Ordinanza n. 253 del 1990

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ORDINANZA N.253

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 247 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), 438, 440, primo comma, e 442 del codice di procedura penale del 1988, promossi con ordinanze emesse il 18 dicembre 1989 dal Tribunale di Lecco, il 23 novembre 1989 e il 19 dicembre 1989 dal Tribunale di Roma, il 5 dicembre 1989 e il 4 dicembre 1989 dal Tribunale di Milano, il 21 novembre 19B9 e il 19 dicembre 1989 dal Tribunale di Napoli, iscritte ai nn. 46, 49, 51, 59, 64, 65 e 69 del registro ordinanze 1990 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 7 e 8, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 aprile 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Ritenuto che il Tribunale di Roma, con due ordinanze del 23 novembre 1989 e del 19 dicembre 1989, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del l988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), e degli artt. 438, 440 e 442 dello stesso codice, in quanto non attribuiscono al giudice il potere di sindacare il dissenso del pubblico ministero sulla richiesta di giudizio abbreviato proposta dall'imputato e di applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442 del codice di procedura penale;

e che analoghe questioni hanno proposto anche il Tribunale di Napoli con due ordinanze del 21 novembre 1989 e del 19 dicembre 1989, il Tribunale di Milano con due ordinanze del 4 dicembre 1989 e del 5 dicembre 1989 e il Tribunale di Lecco con ordinanza del 18 dicembre 1989;

e che nel primo dei due giudizi promossi dal Tribunale di Napoli è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.

Considerato che i giudizi, concernendo questioni identiche o analoghe, vanno riuniti;

che tutte le ordinanze sono state pronunciate prima delle formalità di apertura di dibattimenti di primo grado relativi a procedimenti già in corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale (per tali procedimenti v. art.242, primo comma, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988);

che, per quanto riguarda i <procedimenti in corso> a quella data la possibilità di far luogo al giudizio abbreviato è appositamente disciplinata dall'art. 247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271);

e che, quindi, le altre norme denunciate non potrebbero ricevere diretta applicazione nei giudizi a quibus, data l'autonomia della disciplina transitoria in materia rispetto alla corrispondente disciplina codicistica (v. sentenza n. 66 del 1990; ordinanze n.173 e 174 del 1990);

che questa Corte, con sentenza n. 66 del 1990, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 247, primo, secondo e terzo comma, del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), proprio <nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988>.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 438, 440 e 442 del codice di procedura penale del 1988, sollevate, in riferimento agli artt.3, 24, 25, 27, 101, 102, 107 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Roma, dal Tribunale di Napoli, dal Tribunale di Milano e dal Tribunale di Lecco con le ordinanze in epigrafe;

2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 247 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale del 1988 (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), già dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 66 del 1990 <nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso, debba enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale del 1988>>, questione sollevata dal Tribunale di Roma, dal Tribunale di Napoli, dal Tribunale di Milano e dal Tribunale di Lecco con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 15/05/90.