Sentenza n. 226 del 1990

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SENTENZA N.226

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791 (Disposizioni in materia previdenziale), convertito, con modificazioni, in legge 26 febbraio 1982, n. 54, promosso con ordinanza emessa il 17 ottobre 1989 dal Pretore di Palermo nel procedimento civile vertente tra De Michele Maria e l'Azienda municipalizzata autotrasporti di Palermo, iscritta al n. 22 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Udito nella camera di consiglio del 21 marzo 1990 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto in fatto

 

1.- De Michele Maria, assistente di prima presso l'Azienda municipalizzata autotrasporti di Palermo, iscritta al Fondo speciale di previdenza per gli autoferrotranvieri, gestito dall'I.N.P.S., collocata in quiescenza a decorrere dal Ì gennaio 1988, con ricorso depositato il 16 novembre 1988, chiedeva al Pretore di Palermo che fosse dichiarato il suo diritto ad essere mantenuta in servizio fino al compimento del 65° (sessantacinquesimo) anno di età, al fine di incrementare la propria anzianità contributiva in forza dell'art. 6 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791 (Disposizioni in materia previdenziale), convertito, con modificazioni, in legge 26 febbraio 1982, n. 54, con la condanna dell'Azienda al ripristino del rapporto di lavoro.

Il Pretore rilevava che sul punto si era formato un indirizzo giurisprudenziale della Corte di cassazione (sentenza n. 2828 del 24 marzo 1987) in senso contrario all'estensione agli autoferrotranvieri della disposizione richiamata, in quanto trattasi di rapporto di lavoro speciale, interamente disciplinato dal regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, il cui art. 27, Allegato A, fissa in cinquantacinque anni per gli addetti ai servizi attivi ed in sessanta anni per gli addetti agli altri servizi i limiti di età ai fini dell'esonero definitivo dal servizio degli agenti stabili.

Osservava che la detta interpretazione contrastava con le affermazioni contenute nelle sentenze della Corte costituzionale n. 168 del 1973 -e n. 203 del 1971, secondo cui sussiste disparità di trattamento con gli altri lavoratori dipendenti non giustificata dalla natura del rapporto e degli interessi che ne permeano la disciplina nonchè con quelle della sentenza n. 96 dei 1987, emanata in tema di licenziamento dei lavoratori del settore nautico, in cui si é rilevato che le disuguaglianza devono essere giustificate dalla tutela di interessi superiori e pregnanti, mentre nella specie la diversità di trattamento é ingiustificata, specie per quanto riguarda gli addetti ai servizi amministrativi, onde la violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Riteneva la questione rilevante e non manifestamente infondata.

2. - L'ordinanza é stata regolarmente pubblicata e comunicata.

Nel giudizio avanti alla Corte non si sono costituite parti e non vi sono stati interventi.

Considerato in diritto

 

1. -É sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791 (Disposizioni in materia previdenziale), convertito, con modificazioni, in legge 26 febbraio 1982, n. 54, il quale prevede che i lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti e alle gestioni sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, < possono optare di continuare a prestare la loro opera fino al compimento del 65° (sessantacinquesimo) anno di età>, nella parte in cui, secondo l'interpretazione della Corte di cassazione, non è applicabile agli autoferrotranvieri.

Secondo il giudice remittente sarebbe violato l'art. 3 della Costituzione per la disparità di trattamento che ingiustificatamente si verifica tra la detta categoria di lavoratori e le altre alle quali la disposizione censurata si applica.

2. - La questione è fondata.

Sono state più volte affermate (sentenze n. 300 del 1985; n. 257 del 1984; n. 168 del 1973 e numerose altre) la specialità del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri e la sua particolare e compiuta disciplina attuata con il regio decreto n. 148 del 1931.

In particolare, si è ritenuta la legittimità costituzionale dell'art. 27, lett. a), Allegato A, al detto regio decreto, il quale prevede come limiti di durata del rapporto di lavoro, proprio per la sua speciale natura, cinquantacinque anni di età per gli addetti ai servizi attivi e sessanta anni di età per gli addetti agli altri servizi. Principi condivisi sia dai giudici di merito che dalla Corte di cassazione.

Ma tutte le predette affermazioni e considerazioni, se valgono certamente sul piano della disciplina sostanziale del rapporto, non possono trovare applicazione per quella assicurativa e previdenziale con la quale si tutelano altri e diversi interessi.

3. - Vero è che anche quest'ultima è speciale e particolare per gli autoferrotranvieri, che hanno avuto fin da tempi remoti trattamenti diversi da quelli degli altri lavoratori per la gravosità del lavoro da essi svolto (leggi n. 272 del 1906; n. 835 del 1912; decreto-legge luogotenenziale n. 467 del 1919, convertito in legge n. 473 del 1925, ed altre). In tempi più recenti, l'art. 2 della legge 29 ottobre 1971, n. 889 (Norme in materia di previdenza per gli addetti ai servizi pubblici di trasporto), ha statuito che il trattamento di previdenza per gli addetti ai servizi pubblici di trasporto è sostitutivo dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti di cui al regio decreto n. 1827 del 1935 e successive modificazioni ed integrazioni. E si è previsto un fondo di integrazione al quale è obbligatoriamente iscritto il personale di ruolo, in servizio di prova o in pianta stabile, dipendente da aziende private esercenti in concessione ferrovie, tranvie, autolinee, funivie, reti di navigazione interne, ecc. , nonchè da comuni, province, regioni e loro consorzi, in economia o mediante aziende speciali.

3.1 -Da ultimo, in materia previdenziale sono state emanate, con il decreto-legge n. 791 del 1981 in esame, nuove disposizioni, ritenute urgenti in attesa della riforma del sistema pensionistico.

Tale disciplina è stata introdotta al fine di porre rimedio al deficit dell'I.N.P.S. e delle gestioni speciali sostitutive, esclusive ed esonerative dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti. Da un verso si incrementano le entrate e dall'altro si riducono le passività. In funzione di tale finalità, si prolunga l'età lavorativa con conseguente aumento della durata della contribuzione obbligatoria e diminuzione della erogazione della pensione ordinaria. II prolungamento dell'età lavorativa è solo un mezzo della manovra finanziaria e previdenziale.

É indubbio che i lavoratori ne traggono benefici. Essi percepiscono il salario per un maggior periodo di tempo e alla cessazione dell'attività lavorativa percepiscono una pensione di importo più elevato che soddisfa maggiormente le loro esigenze di vita.

Si è del resto specificamente rilevato (sentenza n. 156 del 1988) che il legislatore, introducendo con l'art. 6 del detto decreto- legge l'istituto del pensionamento posticipato, ha mirato da un lato a garantire una pensione di importo più adeguato alle esigenze di vita dei lavoratori in possesso di una anzianità ridotta, e dall'altro ad evitare alle casse degli enti previdenziali l'aggravio conseguente all'onere della integrazione al minimo delle pensioni di minore importo.

3.2-Poichè la nuova disciplina legislativa ha una portata amplissima (essa riguarda tutti i lavoratori assicurati sia presso l'I.N.P.S. che presso le gestioni speciali e sia quelli con rapporto di lavoro ordinario e generale sia quelli con rapporto di lavoro particolare e speciale per i quali vigono le suddette gestioni speciali), non si giustifica che essa non trovi applicazione anche per gli autoferrotranvieri.

Poichè le norme di cui trattasi incidono in via principale sul rapporto assicurativo previdenziale, non hanno rilievo i riflessi sul rapporto sostanziale in quanto meramente sussidiari e mezzi necessari e indispensabili della voluta manovra finanziaria.

Nè si può certamente dubitare che all'epoca del decreto-legge anche il fondo integrativo dei ferrotranvieri, che costituisce una gestione sostitutiva dell'assicurazione generale obbligatoria, versasse in disastrose condizioni finanziarie proprio per il deficit delle aziende pubbliche di trasporto.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 6, primo comma, del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 791 (Disposizioni in materia previdenziale), convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1982, n. 54, nella parte in cui non prevede la sua applicazione agli autoferrotranvieri.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 03/05/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 08/05/90.