Ordinanza n. 271 del 1990

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ORDINANZA N.271

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 99, comma quinto del regio-decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, della amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con l'ordinanza emessa il 31 maggio 1989 dalla Corte d'appello di Milano nel procedimento civile vertente tra la s.p.a Manifacturers Hanover Finanziaria e il Fallimento s.r.l. Ettore Radaelli e Figli, iscritta al n. 61 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8/1a serie speciale dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 3 maggio 1990 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.

Ritenuto che la Corte d'appello di Milano, nel giudizio di appello promosso dalla Manifacturers Hanover S.p.a. avverso sentenza di rigetto di opposizione a stato passivo di fallimento, rilevato che l'impugnazione era stata proposta oltre il termine di quindici giorni previsto dall'art. 99, quinto comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, ha sollevato, con ordinanza emessa il 3 maggio 1989, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art.

3 della Costituzione, della suindicata disposizione; che il giudice a quo, dopo aver premesso che, per costante giurisprudenza, l'appello avverso le sentenze pronunciate nei giudizi di dichiarazione tardiva del credito, ex art. 101 del R.D. n. 267 del 1942, è soggetto al termine ordinario di trenta giorni previsto dal codice di procedura civile, e non al termine di quindici giorni previsto dall'art. 99 per l'appello avverso le sentenze rese in materia di opposizione allo stato passivo formato a seguito di tempestive domande di ammissione, osserva che, essendo identica, nelle due ipotesi, l'esigenza di celerità in ordine all'accertamento del passivo, non appare ragionevole una diversa regolamentazione dei termini per impugnare, dalla quale consegue un trattamento inspiegabilmente deteriore per chi ha tempestivamente proposto domanda di ammissione al passivo, rispetto a chi ha proposto domanda tardiva di insinuazione;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, contestando la fondatezza della questione.

Considerato che l'opposizione allo stato passivo e l'insinuazione tardiva sono, secondo la più recente giurisprudenza, istituti nettamente differenziati sul piano funzionale e strutturale, e che, in particolare, le esigenze di celerità e di urgenza che caratterizzano i giudizi di opposizione allo stato passivo (che tendono a far partecipare alla ripartizione dell'attivo sia i creditori ammessi dal giudice delegato che quelli ammessi in sede contenziosa), sono meno avvertite in tema di domande di insinuazione tardiva (che possono essere proposte fino a che non siano esaurite tutte le operazioni di ripartizione dell'attivo, e che consentono ai creditori, se accolte, solo la partecipazione alle ripartizioni successive alla loro ammissione); che, d'altra parte, l'esigenza di celerità, se ricorresse anche nei giudizi di insinuazione tardiva, potrebbe semmai valere al fine di estendere a questi il termine abbreviato per impugnare previsto per i giudizi di opposizione, e non già al fine inverso, che il giudice a quo vorrebbe realizzato (cfr. la sentenza n. 1045 del 1988 di questa Corte, la quale, ravvisando una analogia funzionale tra i due istituti, ha ritenuto giustificata l'estensione-derivante da consolidata interpretazione giurisprudenziale-della disciplina sulla decadenza della domanda di opposizione allo stato passivo, dettata dall'art. 98 l.f., alla domanda di insinuazione tardiva di cui all'art. 101 l.f.); che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 99, comma quinto, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, della amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), sollevata dalla Corte d'appello di Milano con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/05/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Aldo CORASANITI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 25/05/90.