Sentenza n. 164 del 1990

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SENTENZA N.164

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi primo e terzo, della legge regionale riapprovata il 2 ottobre 1989 dal Consiglio regionale del Molise, avente per oggetto: <Norme in materia di controllo sugli atti degli enti sottoposti a vigilanza e tutela della Regione> promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 9 novembre 1989, depositato in cancelleria il 17 successivo ed iscritto al n. 99 del registro ricorsi 1989. Visto l'atto di costituzione della Regione Molise;

udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1990 il Giudice relatore Enzo Cheli;

uditi l'Avvocato dello Stato Mario Cevaro, per il ricorrente e l'avv. Franco G. Scoca per la Regione.

Ritenuto in fatto

l. - Con ricorso notificato il 9 novembre 1989, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato le disposizioni contenute nell'art. 1, commi primo e terzo, della legge della Regione Molise, riapprovata nella seduta del 2 ottobre 1989 ed avente ad oggetto "Norme in materia di controllo sugli atti degli enti sottoposti a vigilanza e tutela della Regione".

La prima delle disposizioni denunciate attribuisce al Comitato regionale,, istituito con la legge regionale 5 novembre 1976, n. 32, il controllo di legittimità sugli atti degli enti dipendenti dalla Regione di cui all'art. 49 dello Statuto regionale, salvo il potere di approvazione spettante al Consiglio regionale sugli "atti fondamentali" di tali enti, elencati nell'art. 2 della legge impugnata.

La seconda disposizione denunciata include tra gli enti sottoposti al controllo di legittimità del Comitato regionale l'Ente regionale di sviluppo agricolo molisano, l'Ente risorse Idriche Molise, l'Ente per il diritto allo studio universitario, gli Istituti autonomi case popolari, gli Enti provinciali per il turismo e l'Azienda autonoma di soggiorno e turismo di Termoli.

Nel ricorso si premette che, nella materia dell'ordinamento degli enti amministrativi dipendenti, attribuita dall'art. 117 Cost. alle Regioni, rientra anche la disciplina dei controlli così come previsto dall'art. 13 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ma questo non comporta anche che il controllo possa essere esercitato attraverso il Comitato regionale di cui all'art. 55 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, dal momento che tale organo costituito, a norma dell'art. 130 Cost., nei modi stabiliti dalla legge dello Stato, può esercitare la propria competenza solo sugli atti delle Province, dei Comuni e dei loro Consorzi. Aggiunge al riguardo il Presidente del Consiglio che, se alla Regione va riconosciuto il potere di dettare norme dirette ad assicurare il buon andamento e la funzionalità del Comitato regionale di controllo nelle parti non coperte dalla legislazione statale, tale potere non può giungere fino a stabilire la competenza del Comitato, in quanto tale competenza risulta da una riserva di legge statale.

Il primo comma dell'art. 1 della legge impugnata invaderebbe pertanto la sfera di competenza statale, per il fatto di porre sotto il controllo del Comitato regionale atti di enti amministrativi dipendenti dalla Regione Molise, istituzionalmente soggetti al solo controllo del Consiglio regionale.

A conferma di questo dato si richiama l'art. 49 dello Statuto della Regione Molise, che attribuisce al Consiglio regionale il controllo su tali enti, con una norma che non potrebbe essere innovata da una legge ordinaria regionale, data la specifica forza giuridica dello statuto e dato il principio della "riserva di statuto" desumibile dall'art. 123 della Carta fondamentale.

Da qui la domanda diretta a veder dichiarare l'illegittimità dell'art. 1, commi primo e terzo, della legge di cui é causa.

2.- Si é costituita in giudizio la Regione Molise per chiedere il rigetto del ricorso.

La Regione sostiene che le norme impugnate sarebbero soltanto disposizioni "ricognitive" dei poteri regolati dall'art. 130 Cost., dal momento che tale norma attribuisce ad un organo regionale il controllo di legittimità sugli atti, oltre che delle Province e dei Comuni, degli altri enti locali. E poichè, secondo la nozione comune, dovrebbero considerarsi enti locali quelli che operano nell'ambito di una limitata circoscrizione, tra di essi andrebbero ricompresi anche gli enti destinati ad operare nell'ambito della circoscrizione di uno specifico ente territoriale, come quelli che si trovano in un rapporto di dipendenza con la Regione. Di conseguenza - secondo la Regione Molise - l'organo preposto dalla Costituzione al controllo di legittimità, e cioé il Comitato regionale di controllo, sarebbe destinato ad esercitare la propria attività tutoria anche nei confronti degli enti pararegionali specificamente indicati nell'art. 1, terzo comma, della legge impugnata.

Aggiunge infine la Regione che l'art. 55 della legge n. 62 del 1953 non circoscriverebbe i poteri dei Comitato regionale, ma si limiterebbe soltanto a prevedere la figura ed a regolare la composizione di tale organo.

La Regione ritiene pertanto contorni! alla Costituzione le disposizioni regionali denunciate e chiede il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1.-Le disposizioni regionali impugnate, contenute nei commi primo e terzo dell'art. 1 della legge della Regione Molise riapprovata nella seduta del 20 ottobre 1989 (Norme in materia di controllo sugli atti degli enti sottoposti a vigilanza e tutela della Regione), attribuiscono al Comitato regionale, istituito-in attuazione degli artt. 130 Cost. e 62 dello Statuto regionale-con la legge regionale 5 novembre 1976, n. 32, il controllo di legittimità sugli atti degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione (salvo il potere di approvazione sugli <atti fondamentali> riservato, ai sensi dell'art. 2, al Consiglio regionale), includendo nel novero degli enti sottoposti a tale controllo l'Ente regionale di sviluppo agricolo molisano, l'Ente risorse idriche Molise, l'Ente per il diritto allo studio universitario, gli Istituti autonomi case popolari, gli Enti provinciali per il turismo e l'Azienda autonoma di soggiorno e turismo di Termoli.

La Presidenza del Consiglio ritiene le suddette disposizioni viziate nella legittimità costituzionale con riferimento all'art. 130 Cost., dal momento che, se alla Regione spetta il potere di effettuare il controllo sulle deliberazioni degli enti amministrativi da essa dipendenti, la legge regionale non potrebbe comunque attribuire tale controllo all'organo previsto dall'art. 130 Cost., la cui sfera di competenza è stata circoscritta dalla legge statale agli atti dei Comuni, delle Province e dei loro Consorzi (artt. 55 ss. legge 10 febbraio 1953, n. 62).

Un'ulteriore violazione costituzionale andrebbe poi riferita all'art. 49 dello Statuto della Regione Molise, norma che riserverebbe al Consiglio regionale il controllo sugli enti istituiti con legge della Regione e che non potrebbe essere innovata da una legge regionale ordinaria in ragione della peculiare forza giuridica dello Statuto e del principio di <riserva di Statuto> desumibile dall'art. 123 della Costituzione.

Dal canto suo la Regione Molise difende la legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate ritenendo che la locuzione <enti locali>, contenuta nell'art. 130 Cost., sia tale da ricomprendere tutti gli enti che operano nell'ambito di una limitata circoscrizione territoriale: con la conseguenza che anche gli enti amministrativi regionali indicati nell'art. 1, terzo comma, della legge impugnata potrebbero essere sottoposti al controllo di legittimità dell'organo previsto dall'art. 130 Cost., senza violazione alcuna del dettato costituzionale.

2. - La questione non è fondata.

Va preliminarmente chiarito che-contrariamente a quanto assume la difesa regionale -gli enti amministrativi dipendenti dalla Regione, disciplinati nell'art. 49 dello Statuto regionale (e in parte elencati nell'art. 1, terzo comma, della legge impugnata) non possono essere assimilati, per il solo fatto di operare nell'ambito di una limitata circoscrizione territoriale, agli <enti locali> di cui parla l'art. 130 Cost.

L'esistenza di una distinzione tra la categoria degli enti locali e quella degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione è, infatti, desumibile dalla stessa lettera della Carta costituzionale: basti solo considerare che la Costituzionenomina, all'art. 117, gli <enti amministrativi dipendenti dalla Regione> -la cui disciplina affida alla competenza concorrente regionale-mentre utilizza la diversa locuzione di <enti locali> per designare i soggetti istituzionali destinatari, insieme ai Comuni ed alle Province, sia della delega di funzioni amministrative di cui all'art. 118, ultimo comma, sia del controllo di legittimità di cui all'art. 130. Risulta dunque che, tanto nell'art. 130 quanto nell'art. 118 della Costituzione, gli <enti locali> sono accomunati in un identico regime a Comuni e Province: dato, questo, che viene a evidenziare la presenza di elementi di affinità sostanziale tra i due enti territoriali primari specificamente richiamati e gli altri <enti locali> e che impedisce di identificare questi ultimi solo sulla base di un generico ed indifferenziato richiamo al circoscritto ambito spaziale delle loro funzioni.

Del resto, la diversità tra enti locali ed enti amministrativi regionali, dipendenti o strumentali, è stata da tempo messa in luce dalla giurisprudenza di questa Corte che, fin dalla sentenza n. 24 del 1957, ebbe modo di sottolineare la linea di separazione che corre tra i primi, per i quali non sussiste <un vincolo di stretta ausiliarietà nei confronti della Regione> ed i secondi, configurabili invece come <enti immediatamente ausiliari della Regione ... che possono addirittura chiamarsi pararegionali in quanto svolgono un'attività che, per i fini pubblici che persegue e per i limiti territoriali entro i quali si svolge, interessa soprattutto e direttamente la Regione>. Tale distinzione risulta, d'altro canto, condivisa anche dalla dottrina più accreditata, che, nel mentre rifiuta di includere nel novero degli <enti locali> di cui all'art. 130 Cost. tutti i soggetti istituzionali comunque operanti all'interno delle circoscrizioni regionali, appare, invece, in prevalenza orientata a definire tali enti sulla base di più complesse coordinate istituzionali, quali la territorialità e la rappresentatività diretta o indiretta degli interessi comunitari.

3.-La rilevata diversità tra enti locali ed enti amministrativi dipendenti dalla Regione induce, dunque, ad escludere che questi ultimi possano considerarsi implicitamente compresi tra gli <enti locali> destinatari del controllo di cui all'art. 130 Cost.

Ma da tale assunto non può anche discendere la conseguenza che il ricorrente pretende affermare e cioè che sia comunque preclusa alla Regione l'adozione di norme in grado di attribuire il controllo di legittimità sugli atti degli enti amministrativi regionali all'organo previsto dall'art. 130 Cost. Nè tale conseguenza potrebbe essere fatta derivare da un'implicita estensione della riserva di legge statale, richiamata nell'art. 130 Cost., anche a forme di controllo diverse da quelle previste da tale norma nei confronti degli enti locali.

Va tenuto presente, a questo proposito, che l'art. 117 Cost. conferisce alle Regioni potestà legislativa di tipo concorrente nella materia dell' <ordinamento degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione> e che l'art. 13 del d.P.R. n. 616 del 1977 ha definitivamente chiarito come, in questa materia, debbano farsi rientrare anche i controlli relativi a tali enti (cfr. sent. n. 21 del 1985). Spetta quindi alla Regione-e trae il suo fonda mento direttamente dall'art. 117 Cost. -il potere di disciplinare, nelle forme ritenute più appropriate, il controllo di legittimità sugli atti degli enti amministrativi da essa dipendenti, salvo il rispetto dei principi fondamentali stabiliti, in tema di ordinamento degli enti amministrativi dipendenti, dalle leggi dello Stato e dell'interesse nazionale.

Nè si deve dimenticare che l'organo previsto dall'art. 130 Cost. - sebbene costituito nei modi stabiliti dalla legge statale, al fine di garantire una fondamentale esigenza di uniformità nell'esercizio della funzione di controllo-è comunque organo inquadrato nella struttura regionale: ciò implica che al legislatore regionale non può risultare preclusa la possibilità, non solo di dettare norme integrative sull'organizzazione del Comitato regionale come organo di controllo sugli atti delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali, allo scopo di assicurarne il miglior funzionamento (cfr. sentt. n. 612 del 1988 e n. 21 del 1985), ma anche di disporre -sempre in vista del perseguimento di giustificate esigenze di funzionalità e di efficacia del controllo-meditati ampliamenti dell'area dei soggetti da sottoporre al controllo di legittimità dello stesso Comitato, includendo in tale area, a fianco degli enti locali, anche gli enti (o taluni enti) amministrativi istituiti dalla Regione e da essa dipendenti.

Resta, comunque, fermo il fatto che, nell'esercizio di tale potestà legislativa, la Regione sarà pur sempre tenuta ad evitare ogni possibile forma di alterazione, diretta o indiretta, della funzione, primaria e naturale, dell'organo, che, secondo Costituzione, resta pur sempre quella relativa al controllo sugli atti delle Province, dei Comuni ed altri enti; locali.

Nella specie tale esigenza risulta peraltro rispettata dalle disposizioni impugnate che-come si è già ricordato-hanno attribuito al Comitato regionale il controllo di legittimità limitatamente agli atti di minor rilievo, facendo di contro salvo il controllo di merito mediante approvazione, affidato dall'art. 49 dello Statuto al Consiglio regionale, nei confronti di una serie di atti fondamentali, quali gli statuti, i regolamenti interni, i piani e programmi di intervento, i bilanci di previsione ed i consuntivi, la strutturazione degli uffici, le piante organiche etc. Tale riserva-espressa nell'art. 2 della legge impugnata-se, da un lato, vale ad escludere che all'organo di controllo siano stati assegnati dalla legge regionale compiti esorbitanti sotto il profilo qualitativo e quantitativo, tali da alterare la funzione primaria dell'organo, conduce dall'altro a chiarire come la normativa impugnata, esaminata nel suo complesso, risulti rispettosa anche dell'art. 49 dello Statuto regionale (e conseguentemente dell'art. 123 Cost.), dal momento che la norma statutaria riconosce al Consiglio regionale poteri di indirizzo e di controllo sugli enti dipendenti <anche attraverso l'esame e l'approvazione dei loro atti fondamentali>, senza peraltro impedire la possibilità di adottare forme diverse di controllo di legittimità per determinate categorie di atti.

Tali considerazioni inducono, dunque, a ritenere infondate, sotto i profili prospettati, le questioni di costituzionalità sollevate nei confronti delle disposizioni contenute nell'art. 1, commi primo e terzo, della legge in esame.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi primo e terzo, della legge della Regione Molise riapprovata il 2 ottobre 1989 (Norme in materia di controllo sugli atti degli enti sottoposti a vigilanza e tutela della Regione) sollevate, con riferimento all'art. 130 Cost. ed agli artt. 123 Cost. e 49 dello Statuto della Regione Molise, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/03/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Enzo CHELI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 04/04/90.