Sentenza n. 346 del 1990

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SENTENZA N.346

 

ANNO 1990

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Dott. Francesco SAJA, Presidente

 

Prof. Giovanni CONSO

 

Prof. Ettore GALLO

 

Dott. Aldo CORASANITI

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Renato DELL'ANDRO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso della Regione autonoma della Sardegna notificato il 20 marzo 1990, depositato in cancelleria il 27 successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministro dell'ambiente del 4 dicembre 1989, intitolato < Individuazione della zona di importanza naturalistica nazionale ed internazionale di Monte Arcosu>, ed iscritto al n. 10 del registro conflitti 1990.

 

Udito nell'udienza pubblica del 12 giugno 1990 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

 

udito l'Avvocato Sergio Panunzio per la Regione Sardegna.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Sardegna ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro dell'ambiente 4 dicembre 1989, intitolato "Individuazione della zona di importanza naturalistica nazionale ed internazionale di Monte Arcosu". Ad avviso della ricorrente, questo decreto sarebbe lesivo delle competenze previste dagli artt. 3 e 6 dello Statuto speciale, come attuati dal d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, ed in particolare dall'art. 58 dello stesso.

 

Secondo la Regione, infatti, l'art. 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349, indicato nella premessa dell'atto impugnato, attribuisce allo Stato (Ministro dell'ambiente) solo il potere di proporre la individuazione delle aree di importanza naturalistica nazionale ed internazionale, e non anche quello di individuare direttamente tali zone. Ciò si spiegherebbe con il fatto che quell'articolo non attribuirebbe allo Stato nessun altro potere oltre a quello già riservato allo stesso dall'art. 83 del d.RR. 24 luglio 1977, n. 616, la cui disciplina, essendo prevista in relazione ai parchi interregionali ed essendo basata dunque su un criterio geografico, non sarebbe applicabile alla Sardegna per il suo stesso carattere geografico di "isola".

 

Inoltre, sempre secondo la ricorrente, il decreto impugnato non potrebbe trovare giustificazione nel preteso interesse internazionale della Foresta di Monte Arcosu, in quanto nel caso di specie, come ha già affermato questa Corte nella sentenza n. 830 del 1988, non viene in discussione il limite degli "obblighi internazionali", che solo potrebbe legittimare una deroga nell'ordine delle competenze costituzionalmente riconosciute alla Regione Sardegna. Nè si potrebbe dire, continua la ricorrente, che l'intervento statale possa essere giustificato dalla inerzia della Regione nella tutela della Foresta di Monte Arcosu, dal momento che la legge regionale 7 giugno 1989, n. 31, ha già ricompreso questa zona nell'ambito dell'istituendo Parco naturale del Sulcis ed ha, nel contempo, dettato rigorose norme di salvaguardia.

 

In ogni caso, ove si dovesse ritenere sussistente la competenza del Ministro dell'ambiente in ordine alla individuazione delle aree e questa non dovesse essere considerata limitata alla sola proposta di individuazione, l'atto impugnato, ad avviso della ricorrente, sarebbe ugualmente lesivo delle proprie competenze. Esso, infatti, non si limiterebbe ad individuare l'arca, ma detterebbe una disciplina della organizzazione della riserva naturale, che, secondo la ricorrente, eccederebbe l'ambito delle competenze in ipotesi riconosciute allo Stato. In secondo luogo, poichè tale potere costituisce pur sempre espressione della funzione di indirizzo e coordinamento (art. 83, u.c., d.P.R. n. 616 del 1977), risulterebbe violato il principio di legalità, in quanto non sarebbero in alcun modo determinati dalla legge i criteri in base ai quali questa funzione dovrebbe in concreto essere esercitata. In terzo luogo, non risulterebbe osservato il principio della previa intesa con la Regione, ogni qual volta vi sia incisione su competenze primarie della Regione stessa. Sotto quest'ultimo profilo, precisa la ricorrente, lo Stato non avrebbe formulato neppure una proposta di intesa, non Potendosi considerare tale la lettera del Ministero dell'ambiente in data 17 aprile 1989, indirizzata anche ad altri enti locali, la quale non contiene neanche un termine per la formulazione del parere e rende così inapplicabile il procedimento previsto dall'art. 7 della legge 3 marzo 1987, n. 59, impropriamente richiamato nella premessa dell'atto impugnato. Infine, sempre secondo la Regione Sardegna, il decreto sarebbe in ogni caso illegittimo in quanto, mentre l'art. 5 attribuisce al Ministero dell'ambiente la competenza ad elaborare le proposte di individuazione della zona, al contrario il potere di individuare l'area d'interesse nazionale o internazionale é disciplinato dall'art. 83,'ultimo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, il quale inquadra quel potere tra le forme di esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento. ratto impugnato, pertanto, sarebbe stato adottato al di fuori di ogni forma di esercizio della predetta finzione e dovrebbe, quindi, esser annullato.

 

Considerato in diritto

 

1. -La Regione Sardegna ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro dell'ambiente (Individuazione della zona d'importanza naturalistica nazionale e internazionale di Monte Arcosu), adottato in data 4 dicembre 1989, sul presupposto che tale decreto, nell'individuare la zona della Foresta di Monte Arcosu come area di importanza naturalistica nazionale ed internazionale, lederebbe le competenze legislative e amministrative garantite costituzionalmente alla Regione stessa dagli artt. 3 e 6 dello Statuto speciale per la Sardegna (legge cost. 26 febbraio 1948, n. 3), come attuati dal d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, art. 58 (Sono trasferite alla regione le funzioni amministrative concernenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve e i parchi naturali).

 

2. - Il ricorso va accolto.

 

In un caso recentemente deciso (v. sent. n. 830 del 1988), questa Corte ha già avuto modo di pronunziarsi su un decreto del Ministro dell'ambiente diretto a istituire la riserva naturale di Monte Arcosu, dichiarando che il relativo potere non spettava allo Stato e annullando consequenzialmente il decreto impugnato. In quell'occasione questa Corte ha esaminato le norme poste a base del potere ministeriale allora contestato, le quali sono le stesse invocate dal Ministro dell'ambiente per il decreto ora in discussione, e ne ha fornito un'interpretazione che, come allora, conduce all'accoglimento del ricorso.

 

2.1. - Va, innanzitutto, ricordato che con le norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna contenute nel d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, la materia della < protezione della natura> è stata trasferita alla competenza esclusiva della suddetta Regione, nel quadro del complessivo adeguamento dell'autonomia costituzionalmente garantita alla Sardegna ai trasferimenti di funzioni compiuti con il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, a favore delle regioni a statuto ordinario.

 

Sebbene le anzidette norme abbiano trasferito alla Regione Sardegna ampi poteri in materia di parchi e di riserve naturali, esse non possono essere considerate preclusive del potere statale di individuare aree che rivestano un'importanza naturalistica di rilievo nazionale o internazionale - pur se queste aree occupano un territorio racchiuso nei confini di una sola regione - e di istituirvi parchi o riserve. Questa Corte ha, anzi, precisato che il potere allo Stato di individuare le aree da destinare a parchi o a riserve naturali e di adottare le conseguenti misure di salvaguardia rientra in una più vasta potestà statale, comprensiva anche della definizione dei confini della zona da tutelare e dell'istituzione degli organi preposti alla protezione della stessa, nella quale si esprime la complessa valutazione, da parte dello Stato, dell'interesse nazionale (o sovranazionale) che giustifica la destinazione di una certa area a un regime speciale, diretto alla tutela di beni naturalistici di notevole importanza per l'intera collettività nazionale o internazionale (v. spec. sent. n. 1031 del 1988, nonchè sentt. nn. 123 del 1980, 223 del 1984, 617 del 1987 e 1029 del 1988).

 

Tuttavia è affermazione più volte ripetuta da questa Corte che, quando lo Stato agisce per l'attuazione di un interesse nazionale o di un obbligo internazionale, la sussistenza dell'uno o dell'altro non può essere semplicemente affermata o desunta genericamente, ma dev'esser comprovata da rigorosi procedimenti ermeneutici e da seri argomenti giustificativi, sottoponibili, in sede di sindacato di legittimità costituzionale, a uno scrutinio particolarmente severo (v., per gli obblighi internazionali, sent. n. 830 del 1988, e, per l'interesse nazionale, sentt. nn. 177, 217 e 633 del 1988, 407 del 1989 e 139 del 1990). E ciò perchè, come è stato affermato nella sent. n. 830 del 1988, si tratta di limiti alla competenza regionale nelle materie trasferite la cui natura e la cui consistenza sono tali da comportare una eccezionale alterazione della ripartizione dei poteri stabilita con norme di rango costituzionale.

 

2.2. - Questa Corte ha già affermato (sent. n. 830 del 1988) che nessuno degli atti di diritto internazionale o comunitario richiamati è tale da giustificare il potere statale di individuazione dell'area naturalistica, svolto con l'impugnato decreto ministeriale, come necessario mezzo di adempimento di un obbligo internazionale o di un vincolo comunitario.

 

Non lo è la Convenzione di Berna, relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa (ratificata con la legge 5 agosto 1981, n. 503), la quale, prevedendo < espressamente una normazione interna di attuazione (secondo la letterale formula dell'art. 6: "leggi e regolamenti") da emanare senza limiti di tempo>, rinvia chiaramente alla .ripartizione delle attribuzioni prevista dalle norme interne di livello costituzionale, salva, in caso di successiva e persistente inerzia delle Regioni, la sostituzione dello Stato, intesa ad evitare la responsabilità verso gli altri Stati contraenti, gravante per principio a carico del medesimo>.

 

Nè la base di un vincolo sovranazionale può esser individuata nella Direttiva del Consiglio delle Comunità europee n. 79/409, poichè anche questa, nelle materie riservate alle regioni e, tanto più, in una assegnata alla competenza esclusiva, comporta il riconoscimento alle stesse della relativa competenza di attuazione, salvo il potere di sostituzione dello Stato in caso di persistente inattività delle regioni medesime (v. anche sent. n. 304 del 1987, e, da ultimo, sent. n. 284 del 1989).

 

Ma-tanto con riferimento alla Convenzione di Berna, quanto con riferimento alla citata direttiva comunitaria - nella fattispecie nessuno spazio può esser riconosciuto al potere sostitutivo dello Stato, dal momento che la Regione Sardegna, con legge 7 giugno 1989, n. 31, aveva già esercitato il proprio potere di individuazione della zona della Foresta di Monte Arcosu come area da assoggettare a tutela naturalistica, ricomprendendola entro i confini dell'istituendo Parco naturale del Sulcis.

 

2.3.-Sotto il profilo dell'eventuale ricorrenza dell'interesse nazionale, occorre sottolineare che-sia nella premessa che nell'articolato del decreto ministeriale impugnato --manca un'adeguata dimostrazione della sussistenza dei motivi che dovrebbero provare l'importanza naturalistica per l'intera collettività nazionale della zona considerata. In particolare, poichè la Regione Sardegna, nell'esercizio della sua competenza esclusiva in materia di < protezione della natura>, ha già destinato l'area della Foresta di Monte Arcosu all'istituzione di un parco naturale, manca la dimostrazione da parte dello Stato che la fauna, la flora e l'ambiente di quella zona non possono essere adeguatamente tutelati dalla istituzione di un parco naturale d'interesse regionale ed esigano, invece, una protezione diversa e più rigorosa, come quella propria di una riserva naturale (di un certo tipo) avente rilevanza nazionale. A tale scopo infatti, non basta affermare che ricorra un interesse prioritario alla conservazione di talune specie di fauna insediate nell'area della Foresta di Monte Arcosu o che quest'ultima costituisca un tipico esempio di foresta mediterranea ma occorre provare la sussistenza di un interesse naturalistico così rilevante e imperativo da indurre a ritenere fondatamente che la Regione non disponga dei poteri e dei mezzi adeguati all'apprestamento di un'idonea tutela di quel particolare interesse.

 

3. - Nè, infine, può essere taciuto il rilievo che il potere esercitato con il decreto del Ministro dell'ambiente oggetto di impugnazione è totalmente privo di una base legislativa. Sicchè, quand'anche per ipotesi fosse dato di rinvenire un interesse nazionale o un obbligo internazionale o comunitario giustificativo del potere dello Stato di individuare aree sulle quali istituire riserve o parchi d'interesse nazionale o internazionale, sussisterebbe, comunque, un ulteriore motivo di accoglimento del ricorso nel fatto che il potere di individuazione dell'area da proteggere è stato esercitato nelle forme non dovute.

 

L'art. 5, comma secondo, della legge 8 luglio 1986, n. 349 - che è richiamato dalla premessa del decreto ministeriale impugnato-trasferisce genericamente al Ministro dell'ambiente le competenze per l'innanzi imputate al Ministro dell'agricoltura e foreste in ordine ai parchi nazionali e all'individuazione delle zone d'importanza naturalistica nazionale e internazionale, competenze tra le quali non è ricompresa la potestà di deliberazione dell'individuazione delle aree su cui istituire le riserve e i parchi naturali. Quest'ultimo potere, infatti, è regolato dall'art. 83, comma quarto, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che attribuisce al Governo, < nell'ambito della funzione di indirizzo e coordinamento, la potestà (...) di individuare i nuovi territori nei quali istituire riserve naturali e parchi di carattere interregionale> e, a fortiori, riserve e parchi di carattere nazionale o internazionale (v. sentt. nn. 123 del 1980, 1029 e 1031 del 1988). Quest'ultima norma non è stata abrogata dall'art. 5, precedentemente ricordato, ma è stata integralmente richiamata dallo stesso articolo al suo primo comma, che, anzi, precisa essere di spettanza del Ministro dell'ambiente soltanto il potere di proposta in relazione all'individuazione delle aree da destinare a riserve o a parchi naturali (v. così sent. n. 830 del 1988). Sicchè si deve ritenere che il Ministro dell'ambiente sia del tutto privo del potere di deliberare l'individuazione delle aree su cui istituire riserve o parchi naturali d'importanza nazionale o internazionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara che non spetta allo Stato il potere di individuazione della zona di importanza naturalistica di Monte Arcosu come esercitato con il decreto del Ministro dell'ambiente 4 dicembre 1989 e, conseguentemente, annulla il predetto decreto.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/07/90.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

 

Antonio BALDASSARRE, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 20/07/90.