Ordinanza n. 323 del 1990

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ORDINANZA N.323

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 80-bis T.U. 15 giugno 1959, n. 393 (Codice della strada), in relazione agli artt. 321, 253, 262 e 263 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 gennaio 1990 dal G.I.P. presso la Pretura di Forlì nel procedimento penale a carico di Iacovelli Luciano ed altra, iscritta al n. 154 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 giugno 1990 il Giudice relatore Ettore Gallo.

Ritenuto che con ordinanza 16 gennaio 1990 il Giudice delle indagini preliminari presso la Pretura di Forlì sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 80-bis, comma secondo, del d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393 (Codice della strada) in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione;

che, secondo il giudice rimettente, fra i casi regolati dalla norma denunciata e le fattispecie di sequestro contemplate in via generale dal nuovo codice di procedura penale vi sarebbe disparità di trattamento senza alcuna razionale giustificazione;

che, in particolare, lamenta il giudice a quo che, mentre l'art. 321 cod. proc pen. attribuisce al G.I.P. la competenza a disporre, su richiesta del p.m., il sequestro preventivo (quale sostanzialmente appare quello previsto dall'art. 80-bis cod. strad.), quest'ultimo, invece, obbliga ad attuarlo ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria;

che, a fronte poi della richiesta di restituzione avanzata dall'interessata, à sensi dell'art. 262 cod. proc. pen., sorgerebbero-secondo l'ordinanza - ulteriori problemi: sia perchè non si giustificherebbe la permanenza di un sequestro che non riveste gli estremi di cautela probatoria, sia perchè in realtà si tratta di un sequestro preventivo;

che, pertanto, riconosce il giudice essere mancante <del tutto la materia oggetto di una pronuncia del G.I.P., in relazione ai termini per i quali è stato sollecitato il suo intervento (art. 263, comma quarto, cod. proc. pen.)>;

che, tuttavia, egli ritiene che sussista la denunciata disparità di trattamento che giustifica la sollevata questione;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto declaratoria d'infondatezza della questione.

Considerato che il sequestro di cui all'art. 80-bis, comma secondo, cod. strad. possiede essenzialmente natura di carattere <preventivo>, come riconosce l'ordinanza, in quanto mira ad evitare che la libera disponibilità del veicolo possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato, o comunque agevolare la commissione di altri reati, proprio come previsto dall'art. 321 cod. proc. pen.;

che la permanenza di tale particolare sequestro nell'ordinamento si evince peraltro chiaramente ex art. 229 delle Disposizioni di coordinamento che, disponendo la continuazione dell'osservanza dei termini più brevi, previsti da leggi o decreti, per la trasmissione del verbale di sequestro effettuato dalla polizia giudiziaria e per la successiva convalida, implicitamente riconosce la coesistenza dei sequestri disciplinati da leggi penali diverse dal codice con quelli contemplati nello stesso codice di procedura penale;

che, d'altra parte, il veicolo sequestrato rappresenta pur sempre <corpo di reato> à sensi dell'art. 253, comma secondo cod. proc. pen. giacchè, attraverso il suo illecito affidamento da parte di uno degli imputati, l'altro ha potuto commettere, mediante esso mezzo, il reato di guida senza patente;

che, se è vero che, à termini dell'art. 321, primo comma, cod. proc. pen., la competenza ad emettere il provvedimento di sequestro preventivo appartiene al G.I.P. su richiesta del pubblico ministero, è pur vero, però, che, per il disposto di cui all'art. 354, 2° comma, allorquando il pubblico ministero non possa tempestivamente intervenire (come è il caso della flagranza del reato), gli ufficiali di polizia giudiziaria <sequestrano il corpo del reato e le cose ad esso pertinenti> (ultimo inciso del secondo comma) ed anzi, per il disposto di cui all'art. 113 delle norme di coordinamento, il sequestro può essere eseguito anche dagli agenti di polizia giudiziaria nei casi di particolare necessità ed urgenza;

che, in tal caso, come previsto dall'art. 355, 2° comma, cod. proc. pen., è proprio il pubblico ministero competente per la convalida del sequestro, sicchè nella specie questa è tutt'altro che irrilevante, come invece ritiene l'ordinanza;

che conseguentemente non esiste sostanziale incompatibilità o differenziato trattamento fra l'ipotesi di sequestro prevista dall'art. 80-bis, comma secondo, cod. strad. e la fattispecie di cui al combinato disposto degli artt. 321, 354, secondo comma, ultimo inciso e 355 commi primo e secondo, cod. proc. pen.;

che, avverso la convalida del sequestro da parte del pubblico ministero, e contro lo stesso decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice, non esiste altro rimedio, à sensi degli artt.

355, terzo comma, e 322 cod. proc. pen., se non la richiesta di riesame;

che la legge processuale prevede un unico caso di <revoca> da parte del G.I.P., allorquando, cioé, risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità del sequestro;

che la parte interessata si è avvalsa, invece, della procedura ex art. 262 cod. proc. pen., prevista per le restituzioni in caso di <sequestro a fini di prova>, e ciò mentre aveva invano esperito la richiesta di riesame che il Tribunale aveva respinto;

che, pertanto, il G.I.P. doveva soltanto trarre le conseguenze da siffatta anomala situazione processuale, anzichè sollevare una questione di legittimità costituzionale che appare manifestamente destituita di fondamento.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 80-bis, comma secondo, del d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393 (Codice della strada) sollevata, in riferimento all'art. 3, comma primo della Costituzione, dal Giudice delle indagini preliminari presso la Pretura di Forlì con ordinanza 16 gennaio 1990.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/06/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 05/07/90.