Ordinanza n. 281 del 1990

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ORDINANZA N.281

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 128, 275 e 276 del codice di procedura civile promosso con ordinanza emessa il 13 dicembre 1989 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Ditta F.lli Ceresa S.p.A. e Vaccaro Antonino, iscritta al n. 74 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 3 maggio 1990 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto che nel corso di un giudizio civile per il risarcimento danni da circolazione di autoveicoli, il Pretore di Torino, con ordinanza emessa in data 13 dicembre 1989, prima di assumere la causa in decisione, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale degli artt. 128, 275 e 276 del codice di procedura civile nella parte in cui non prevedono che anche nel rito civile ordinario venga data lettura in pubblica udienza del contenuto del dispositivo della sentenza; che il giudice a quo ritiene la questione rilevante-in quanto attinente alle garanzie ed ai doveri che riguardano il suo operato-e non manifestamente infondata in relazione: a) all 'art. 1 01 della Costituzione, poichè il principio della pubblicità delle udienze (che in tale precetto trova garanzia) risulterebbe essere <un sacco vuoto>, ove i destinatari del potere giurisdizionale non avessero coscienza e percezione immediata e diretta, in pubblica udienza, della sentenza; b) all'art. 10, primo comma, della Costituzione per il mancato adeguamento del processo di cognizione, svolgentesi con il rito ordinario, alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute che imporrebbero al giudice che ha redatto la sentenza di renderla pubblica in udienza (art. 14 Patto di New York del 16 dicembre 1966, ratificato con legge n. 881 del 1977; art. 6 Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo del 4 novembre 1950, ratificata con legge n. 848 del 1955; art. 31 Protocollo sullo Statuto Corte di Giustizia annesso ai trattati C.E.E.A., C.E.E. ed E.U.R.A.T.O.M.); c) all'art. 97, primo comma, della Costituzione, in quanto l'imposizione al giudice del dovere di redigere il dispositivo della sentenza subito dopo la discussione delle parti (artt. 128, 275 e 276, ultima parte, del codice di procedura civile), senza il conseguenziale obbligo di pronunziare il dispositivo in udienza, parrebbe essere fonte di irragionevole ritardo nella conoscenza della statuizione del giudice; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, che ha eccepito l'inammissibilità della questione per irrilevanza ai fini della decisione del caso concreto.

Considerato che il giudice a quo richiede nella sostanza che il principio di pubblicità delle attività processuali venga esteso anche alla forma di comunicazione del contenuto della sentenza, invocando nel giudizio ordinario il paradigma dettato per il <rito del lavoro> ed alcuni altri modelli.

che l'indole del petitum, concretandosi in una complessa operazione di modifica delle regole del rito, idonea a coinvolgere modi e tempi di svolgimento del contraddittorio e la struttura stessa della decisione, esula dall'ambito dell'incidente di legittimità costituzionale;

che siffatto intervento, del resto già parzialmente in atto, è di competenza del legislatore; che, pertanto, la proposta questione è manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt.128, 275 e 276 del codice di procedura civile, sollevata, in relazione agli artt. 101, 10 e 97 della Costituzione, dal Pretore di Torino con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/05/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 31/05/90.