Sentenza n. 190 del 1990

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SENTENZA N.190

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 17, primo comma, del decreto-legge 3 maggio 1988, n. 140 (Misure urgenti per il personale della scuola), convertito, con modificazioni, nella legge 4 luglio 1988, n. 246; dell'art. 8-bis della (rectius, del decreto-legge 6 agosto 1988, n. 323, convertito, con modificazioni, nella) legge 6 ottobre 1988, n. 426 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 agosto 1988, n. 323, recante finanziamento del contratto del personale della scuola, per il triennio 1988-1990, e norme per la razionalizzazione e la riqualificazione della spesa nel settore della pubblica istruzione), promosso con ordinanza emessa il 10 aprile 1989 dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Leo Maria Luisa ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri, iscritta al n. 653 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visti gli atti di costituzione di Leo Maria Luisa e Ruffo Dorotea, di Mariani Alba ed altri, di Fasciani Mirvana Agata, di Costantini Maria e Cirigliano Margherita, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 marzo 1990 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;

uditi gli avv.ti Franco Carrozzo per Leo Maria Luisa e Ruffo Dorotea, Ernani D'Agostino per Mariani Alba ed altri, Carlo Rienzi per Fasciani Mirvana Agata, Corrado Mauceri per Costantini Maria e Cirigliano Margherita e l'Avvocato dello Stato Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con ordinanza dei lo aprile 1989, emessa sui ricorsi proposti da Leo Maria Luisa ed altri, Ruffo Dorotea ed altri, Menna Rosanna, Fasciani Mirvana Agata, Spampinato Rosaria ed altri, Costantini Maria ed altre, Mura Maria Luisella ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri e nei confronti di Gualtieri Antonietta in Caruso, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. li e 17, primo comma, del decreto-legge 3 maggio 1988, n. 140 (Misure urgenti per il personale della scuola), convertito, con modificazioni, nella legge 4 luglio 1988, n. 246, e dell'art. 8-bis della (rectius, del decreto4egge 6 agosto 1988, n. 323, convertito, con modificazioni, nella) legge 6 ottobre 1988, n. 426 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 agosto 1988, n. 323, recante finanziamento dei contratto dei personale della scuola, per il triennio 1988-1990, e norme per la razionalizzazione e la riqualificazione della spesa nel settore della pubblica istruzione), nella parte in cui, prescrivono: 1) che le immissioni in ruolo degli insegnanti precari della scuola materna, elementare e secondaria sono disposte nei limiti della disponibilità dei posti; 2) che le nomine effettuate durante l'anno scolastico hanno decorrenza giuridica dall'inizio dell'anno scolastico in corso e non già le decorrenza previste dalle leggi n. 270 del 1982 o n. 246 del 1988.

Tali disposizioni, secondo il giudice a quo, hanno sovrapposto, con conseguenze peggiorative per i ricorrenti, al regime giuridico della legge 20 maggio 1982, n. 270, un regime nuovo, espressione di una diversa scelta storica: infatti, mentre la legge n. 270 del 1982 prevedeva immissioni in ruolo anche in soprannumero, la legge n. 246 del 1988 le ha subordinate alla effettiva disponibilità di posti e, accentuando le discriminazioni tra docenti in condizioni del tutto identiche, ha così vanificato gli scopi perseguiti dal legislatore del 1982. Quest'ultimo, ricorda il giudice rimettente, completando una manovra tendente alla globale revisione del reclutamento dei docenti che prevedesse, per il futuro, quello concorsuale come unico sistema di selezione, ha ritenuto di sanare le situazioni pregresse da un lato col prevedere l'immissione in ruolo dei docenti titolari dei vari tipi di incarico fino all'anno scolastico 1980-81 (ultimo anno utile per il conferimento di tali tipi di nomina), dall'altro col consentire, a chi fosse sprovvisto di abilitazione, di conseguirla in apposita sessione riservata; infine, perchè non nascessero nuove aspettative, per i supplenti ha individuato nel momento di entrata in vigore della legge una delimitazione temporale tra vecchio e nuovo regime. A seguito della tardiva entrata in vigore della legge n. 270, si é reso necessario - essendosi intanto maturati per il personale docente supplente i 180 giorni di Servizio che, ai sensi dell'art. 38 della legge medesima, dovevano ritenersi sufficienti per considerare utile, ai fini della immissione in ruolo, anche l'anno scolastico 1981-82 - prorogare di un anno il termine ultimo per la valutazione dei servizi prestati: a ciò ha provveduto la legge 16 luglio 1984, n. 326, riconoscendo il servizio prestato nell'anno 1981-82 come utile ai fini della immissione in ruolo.

Sul descritto sistema di sanatoria del precariato della legge n. 270 del 1982 era intervenuta la Corte costituzionale che, con sentenza n. 249 del 25 novembre 1986, dichiarava l'illegittimità delle disposizioni della legge medesima nella parte (artt. 35, quarto comma, 37 e 57) in cui non era prevista l'estensione, agli insegnanti in servizio con titolo di supplenza annuale nell'anno scolastico 1981-82, dei benefici ivi disposti per gli insegnanti in servizio con titolo di incarico nell'anno scolastico 1980-81, nonchè nella parte (arti. 35, 37, 38 e 57) in cui non si consentiva ai supplenti in servizio nella scuola ordinaria di usufruire del trattamento disposto a favore dei supplenti nei corsi CRACIS dall'art. 46, secondo comma, della legge stessa. La Corte costituzionale, pur rilevando la disparità di trattamento introdotta con queste norme, limitava tuttavia gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità ai soli articoli esplicitamente indicati e con riferimento alla materia del contendere dei giudizi in cui erano state sollevate le relative questioni. Osserva al riguardo il giudice a quo che in tal modo nei confronti di determinate categorie di personale, pur in possesso dei medesimi requisiti o addirittura di requisiti più qualificanti rispetto a quelli posseduti dai docenti diretti destinatari della decisione della Corte costituzionale, é stata operata una irrazionale disparità di trattamento, e ciò "non solo per l'ovvio parallelismo con le situazioni considerate dalla sentenza medesima, ma con l'ulteriore aggravamento derivante dagli effetti stessi della decisione in questione".

L'Amministrazione scolastica, aderendo al parere n. 439 del 25 febbraio 1987 - con cui il Consiglio di Stato, in risposta a specifici quesiti del Ministero della pubblica istruzione, aveva precisato che gli effetti della sentenza della Corte costituzionale dovevano essere circoscritti ai soli docenti non abilitati della scuola secondaria - diede appunto esecuzione a detta sentenza solo nei confronti dei docenti non abilitati della scuola secondaria che avevano tempestivamente impugnato la loro esclusione dai benefici della legge n. 270 del 1982, con esclusione quindi delle categorie ivi non espressamente contemplate (insegnanti della scuola materna, elementare, di istruzione artistica e insegnanti abilitati della scuola secondaria) e di coloro che, pur trovandosi nelle stesse condizioni dei docenti espressamente considerati, avendo fatto affidamento sulla legittimità dell'operato dell'Amministrazione, non avevano proposto tempestivo ricorso.

Pertanto non appare infondato al giudice a quo il contrasto delle disposizioni censurate con il principio di eguaglianza, dal momento che molti dei destinatari del decreto-legge 6 agosto 1988, n. 323, che, in applicazione dei principi sanciti dalla Corte costituzionale avrebbero avuto diritto all'immissione in ruolo immediata, anche in soprannumero, conseguiranno tale immissione in ruolo tra anni e alcuni forse mai.

2.- Intervenuta in rappresentanza e difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato osserva che il decreto-legge n. 140 del 1998 ha esteso l'applicazione del criterio di graduale immissione in ruolo a tutto il personale precario rimasto ai margini dell'ambito temporale considerato dalla legge n. 270 del 1982, "sulla base di una sistematica ricognizione di esse, che ne dovrebbe assicurare una compiuta ed articolata riconsiderazione, tale da esaurire equilibratamente tutte le situazioni pregresse di precariato nella scuola". Inoltre, coi successivo decreto-legge n. 323 del 1988 (convertito in legge n. 426 del 1988) il legislatore, volendo rendere più razionale e scorrevole l'utilizzazione delle graduatorie previste dal decreto-legge n. 140, attraverso una gestione coordinata di tutte le disponibilità emergenti dagli organici relativi all'insieme delle province, per evitare le strozzature derivanti da una diseguale distribuzione di tali disponibilità, ha trasformato le graduatorie provinciali in nazionali.

Questa attenzione dei legislatore all'evoluzione delle esigenze connesse coi mutamento delle condizioni organizzativi generali della scuola e con l'interesse fondamentale della collettività ad avere una scuola rispondente all'effettiva dimensione ed articolazione della domanda d'istruzione non ha una rilevanza solo fattuale (come sostiene il giudice a quo) ma é motivata dalla necessità di contemperare valori costituzionali diversi, quali quello dell'eguaglianza (art. 3) e quello del buon andamento dell'Amministrazione (art. 97) in questo caso con riferimento ad una istituzione che riceve, per il suo rilievo sociale, particolare tutela in altre norme (artt. 33 e 34) della Costituzione. Nè può, ad avviso dell'Avvocatura, trascurarsi l'altro aspetto, concernente l'esigenza di dare tutela anche a coloro che nel frattempo hanno superato i normali concorsi per titoli ed esami e che vedrebbero pregiudicate le loro aspettative da una immissione in ruolo non graduata e anche in soprannumero di personale precario. Pertanto, escludendo che le norme denunciate esorbitino dalla discrezionalità del legislatore nel disciplinare situazioni non omogenee in connessione con circostanze obbiettivamente diversificate, l'Avvocatura chiede che venga dichiarata l'infondatezza della questione sollevata.

3.- Si sono costituite in giudizio le parti private sviluppando, anche in memorie presentate nell'imminenza dell'udienza, le argomentazioni del giudice rimettente e insistendo per la fondatezza, della questione.

Considerato in diritto

 1.-Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con ordinanza del 10 aprile 1989 (R.O. n. 653/1989), solleva, in relazione all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 17, primo comma, del decreto-legge 3 maggio 1988, n. 140 (Misure urgenti per il personale della scuola), convertito con modificazioni nella legge 4 luglio 1988, n. 246, e dell'art. 8-bis del decreto-legge 6 agosto 1988, n. 323, convertito con modificazioni nella legge 6 ottobre 1988, n. 426 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 agosto 1988, n. 323, recante finanziamento del contratto del personale della scuola, per il triennio 1988-1990, e norme per la razionalizzazione e la riqualificazione della spesa nel settore della pubblica istruzione), nella parte in cui, rispettivamente, prescrivono:

a) che le immissioni in ruolo degli insegnanti precari della scuola materna, elementare e secondaria sono disposte gradualmente nei limiti della disponibilità dei posti;

b) che le nomine effettuate durante l'anno scolastico hanno decorrenza giuridica dall'inizio dell'anno scolastico in corso, e non già le decorrenze previste dalle leggi n. 270 del 1982 o n. 246 del 1988.

2. - La questione non è fondata.

É insegnamento costante di questa Corte che <non può contrastare con il principio di uguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, perchè lo stesso fluire di questo costituisce di per sè un elemento diversificatore> (sentenze 209/1988, 618/1987, 169/1986, 322/1985, 238 e 38/1984, 122/1980, 138 e 65/1979, 138/1977, 92/1975 e 57/1973; ordinanze 602, 367, 322, 171, 159 e 101/1987).

Deve pertanto affermarsi che il decorso del tempo, unito al sopraggiungere di nuove normative, rende dissimili, e perciò non comparabili ai fini della verifica della violazione del principio di eguaglianza, situazioni giuridiche soggettive in precedenza omogenee.

Le figure di insegnanti precari, non raggiunte dagli effetti della decisione di questa Corte in sentenza n. 249 del 1986, sono state oggetto di successiva disciplina da parte del legislatore in un contesto tutt'affatto mutato.

Tra i presupposti dell'attività legislativa vanno annoverati:

a) l'intervento della contrattazione collettiva con conseguente necessità di commisurazione delle risorse finanziarie all'aumentato carico della spesa;

b) la diminuzione della popolazione scolastica a seguito del decremento demografico, con esito di esubero del personale insegnante e relativa previsione di mobilità verso altri comparti della pubblica Amministrazione;

c) l'esigenza di riordino del reclutamento del personale insegnante tenendo aperte entrambe le vie dell'assorbimento del precariato e della selezione mediante concorso.

É da considerarsi l'intrinseca eccezionalità della normativa sul precariato, di fronte alla quale trova giustificazione un programma legislativo ispirato al ripristino delle procedure concorsuali, richieste dall'art. 97, terzo comma, della Costituzione, come regola di accesso, salvo eccezioni, agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni. Pertanto il legislatore - col disporre l'immissione in ruolo di insegnanti precari su posti effettivamente disponibili e non in soprannumero, corrispondendo al doveroso principio di buon andamento della pubblica Amministrazione inscritto in Costituzione all 'art . 97 , primo comma, nonchè in razionale coerenza con i sopravvenuti dati di contesto innanzi indicati-non può incorrere nella censura di violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto il profilo del principio di ragionevolezza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 17, primo comma, del decreto-legge 3 maggio 1988, n. 140 (Misure urgenti per il personale della scuola), convertito con modificazioni nella legge 4 luglio 1988, n. 246, e dell'art. 8- bis del decreto-legge 6 agosto 1988, n. 323, convertito con modificazioni nella legge 6 ottobre 1988, n. 426 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 agosto 1988, n. 323, recante finanziamento del contratto del personale della scuola, per il triennio 1988-1990, e norme per la razionalizzazione e la riqualificazione della spesa nel settore della pubblica istruzione), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/04/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 12/04/90.