giustificato dalla comunità: ad avviso dell'autorità remittente, invero, tale previsione avrebbe in realtà introdotto una nuova ipotesi di reato, tipizzando una condotta ai fini dell'applicazione d'una pena detentiva immediatamente esecutiva ed irrogabile senza alcuna garanzia giurisdizionale;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ed ha concluso per la non fondatezza della questione.

Considerato che, contrariamente a quanto asserito dal giudice a quo, le disposizioni impugnate disciplinano unicamente gli aspetti esecutivi dell'istituto, senza incidere sulla disciplina sostanziale dello stesso;

che, peraltro, l'art. 3 della legge di delega n. 81 del 1987 abilitava il Governo ad introdurre, nel processo a carico di imputati minorenni, <le modificazioni ed integrazioni imposte dalle particolari condizioni psicologiche del minore, dalla sua maturità e dalle esigenze della sua educazione>;

che, nel disciplinare l'esecuzione delle misure di sicurezza, il legislatore delegato si è limitato ad attuare, su questo punto, la delega, sia pur compiendo, in tale ambito, delle scelte discrezionali;

che il giudizio sulle scelte discrezionali del legislatore delegato, che si sia mantenuto nell'ambito della delega, è rimesso esclusivamente al Parlamento; mentre, come è stato affermato sin dalla sentenza n. 3 del 1957, questa Corte è competente a sindacare le violazioni della legge di delega, in quanto solo queste ultime concretano vizi di legittimità dei decreti legislativi delegati, in riferimento agli artt. 76 e 77, primo comma, Cost.;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna va dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 36, secondo comma, e 22, quarto comma, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di minorenni) sollevata, in riferimento all'art. 77, primo comma, Cost., dal Magistrato di sorveglianza presso il Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/07/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Renato DELL'ANDRO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 20/07/90.