Ordinanza n. 354 del 1990

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ORDINANZA N.354

 

ANNO 1990

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Dott. Francesco SAJA, Presidente

 

Prof. Giovanni CONSO

 

Prof. Ettore GALLO

 

Dott. Aldo CORASANITI

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Renato DELL'ANDRO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo comma, delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) in relazione agli artt. 438 e 442, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 7 dicembre 1989 dalla Corte d'assise di Torino nel procedimento penale a carico di La Vaccara Giuseppe, iscritta al n. 114 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12/1a s.s. dell'anno 1990.

 

Udito nella camera di consiglio del 13 giugno 1990 il Giudice relatore Renato Dell'Andro.

 

Ritenuto che, con ordinanza del 7 dicembre 1989, la Corte d'assise di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale:

 

a) dell'art . 247 , secondo e terzo comma, delle norme d 'attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) in rapporto all'art. 442, secondo comma, del nuovo codice di procedura penale, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, 101, secondo comma, e 111, primo comma, Cost., nella parte in cui non ammette alcun sindacato del giudice in ordine al non motivato diniego del consenso del pubblico ministero alla richiesta di rito abbreviato formulata dall'imputato prima del compimento delle formalità d'apertura del dibattimento e non consente l'applicabilità della diminuzione di pena di cui all'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale;

 

b) dell'art. 247, primo comma, dello stesso testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in rapporto agli artt. 438 e 442, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui consentono il giudizio abbreviato anche per i reati puniti con la pena dell'ergastolo, per contrasto con l'art. 77 Cost. per eccesso di delega, trattandosi di ipotesi non prevista ed anzi esclusa dalla direttiva n. 53 della legge di delegazione 16 febbraio 1989, n. 81.

 

Considerato -in ordine alla questione sub a) - che questa Corte, con sentenza n. 66 del 1990, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo comma, delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) < nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988>;

 

che pertanto la sollevata questione va dichiarata manifestamente inammissibile (cfr. ordinanze nn. 174 e 253 del 1990);

 

che-in ordine alla questione sub b)-nel momento in cui l'imputato ha chiesto il giudizio abbreviato per un reato punibile con la pena dell'ergastolo, il giudice a quo, ove avesse nutrito dubbi sulla legittimità costituzionale dell'estensione anche a tali reati della possibilità d'esperire il giudizio abbreviato, avrebbe dovuto subito, ancor prima di chiedere il parere del pubblico ministero, sollevare la relativa questione di legittimità costituzionale ;

 

che, invece, il giudice a quo ha sollevato la questione solo in via subordinata, espressamente sottolineando che la stessa è rilevante soltanto < conseguenzialmente all'eventuale accoglimento> della questione sub a), con ciò mostrando chiaramente di ritenere che la rilevanza della questione stessa è condizionata ad un eventuale giudizio negativo, da parte del giudice, sulle motivazioni addotte dal pubblico ministero a giustificazione del suo dissenso;

 

che, pertanto, secondo la stessa prospettazione del giudice a quo, la questione si presenta allo stato come meramente ipotetica, divenendo rilevante soltanto quando, a conclusione del dibattimento, il giudice dovrà valutare il fondamento (in relazione alla definibilità del procedimento allo stato degli atti) delle motivazioni addotte dal pubblico ministero a giustificazione del suo dissenso al fine, in caso di valutazione negativa, d'applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988;

 

che quindi la seconda questione va dichiarata manifestamente inammissibile per irrilevanza.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 247 delle norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) già dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 66 del 1990 < nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988>, sollevata dalla Corte d'assise di Torino con ordinanza del 7 dicembre 1989;

 

dichiara la manifesta inammissibilità per irrilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 247, primo comma, delle medesime norme d'attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988, in rapporto agli artt. 438 e 442, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988, nella parte in cui consentono il giudizio abbreviato anche per i reati puniti con la pena dell'ergastolo, sollevata, in riferimento all'art. 77 Cost., dalla Corte d'assise di Torino con ordinanza del 7 dicembre 1989.

 

 

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/07/90.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

 

Renato DELL'ANDRO, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 20/07/90.