Sentenza n. 265 del 1990

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SENTENZA N.265

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 5 giugno 1989, n. 219 (Nuove norme in tema di reati ministeriali e di reati previsti dall'art. 90 della Costituzione), promosso con ordinanza emessa il 14 dicembre 1989 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma per la risoluzione del conflitto di competenza con il Collegio inquirente nel procedi mento penale a carico di Nicolazzi Franco, iscritta al n. 55 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 1990 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto in fatto

1.- Con nota del 21 luglio 1989, il Presidente della Camera dei Deputati ha informato il Presidente del collegio per i procedimenti relativi ai reati previsti dall'art. 96 della Costituzione, istituito presso il Tribunale di Roma, della avvenuta concessione in data 20 luglio dell'autorizzazione a procedere nei confronti dell'on. Franco Nicolazzi, per fatti al medesimo ascritti in relazione all'incarico, da lui svolto, di Ministro dei lavori pubblici.

Il 31 agosto 1989, il Presidente di detto collegio ha trasmesso gli atti al Procuratore della Repubblica in sede, "per le sue richieste".

Questi, a seguito di istanza della difesa tendente ad ottenere la restituzione di tali atti al collegio, quale organo asserito funzionalmente competente allo svolgimento dell'istruttoria, e di risposta affermativa della propria competenza da parte dei collegio all'uopo interpellato, ha sollevato conflitto davanti alla Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 51, secondo comma, del codice di procedura penale del 1930, da considerarsi applicabile al caso di specie in forza dell'art. 242 dei decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.

La Corte di cassazione con ordinanza in data 14 dicembre 1989, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 5 giugno 1989, n. 219, in riferimento all'art. 9, quarto comma, della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1.

2.- La Corte ha, anzitutto, interpretato il parametro costituzionale anche alla stregua dei lavori preparatori, nel senso che, una volta concessa, da parte dell'Assemblea parlamentare, l'autorizzazione a procedere a carico dell'inquisito, la successiva trasmissione degli atti al collegio, di cui all'art. 7 della stessa legge costituzionale n. 1 del 1989, comporta la sua competenza funzionale a proseguire il giudizio nella fase istruttoria, con esclusione, quindi, della competenza del Procuratore della Repubblica, abilitato soltanto a presentare le sue richieste e redigere la requisitoria al termine dell'istruzione.

Ha quindi osservato che, invece, la norma censurata, stabilendo che "il collegio provvede senza ritardo a trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica" lascia intendere - alla luce, ancora, di quanto desumibile dai lavori preparatori - che tale trasmissione non é destinata a consentire al pubblico ministero la mera "formulazione delle sue richieste", ma é funzionale allo svolgimento di tutta l'attività conseguente alla concessa autorizzazione.

Onde, per il segnalato contrasto con la citata norma costituzionale, la necessità di sollevare questione dì legittimità costituzionale, la cui rilevanza nel giudizio a quo, secondo la stessa Corte remittente, é in re ipsa, essendo evidente che la soluzione della medesima condiziona la decisione, in un senso o nell'altro, del suddetto conflitto.

3.- L'ordinanza é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

Nel susseguente giudizio davanti a questa Corte non vi sono state nè costituzione di parte nè interventi.

Considerato in diritto

1. - Si dubita che l'art. 3, secondo comma, della legge 5 giugno 1989, n. 219 - stabilendo che, il collegio di cui all'art. 7 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, dopo la concessione della autorizzazione a procedere ex art. 9 della stessa legge costituzionale e la conseguente trasmissione degli atti ad esso, debba provvedere, a sua volta, alla trasmissione degli stessi senza ritardo al Procuratore della Repubblica competente per l'ulteriore corso del procedimento - violi il disposto del citato art. 9, quarto comma, della legge costituzionale n. 1 del 1989, il quale prevede, invece, che detta competenza spetta al collegio.

2.-Non si può non condividere la interpretazione del quarto comma dell'art. 9 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, accolta dalla Corte di cassazione nel senso che <L'Assemblea, ove conceda l'autorizzazione, rimette gli atti al collegio perchè continui il procedimento secondo le norme vigenti>. Si tratta dello stesso collegio speciale previsto dall'art. 7 della stessa legge, il quale ha già compiuto le indagini preliminari che hanno, poi, dato luogo al procedimento svoltosi dinanzi all'Assemblea della Camera competente per la concessione o meno dell'autorizzazione a procedere.

La suddetta interpretazione si ricava con certezza dalla lettera della disposizione in esame, là dove è detto testualmente che lo stesso collegio competente nella prima fase del procedimento lo continua secondo le norme vigenti. Il significato letterale non cambia anche se il verbo <continui> si ritenga riferito al procedimento, in quanto è sempre chiara la designazione a compiere l'istruttoria del collegio al quale sono stati rimessi gli atti dall'Assemblea.

Il testo originario stabiliva <che l'Assemblea, ove conceda l'autorizzazione, rimette gli atti al Procuratore della Repubblica perchè abbia corso il procedimento secondo le norme vigenti>.

La disposizione è stata radicalmente modificata in quella attuale a seguito dell'approvazione di un apposito emendamento da parte della Camera dei deputati.

In sede di seconda lettura al Senato, vi è stato il tentativo di ripristinare il testo originario, ma è stato confermato quello emendato.

Pertanto, in aderenza alla disposizione costituzionale, il secondo comma dell'art. 3 della legge 5 giugno 1989, n. 219, il quale statuisce che, in caso di concessione dell'autorizzazione a procedere, <il collegio, provvede, senza ritardo, a trasmettere gli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale>, va interpretato nel senso che tale trasmissione degli atti dal collegio al pubblico ministero avviene non perchè questi provveda <allo svolgimento di tutta l'attività conseguente alla concessa autorizzazione>, ma perchè partecipi all'attività spettante al collegio esercitando i suoi poteri.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 5 giugno 1989, n. 219 (Nuove norme in tema di reati ministeriali e di reati previsti dall'art. 90 della Costituzione), in riferimento all'art. 9, quarto comma, della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, sollevata dalla Corte di cassazione con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/05/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 25/05/90.