Sentenza n. 163 del 1990

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SENTENZA N.163

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 23, terzo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638, promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1989 dal Consiglio di Stato, sul ricorso proposto da Palmieri Roberta contro l'Istituto tecnico di Stato per il turismo <C. Colombo> di Roma ed altro, iscritta al n. 513 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di costituzione di Palmieri Roberta, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1990 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;

uditi l'avv. Claudio Rossano per Palmieri Roberta e l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Il Consiglio di Stato, sezione VI, con ordinanza del 23 giugno 1989, emessa sul ricorso proposto da Palmieri Roberta contro l'Istituto tecnico di Stato per il turismo "C. Colombo" di Roma ed altro, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dell'art. 23, terzo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge Il novembre 1983, n. 638, "nella parte in cui esclude che competa fino alla fine dell'anno scolastico il trattamento economico al supplente temporaneo nominato dal capo dell'istituto prima del 31 dicembre e la cui supplenza é effettivamente durata fino alla ultimazione delle operazioni di scrutinio".

Ricorda il giudice a quo che la norma impugnata introduce una deroga alla operatività dell'art. 5, secondo comma, dei regio decreto-legislativo Ì giugno 1946, n. 539, in base al quale il trattamento economico dei docente non di ruolo, il cui servizio sia iniziato non più tardi dei Ì febbraio e sia durato fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, é attribuito sino alla fine dell'anno scolastico. Eccezioni a tale deroga sono previste dalla norma qui impugnata in riferimento alle supplenze temporanee che i capi di istituto conferiscano: a) su cattedre o posti già conferiti in supplenza annuale dal provveditore agli studi (ex art. 15, terzo comma, della legge 20 maggio 1982, n. 270), rimasti disponibili dopo il 31 dicembre per rinuncia o decadenza dell'attributario; b) su cattedre o posti conferibili in supplenza annuale dal provveditore agli studi (ex art. 15, primo e secondo comma, della legge 20 maggio 1982, n. 270), vacanti entro il 31 dicembre e non conferiti Per mancanza di aspiranti nelle graduatorie o per esaurimento delle stesse-

Il diverso trattamento - previsto dalla norma impugnata Per quei docenti che abbiano mantenuto ininterrottamente fino al termine delle operazioni di scrutinio la supplenza conseguita per nomina del capo d'istituto anteriore al 31 dicembre - sarebbe, secondo il giudice rimettente, irragionevole e lesivo dei principi di cui agli artt. 3 e 36 della Costituzione, in quanto la diversità di retribuzione, a parità (qualitativa e quantitativa) di prestazione lavorativa, non si giustificherebbe nè coi richiamo al criterio della potenziale durata della supplenza per l'intero anno scolastico nei casi in cui, come nella specie, gli effetti di una tale stabilità fino ad esaurimento delle operazioni di scrutinio si siano in concreto prodotti, nè col riferimento ad una stabilità presunta e non anche ad una stabilità effettivamente dispiegata. Inoltre, secondo il giudice rimettente, l'eguaglianza delle prestazioni lavorative oggettivamente rese dalle due categorie di supplenti (quelli per cui é prevista la retribuzione estiva e quelli a cui non é riconosciuto tale diritto) non può incontrare un limite nelle diversità procedimentali e di competenza inerenti il conferimento della supplenza.

2.- É intervenuto nel presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque non fondata.

Secondo l'Avvocatura, la norma impugnata, dettata nel quadro di misure urgenti in materia previdenziale, sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, ha inteso ovviare all'aggravio di spesa determinato dal sommarsi di supplenze sullo stesso posto di insegnamento, riconducendo il sistema - entro canoni di razionalità oltre che di giustizia perequativa - all'originario principio sinallagmatico, per cui ciascuno viene attribuito solo in corrispondenza del tempo in cui ha effettivamente svolto la propria attività. Ciò peraltro non ha impedito che si prevedesse una eccezione a favore delle supplenze annuali (per la loro sostanziale assimilazione ad altri rapporti di lavoro annuali), che ha trovato spazio nella seconda Parte dei terzo comma dell'art. 23 e poi nel comma aggiunto della legge di conversione. Tale eccezione, sottolinea l'Avvocatura, non si fonda sull'autorità scolastica che conferisce la supplenza ma sul carattere annuale della stessa, per cui il supplente assume una situazione del tutto conforme all'insegnante di ruolo dal punto di vista della prestazione destinata a protrarsi oltre la fine dell'anno scolastico; viceversa il supplente temporaneo, non assumendo un posto vacante, ma coprendo una temporanea carenza per il tempo strettamente corrispondente all'assenza del titolare (o del supplente annuale) non può rivendicare una retribuzione che altrimenti l'Amministrazione pagherebbe due volte, una al titolare in congedo ed un'altra al supplente, mentre l'impegno di lavoro, cessata la ragione del congedo, fa capo soltanto al primo.

3.- Si é costituita la parte privata aderendo alle argomentazioni del giudice a quo e depositando altresì nella imminenza dell'udienza una e "il preteso carattere "annuale" della supplenza, rispetto alla cd. supplenza temporanea, non é […] una qualità intrinseca della supplenza, non essendovi in realtà alcuna differenza, quanto alla eventuale durata protrattasi per un intero anno scolastico, tra le due supplenze, ma solo una differenza di provenienza originaria della nomina".

Considerato in diritto

1.-Il Consiglio di Stato, sezione VI, con ordinanza del 23 giugno 1989 (R.O. n. 513/1989), solleva, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, terzo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638, <nella parte in cui esclude che competa fino alla fine dell'anno scolastico il trattamento economico al supplente temporaneo nominato dal capo dell'istituto prima del 31 dicembre e la cui supplenza è effettivamente durata fino alla ultimazione delle operazioni di scrutinio>.

2. - La questione non è fondata.

La norma impugnata, <in deroga alle vigenti disposizioni e fino a quando non sarà diversamente stabilito>, prevede che le supplenze temporanee siano retribuite in ragione della loro effettiva durata. Sono escluse da tale limitazione, invece, le supplenze conferite dai capi d'istituto, nelle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo dell'art. 15 della legge 20 maggio 1982, n. 270, supplenze che comportano, pertanto, retribuzione anche per i mesi estivi dell'anno scolastico.

Non è riscontrabile in questa disciplina trattamento discriminatorio in violazione dei principi di eguaglianza e di proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, rispettivamente contenuti negli artt. 3 e 36 della Costituzione, perchè le situazioni comparate non sono omogenee.

La limitazione della retribuzione alla effettiva durata della prestazione è infatti disposta per le supplenze temporanee; le altre sono supplenze annuali.

Non è possibile superare tali qualificazioni legislative perchè, lungi dall'essere nominalistiche, esprimono sostanziale diversità di durata e di presupposti.

Le supplenze annuali previste dai primi due commi dell'art. 15 della legge n. 270 del 1982 sono conferite dal provveditore agli studi per la copertura di cattedre o posti di insegnamento e di posti di personale non docente <vacanti entro il 31 dicembre e per la intera durata dell'anno scolastico>.

Le supplenze, di cui al terzo comma, conferite dal direttore didattico o preside, coprono non già posti vacanti ma posti rimasti disponibili per rinuncia o decadenza del personale già nominato per supplenza annuale dal provveditore.

La norma impugnata, oltre a richiamare l'ipotesi di cui al riferito terzo comma della legge n. 270 del 1982, esclude dalla limitazione della retribuzione alla durata effettiva anche le supplenze assegnate dai capi d'istituto su cattedre o posti conferibili dai provveditori agli studi per supplenza annuale ai sensi del primo e secondo comma dell'art. 15 della legge n. 270 del 1982, vacanti entro il 31 dicembre e non conferiti dai provveditori per mancanza di aspiranti nelle graduatorie o esaurimento delle stesse.

Come è evidente, non ha alcuna rilevanza la diversa autorità conferente, provveditore o capo d'istituto, dato che la omogeneità del gruppo di tali supplenze consiste nel funzionare esse a copertura di cattedre o posti vacanti o disponibili per l'intera durata dell'anno scolastico. Laddove le supplenze temporanee hanno diverso presupposto, quale la provvisoria assenza del titolare o assegnatario della cattedra o posto d'insegnamento.

Si aggiunga che la norma impugnata, essendo collocata in provvedi mento legislativo di contenimento della spesa pubblica a carattere urgente e transitorio, denota la natura non definitiva della scelta del legislatore.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23, terzo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni termini), convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, dal Consiglio di Stato, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/03/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 04/04/90.