Ordinanza n. 357 del 1990

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ORDINANZA N.357

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 572, parte prima, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 14 dicembre 1989 dal Pretore di Nardò nel procedimento penale a carico di Murciano Umberto, iscritta al n. 167 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1990 il Giudice relatore Ettore Gallo.

Ritenuto che, con ordinanza 14 dicembre 1989, il Pretore di Nardò sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 572, primo comma, codice penale, perchè ritenuto in contrasto con gli artt. 29, 30, 31, 2 e 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede come causa di estinzione del reato la seria riconciliazione dei coniugi ed il normale svolgimento della vita coniugale, giudizialmente accertati, che l'occasione per la rimessione della questione è stata offerta al Pretore da una penosa vicenda famigliare di cui si è reso protagonista un giovane marito tossicodipendente, che ha usato per un certo periodo reiterati maltratti alla moglie fino all'episodio ultimo, per il quale fu tratto in arresto, durante il quale aveva anche minacciato la moglie con un coltello procurandole poi lesioni personali lievissime, guarite in due giorni;

che successivamente, però, ottenuta la libertà provvisoria, il giovane si era allontanato dalla droga, tenendo condotta irreprensibile e riconciliandosi con la moglie al punto da ridare ordine ed armonia alla vita famigliare, mettendo anche al mondo un bambino d'intesa con la moglie stessa;

che una perizia psichiatrica, disposta dal giudice, ha escluso che al momento dei fatti incriminati il giovane non fosse stato capace d'intendere e di volere a causa dell'uso degli stupefacenti (in particolare, eroina per via iniettiva);

che, tutto questo precisato, rilevava il Pretore come i principi affermati dalla Costituzione e dalla successiva legislazione civilistica nella materia comportano una nuova concezione della famiglia, diversa da quella imperante nel corso della stagione politica che ebbe ad esprimere il codice penale vigente, secondo cui la tutela dei diritti della famiglia quale società naturale, la salvaguardia della sua unità e dei diritti dei figli, dovrebbero dare rilievo alla riconciliazione e alla ricostituita unità famigliare;

che, pur confermandosi l'attuale validità dell'incriminazione dei fatti dissolutori descritti nell'articolo impugnato, e la procedibilità d'ufficio, ritiene tuttavia il Pretore che l'esigenza di tutela espressa dai parametri costituzionali invocati, e dalla nuova legislazione, denunzi altresì la necessità di dare consistenza di fatti estintivi del reato alle condotte di seria riconciliazione dei coniugi, giudizialmente accertate, che comportino la ripresa del normale svolgimento della vita famigliare;

che, pertanto, la carenza nella norma penale di una tale causa estintiva si tradurrebbe nella denunziata incompatibilità costituzionale;

che è intervenuto innanzi alla Corte il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale ha chiesto che sia dichiarata l'inammissibilità della questione.

Considerato che l'ordinanza riconosce la persistente validità della denunziata incriminazione di fatti tendenti a violare proprio quell'unità e quell'etica della famiglia, che il mutamento ordinamentale e costituzionale ha, anzi, rafforzato e sviluppato, accrescendo l'esigenza di tutela;

che, pur apprezzandosi lo scrupolo del giudice rimettente e l'ampiezza della motivazione con cui lo sostiene, egli stesso, tuttavia, propone il quesito in forma perplessa in quanto si mostra dubbioso se rientri nel potere della Corte provvedere ad inserire nella norma l'auspicata causa estintiva;

che, in effetti, una volta riconosciuta e confermata l'attuale validità della rilevanza penale di fatti che violano i principi su cui si fonda l'unità della famiglia e l'etica della coesistenza pacifica dei suoi membri (anche nell'interesse dei figli minori), non può spettare che allo stesso legislatore stabilire se esistano fatti successivi in grado di estinguere, sotto condizioni che ancora una volta solo il legislatore può disciplinare, il carattere criminale di quelle violazioni e le relative conseguenze sanzionatorie; che, pertanto, la questione è manifestamente inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Visti ed applicati gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 572, primo comma, codice penale, con riferimento agli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Nardò con ordinanza 14 dicembre 1989.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/07/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 20/07/90.