Ordinanza n. 288 del 1990

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ORDINANZA N.288

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN  NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E (Legge sul contenzioso amministrativo), e degli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 14 ottobre 1989 dal Pretore di Teramo-Sezione distaccata di Atri-nel procedimento penale a carico di Spitilli Nicolino, iscritta al n. 28 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 21 marzo 1990 il Giudice relatore Ettore Gallo.

Ritenuto che, con ordinanza 14 ottobre 1989, il Pretore di Teramo -Sezione distaccata di Atri-sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (Legge sul contenzioso amministrativo) e, di riflesso, degli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico- edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) in riferimento agli artt. 3, 70, 97, 101 e 112 della Costituzione;

che riferiva il Pretore nell'ordinanza di una concessione edilizia n. 45 rilasciata il 26 aprile 1989 dal Sindaco di Atri a tale Nicolino Spitilli per la <ristrutturazione senza alcun aumento di volume> di un fabbricato preesistente sito in zona agricola gravata da vincolo paesistico; che, al contrario, lo Spitilli - come risultava dagli accertamenti dei carabinieri-non soltanto aveva quasi totalmente demolito l'edificio anche nei muri perimetrali, ma per di più lo aveva poi ricostruito non solo in violazione delle norme di disciplina dello strumento urbanistico vigente, ma altresì in contrasto con l'art. 70 della legge della Regione Abruzzo n. 18 del 1983; che, a seguito di ciò, lo Spitilli veniva imputato del reato di cui all'art. 20, lettera b, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e il cantiere sottoposto a sequestro; che, però, lo Spitilli il 30 agosto 1989 avanzava istanza per l'accertamento di conformità ex art. 13 della citata legge n. 47 del 1985, e l'assessore delegato del Comune gli rilasciava concessione in sanatoria n. 104 in data 22 settembre 1989; che, a quel punto, il Pretore sollevava la questione di legittimità di cui s'è detto, rilevando che la concessione in sanatoria non si è affatto preoccupata dell'accertamento di conformità di cui all'art. 13 della legge (che lo Spitilli peraltro aveva espressamente richiesto) e difatti non ve n'è alcun cenno nella parte motiva della concessione, mentre gli accertamenti della polizia giudiziaria avevano messo in luce che strumento urbanistico vigente e legge regionale erano stati violati quanto ad indice planivolumetrico, quanto al rapporto con la minima entità colturale (mq. 10.000 per art. 70 della legge; mq. 8810 nella realtà di specie), e quanto alle distanze tra fabbricato e confine (di gran lunga inferiori a quelle di piano);

che il Pretore si mostra ben edotto, nella lunga motivazione dell'ordinanza, della largamente consolidata giurisprudenza della Cassazione, anche a Sezioni Unite (non superata nei principi da due più recenti decisioni), secondo la quale il giudice ordinario non può disapplicare il provvedimento amministrativo di cui-salvo i casi di lesione di diritti soggettivi o di illiceità penale-non può valutare la legittimità neppure incidenter tantum, atteso quanto dispongono gli artt. 4 e 5 del citato all. E della legge n. 2248 del 1865 (giurisprudenza che egli dichiara <condivisibile>), così come riconosce che la detta giurisprudenza , originariamente riguardante le concessioni edilizie per costruzione, è stata poi estesa anche a quelle in sanatoria; che parimenti il Pretore si dichiara bene a conoscenza dell'analoga giurisprudenza di questa Corte, particolarmente rappresentata dalla sentenza 23-31 marzo 1988, n. 370 (e successive ordinanze d'inammissibilità) con la quale la questione è stata dichiarata infondata;

che, tuttavia, ritiene il Pretore di dovere risollevare la questione sotto profili che egli definisce <nuovi>, in quanto opina che il principio di eguaglianza vada correlato agli art. 70 e 97 della Costituzione, in guisa da far risaltare il primato della legge;

che da ciò deriverebbe l'incompatibilità di ogni preclusione al giudice dell'esercizio della funzione giurisdizionale in presenza di specifiche violazioni di legge, specie quando si tratti di violazione di fattispecie penalistica intesa alla tutela di interessi pubblici; che, nella specie, un reato è stato sicuramente commesso, ed il giudice penale deve poter accertare direttamente se si siano verificate le condizioni che consentono di dichiarare l'estinzione del reato, anzichè arrestare la sua attività giurisdizionale innanzi ad un provvedimento amministrativo, che oltre tutto nulla dice sul punto perchè nulla ha accertato.

Considerato che il giudice rimettente è bene informato sia sulla giurisprudenza della Corte di cassazione, che dichiara condivisibile, sia su quella di questa Corte, non si vede in che consista la novità del profilo che il Pretore intende presentare risollevando una questione che la Corte ha dichiarato infondata soltanto ora è un anno; che, infatti, proprio l'argomento dominante dell'ordinanza, secondo cui, vincolando il giudice penale all'esito di un procedimento amministrativo, l'art. 22 impugnato subordinerebbe il giudice penale ad altro giudice e al suo provvedimento, anzichè alla legge, rivela- secondo la citata sentenza di questa Corte - <la fragilità della proposta questione>, in quanto, <a voler seguire lo stesso assunto si dovrebbe giungere a sostenere che tutte le volte in cui la legge impone al giudice penale di attenersi ad accertamenti extragiudiziali, lo subordini non alla legge ma ad altre autorità o ad altri giudici>; che la stessa sentenza ha, anzi, precisato che <chi, peraltro, sostenesse che l'accertamento della conformità delle opere agli strumenti urbanistici vada demandato al giudice penale spoglierebbe l'autorità amministrativa delle proprie istituzionali competenze>;

che, pertanto, i principi sinora affermati devono essere confermati e la sollevata questione dichiarata manifestamente in fondata , non senza rilevare, tuttavia, che l'illiceità penale di una concessione non deriva soltanto dalla collusione (che il pretore esclude dalla specie), ma da qualsiasi violazione della legge penale che abbia a viziare il momento formativo della volontà della pubblica amministrazione, e perciò anche dal delitto di cui all'art. 328 codice penale che incrimina la volontaria indebita omissione da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio di atti dell'ufficio o del servizio: omissione che nella specie poteva essere rappresentata dal mancato accertamento di conformità, richiesto dall'istanza dell'interessato, che la legge pone alla base della concessione in sanatoria, e di cui non esiste alcun accenno nel provvedimento amministrativo (fattispecie peraltro ora sostituita dall'art. 16 della legge 26 aprile 1990, n. 36, che ne ha modificato la configurazione).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (Legge sul contenzioso amministrativo) e degli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) in riferimento agli artt. 3, 70, 97, 101 e 112 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Teramo - Sezione distaccata di Atri - con ordinanza 14 ottobre 1989.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/06/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 14/06/90.