Sentenza n. 166 del 1990

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SENTENZA N.166

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 79, ultimo comma, del D.P. Reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico delle leggi per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione Siciliana), promosso con ordinanza emessa il 15 aprile 1989 dal Pretore di Aragona nel procedimento penale a carico di Rizzo Giuseppe, iscritta al n. 518 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1990 il Giudice relatore Mauro Ferri.

Ritenuto in fatto

Nel corso del procedimento penale a carico di Rizzo Giuseppe imputato dei reato di cui all'art. 70 del D.P. Reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico delle leggi per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione Siciliana) per aver sottoscritto due dichiarazioni di presentazione di candidatura -, il Pretore di Aragona ha sollevato, su istanza di parte, questione di legittimità costituzionale dell'art. 79, ultimo comma, del predetto D.P. Reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione

La norma censurata esclude l'applicabilità ai reati elettorali delle disposizioni di cui agli arti. da 163 a 167 e 175 dei codice penale e 487 del codice di procedura penale. relative alla sospensione condizionale della pena e alla non menzione della condanna nel certificato dei casellario giudiziale.

Il giudice a quo, rilevato che il procedimento non può essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione di costituzionalità, afferma che questa appare non manifestamente infondata anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 121 del 1980, che dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'identica norma di cui altari. 102, ultimo gomma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570.

Considerato in diritto

1.-La questione di legittimità costituzionale che forma oggetto del presente giudizio concerne l'art. 79, ultimo comma, del testo unico delle leggi per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione Siciliana approvato con decreto del Presidente della Regione 20 agosto 1960 n. 3. Tale disposizione esclude l'applicabilità dei benefici di cui agli artt. 163-167 e 175 del codice penale e 487 del codice di procedura penale ai reati elettorali; sarebbe perciò in contrasto-ad avviso del giudice remittente -con gli artt. 3 e 25 della Costituzione, anche in base alla sentenza di questa Corte n. 121 del 1980, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 102 del testo unico approvato con d .P. R . 16 maggio 1960, n. 570, norma statale di tenore e contenuto identici.

2.1. -Devesi preliminarmente osservare che la norma impugnata è compresa in un testo unico approvato con decreto del Presidente della Regione, atto al quale-secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentt. nn. 32 del 1961, 51 del 1962, 45 del 1967, 69 del 1983, 162 del 1985) - non può in nessun caso riconoscersi la qualifica di atto avente forza di legge, per il principale ed assorbente motivo che la potestà legislativa delle regioni non può esplicarsi nella forma del decreto legislativo, in base al principio generale della inderogabilità delle competenze costituzionali.

Tuttavia, la norma in questione, vale a dire l'art. 79 ultimo comma, costituisce-così come tutto il capo IX intitolato <Disposizioni penali> -la testuale trascrizione di una norma statale e precisamente dell'art. 95 del testo unico approvato con d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, indicato del resto tra parentesi dopo il numero dell'articolo impugnato, unitamente all'art. 1 della legge regionale 5 aprile 1952, n. 11, che richiama il citato testo unico n. 203 del 1951.

Quest'ultimo ha natura di atto avente forza di legge (cfr. sent. n. 46 del 1969), in quanto risulta emanato in virtù di una norma legislativa (art. 21 della legge 24 febbraio 1951, n. 84), la quale, ancorchè formalmente di <autorizzazione>, deve ritenersi nella sostanza assimilabile, secondo la prevalente dottrina, ad una vera e propria norma di delegazione.

Quanto rilevato è sufficiente, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentenze nn. 46 del 1969, 43 del 1970, 162 del 1985), ad ammettere il giudizio sulla norma denunciata, intendendosi in effetti che il sindacato si esercita sulla norma di legge testualmente trascritta nel testo unico, in quanto è detta norma che deve in realtà essere applicata nel giudizio a quo.

2.2.-Va ora osservato che la sentenza n. 121 del 1980, richiamata nell'ordinanza di rimessione, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 102, ultimo comma, del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali approvato con d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570; detta norma escludeva l'applicabilità dei benefici di cui agli artt. 163-167 e 175 del codice penale e 487 del codice di procedura penale ai reati elettorali. Ma al citato testo unico n. 570 del 1960 va negata forza di legge e riconosciuto viceversa carattere meramente compilatorio, dovendo ritenersi che esso sia stato emanato in assenza di delega legislativa (cfr. la citata sentenza n. 46 del 1969 e la prevalente dottrina), poichè I,<autorizzazione> contenuta nell'art. 48 della legge 23 marzo 1956, n. 136 era ormai divenuta irrilevante in quanto ampiamente scaduta (del resto la norma anzidetta non risulta citata nelle premesse del decreto). La sentenza della Corte n. 121 del 1980 deve intendersi pertanto riferita, per le ragioni esposte in precedenza - anche se ne fu omessa come superflua l'esplicita precisazione-, all'art. 95 del testo unico 5 aprile 1951, n. 203, di cui l'art. 102 costituisce la testuale trascrizione.

In conclusione, poichè, per quanto è stato detto sub 2.1, il presente giudizio verte in realtà per l'appunto sull'ultimo comma dell'art. 95 del testo unico n. 203 del 1951 -norma che a seguito della citata sentenza n. 121 del 1980 di questa Corte è stata espunta dall'ordinamento-la questione deve essere dichiarata inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 79, ultimo comma, del decreto del Presidente della Regione Siciliana 20 agosto 1960 n. 3 (Testo unico delle leggi per l'elezione dei Consigli comunali nella Regione Siciliana), sollevata dal Pretore di Aragona con l'ordinanza in epigrafe in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/03/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Mauro FERRI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 04/04/90.