Ordinanza n. 237 del 1990

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ORDINANZA N.237

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Veneto 12 gennaio 1982, n. 1 (Norme per l'ampliamento di fabbricati adibiti ad attività di produzione artigianale e industriale e ad attività commerciali); dell'art. 1 della legge della Regione Veneto 15 gennaio 1985, n. 7 (Proroga del termine previsto dall'art. 2 della legge regionale 12 gennaio 1982, n. 1, recante: <Norme per l'ampliamento di fabbricati adibiti ad attività di produzione artigianale e industriale e ad attività commerciali>); dell'art. unico, commi terzo e ultimo, della legge della Regione Veneto 5 marzo 1987, n. 11 (Integrazione alla legge regionale 27 giugno 1985, n. 61, recante <Norme per l'assetto e l'uso del territorio>) e dell'art. 2 della legge della Regione Veneto 30 marzo 1988, n. 17 (Interventi edilizi sugli insediamenti alberghieri, artigianali, industriali e commerciali ai sensi della legge regionale 12 gennaio 1982, n. 1), promosso con ordinanza emessa l'11 marzo 1989 dal Pretore di Padova - Sezione distaccata di Cittadella nel procedimento penale a carico di Gregori Giacinto ed altri, iscritta al n. 27 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5 prima serie speciale dell'anno 1990.

Udito nella camera di consiglio del 4 aprile 1990 il Giudice relatore Enzo Cheli.

Ritenuto che il Pretore di Padova-Sezione distaccata di Cittadella, con ordinanza dell'11 marzo 1989 (R.O. n. 27/90), ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 , 9, 41 e 117 Cost. - degli artt. 1 e 2 della legge della Regione Veneto 12 gennaio 1982, n. 1 (Norme per l'ampliamento di fabbricati adibiti ad attività di produzione artigianale e industriale e ad attività commerciali), successivamente prorogata dall'art. 1 della legge della Regione Veneto 15 gennaio 1985, n. 7, dall'articolo unico, commi terzo e ultimo, della legge della Regione Veneto 5 marzo 1987, n. 11 e dall'art. 2 della legge della Regione Veneto 30 marzo 1988, n. 17;

che le prime due disposizioni impugnate, e cioè gli artt. 1 e 2 della legge regionale veneta n. 1 del 1982, consentono l'ampliamento - per documentate esigenze di riorganizzazione aziendale, di incremento occupazionale e di sicurezza del lavoro-dei fabbricati adibiti ad attività artigianali, industriali o commerciali anche ricadenti, alla data del 3 gennaio 1979, in zone non destinate dagli strumenti urbanistici a insediamenti produttivi o commerciali e dettano, per il rilascio della relativa concessione, una particolare disciplina applicabile sino al 31 dicembre 1984; che le altre disposizioni denunciate contengono proroghe di tale termine che risulta spostato dapprima al 30 giugno 1986 (art. 1 legge regionale n. 7 del 1985), successivamente al 31 dicembre 1987 (articolo unico della legge regionale n.11 del 1987) ed infine al 1° ottobre 1988 (art. 2 della legge regionale n.17 del 1988, che proroga il termine per il rilascio della concessione per l'ampliamento purchè la domanda sia stata presentata entro il 31 dicembre 1987); che, ad avviso del Pretore, le norme impugnate introdurrebbero - in contrasto con l'art. 3 Cost.-una ingiustificata disparità di trattamento tra i soggetti titolari di attività artigianali, industriali o commerciali, riservando solo a coloro che abbiano intrapreso l'attività prima del 3 gennaio 1979 il particolare regime per il rilascio della concessione previsto dalla legge regionale n. 1 del 1982;

che un ulteriore profilo di violazione dell'art. 3 Cost. è ravvisato dal giudice rimettente nell'irragionevolezza della normativa denunciata che, nata come disciplina eccezionale e temporalmente limitata, si è poi protratta per oltre un decennio determinando lo stravolgimento della disciplina urbanistica;

che inoltre, sempre secondo il giudice a quo, le disposizioni in esame - consentendo una indiscriminata facoltà di ampliamento di fabbricati in difformità dalle previsioni degli strumenti urbanistici-risulterebbero lesive dell'art. 9 Cost. e violerebbero anche l'art. 41, secondo comma Cost., in quanto l'utilità sociale, cui fa riferimento quest'ultima norma costituzionale, è concetto che non si esaurisce nella dimensione produttiva ed occupazionale ma riguarda il complesso dei beni della vita-materiali ed immateriali - destinati a soddisfare le esigenze della collettività; che, infine, sarebbe violato l'art. 117 Cost. poichè le norme denunciate non rispetterebbero i principi fondamentali stabiliti dalle leggi statali n. 47 del 1985 e n. 10 del 1977 in ordine alla necessaria conformità delle concessioni ad edificare alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, alla disciplina della sanatoria per i c.d. abusi formali ed alle procedure per il recupero urbanistico degli insediamenti abusivi.

Considerato che, in base alla disciplina transitoria dettata dal decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante <Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale>, i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale (d.P.R. 22 settembre 1988, n.447) proseguono con l'applicazione delle norme anteriormente vigenti se, a tale data, è già stato compiuto uno degli atti processuali elencati negli artt. 241 e 242 del suddetto decreto; che vanno, pertanto, applicate le norme del nuovo codice di procedura penale ai procedimenti che, alla data di entrata in vigore del codice stesso, si trovino ancora in uno stadio anteriore rispetto a quelli indicati negli artt. 241 e 242 del decreto legislativo n. 271 del 1989, con la conseguenza di riferire tali procedimenti alla fase delle indagini preliminari di competenza del pubblico ministero;

che nel procedimento a quo-originato da un rapporto dei carabinieri sulla costruzione, in zona agricola, di un manufatto ad uso industriale a seguito di una concessione per ampliamento rilasciata ai sensi della legge della Regione Veneto n. 1 del 1982-l'unico atto compiuto dal Pretore rimettente, prima della proposizione della questione di legittimità costituzionale, è stato l'invio di una comunicazione giudiziaria ai soggetti interessati all'attività edificatoria ed ai pubblici amministratori responsabili del rilascio della concessione edilizia: con la conseguenza che il procedimento in questione è destinato, per lo stadio in cui si trova, ad essere ricondotto alla fase delle indagini preliminari di competenza del pubblico ministero ed a svolgersi secondo le norme del nuovo processo penale; che si rende, pertanto, necessaria una rinnovata valutazione, da parte del giudice a quo, sulla rilevanza attuale della questione di legittimità costituzionale alla luce delle vigenti disposizioni processuali (cfr. ord. n. 6 del 1990);

che, a tal fine, vanno restituiti gli atti al Pretore di Padova-Sezione distaccata di Cittadella.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Pretore di Padova-Sezione distaccata di Cittadella.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Enzo CHELI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 08/05/90.