Sentenza n. 185 del 1990

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N.185

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 15 aprile 1985, n. 140 (Miglioramento e perequazione di trattamenti pensionistici e aumento della pensione sociale), promosso con ordinanza emessa il 7 marzo 1989 dal Pretore di Torino nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Prosdocimo Rosa ed altre e l'I.N.P.S., iscritta al n. 415 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di costituzione di Prosdocimo Rosa ed altre nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1990 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;

uditi l'avv. Salvatore Cabibbo per Prosdocimo Rosa ed altre e l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 1.- Nel corso dei procedimenti civili riuniti vertenti tra Prosdocimo Rosa ed altre e l'I.N.P.S., le ricorrenti, quali vedove di soggetti appartenenti alle categorie di cui alla legge 24 maggio 1970, n. 336 (excombattenti e assimilati), hanno chiesto che fosse loro corrisposta la maggiorazione pensionistica, espressamente prevista come "reversibile", di cui all'art. 6 della legge 15 aprile 1985, n. 140.

All'accoglimento della domanda però, secondo il giudice a quo, osterebbe la circostanza che i rispettivi coniugi erano deceduti prima dell'entrata in vigore di tale legge e non avevano pertanto potuto presentare la domanda richiesta dallo stesso art. 6 (comma primo) per potere usufruire del trattamento. Di conseguenza il Pretore solleva una questione di legittimità costituzionale di tale ultima disposizione in riferimento all'art. 3 Cost., perchè illegittimamente discriminerebbe tra i superstiti di ex-combattenti morti dopo l'entrata in vigore della legge (e che perciò hanno potuto richiedere il beneficio), e i superstiti di ex-combattenti deceduti prima dell'avvento della stessa legge, ammettendo solo i primi ma non i secondi al godimento della maggiorazione.

2.- Nel giudizio davanti a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, che - premesso un richiamo, in punto di rilevanza, allo ius superveniens rappresentato dall'art. 6 della legge n. 544 del 1988 - chiede che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata, per due ordini di ragioni: innanzi tutto perchè sarebbe riservato alla discrezionalità del legislatore stabilire trattamenti pensionistici differenziati in relazione alla data di decorrenza del singolo beneficio (Corte cost. ordinanza n. 120 del 1989 e sentenza n. 173 del 1986); in secondo luogo, perchè la lamentata disparità di trattamento non discenderebbe necessariamente dalla sola norma impugnata: infatti risulterebbe escluso dal godimento della maggiorazione anche il superstite dell'ex-combattente deceduto dopo la sua entrata in vigore e che non abbia presentato la relativa domanda.

3.- In giudizio si sono costituite pure le parti private, che, nell'imminenza della trattazione della causa hanno presentato anche una memoria illustrativa.

Esse essenzialmente contestano l'interpretazione della disposizione impugnata che il Pretore ha fatto oggetto della questione di costituzionalità. A loro avviso infatti tale disposizione, contemplerebbe - data la sua lata dizione e il suo generico richiamo alla legge n. 336 del 1970 anche i superstiti quali autonomi e diretti beneficiari della maggiorazione in discussione, ricomprendendoli implicitamente tra gli "interessati" legittimati a presentare la relativa domanda.

Questa interpretazione troverebbe inoltre conferma nella giurisprudenza della Corte di cassazione sulla spettanza al superstite della pensione supplementare di riversibilità, indipendentemente dalla data del decesso del titolare del trattamento diretto (sentenze 3 aprile 1971, n. 960; 8 aprile 1972, n. 1083; 25 novembre 1974, n. 3847; 22 aprile 1976, n. 1438).

Concludono chiedendo alla Corte una decisione interpretativa; in via gradata, una dichiarazione di incostituzionalità della norma impugnata; in linea ancora più gradata, l'assegnazione della causa in udienza pubblica data la particolare rilevanza della questione.

4.- L'esame della questione, prima assegnato alla camera di consiglio del 13 dicembre 1989, é stato poi rinviato all'udienza pubblica del 20 febbraio 1990.

Considerato in diritto

 II Pretore di Torino dubita che l'art. 6 della legge n. 140 del 1985, nel prevedere la corresponsione, a domanda, di una maggiorazione pensionistica reversibile a favore degli ex- combattenti (e assimilati) del settore privato, violi l'art. 3 Cost., per introdurre una illegittima disparità di trattamento tra i superstiti di ex-combattenti morti dopo l'entrata in vigore della legge (e che perciò hanno potuto richiedere il beneficio), e i superstiti di ex-combattenti deceduti prima dell'avvento della stessa legge, ammettendo solo i primi ma non i secondi al godimento della maggiorazione.

La questione non è fondata.

Il Pretore infatti parte dal presupposto che la maggiorazione in oggetto possa essere richiesta esclusivamente dai soggetti dotati della qualifica di ex-combattente (o assimilato) di cui alla legge n. 336 del 1970.

Tale assunto, condiviso peraltro da qualche giudice di merito e in sede amministrativa, è però rigettato dalla Corte di cassazione la quale recentemente (Sez. lav. n. 2631 del 1990), enunciando il principio di diritto cui il giudice di rinvio deve uniformarsi, ha affermato in contrario che anche ai titolari della pensione di riversibilità deve essere riconosciuto il diritto di chiedere l'applicazione del beneficio in esame, ove il titolare della pensione diretta sia deceduto prima dell'entrata in vigore della legge n. 140 del 1985.

Tale conclusione è tratta da una attenta e coordinata lettura della legislazione premiale, anche in connessione, da un lato, con la tendenza legislativa diretta ad eliminare la disparità di trattamento tra soggetti parimenti accomunati nei sacrifici e nelle privazioni cagionati dalla partecipazione alle operazioni belliche o dallo stato di guerra; dall'altro con il riconoscimento, nella giurisprudenza dello stesso Supremo Collegio - in materia di pensione supplementare indiretta - di una sempre più lata estensione del diritto accordato ai superstiti, anche con riguardo alle posizioni giuridiche di assicurati deceduti in epoca remota.

In questo quadro, a ricomprendere tra gli <interessati> a presentare la richiesta di maggiorazione (v. art. 6, secondo comma, legge n. 140 del 1985) anche i titolari di pensioni di riversibilità, superstiti di assicurati deceduti prima dell'entrata in vigore della legge, convergono principalmente due concorrenti elementi. Innanzi tutto il riferimento, operato dallo stesso art. 6, quarto comma, della legge impugnata, a tutti i trattamenti di pensione in attualità di godimento che, proprio per la sua generalità non può non ricomprendere, in assenza di specifiche indicazioni in contrario, anche quelli di riversibilità. In secondo luogo, il richiamo da parte della norma impugnata ai destinatari della precedente legge n. 336 del 1970: questi debbono considerarsi anche gli eredi aventi diritto a pensione di riversibilità, per espresso riconoscimento dell'art. 2, secondo comma, della medesima legge, che pone nella specifica materia qui in considerazione un principio di carattere generale per cui la qualifica di ex-combattente (o equiparato ) non ha effetti limitati al titolare della pensione di retta , esaurendosi con la morte di costui, ma proietta i suoi effetti anche sul trattamento di riversibilità.

Così interpretata, la norma denunziata si sottrae alle censure prospettate dal giudice a quo, giacchè non esclude dal godimento della maggiorazione pensionistica i superstiti che si trovino nelle condizioni delle parti del giudizio a quo. Pertanto, nei termini chiariti, la questione deve ritenersi non fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 15 aprile 1985, n. 140 (Miglioramento e perequazione di trattamenti pensionistici e aumento della pensione sociale), in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/04/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Ugo SPAGNOLI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 12/04/90.