Sentenza n. 116 del 1990

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N.116

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 14 luglio 1967, n. 585 (Estensione degli assegni familiari ai coltivatori diretti, mezzadri, compartecipanti), promosso con ordinanza emessa il 13 marzo 1989 dal Pretore di Belluno nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Zanon Rita ed altra e l'I.N.P.S., iscritta al n. 464 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale dell'anno 1989.

Udito nella camera di consiglio del 31 gennaio 1990 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto in fatto

Le coltivatrici dirette Gemma Antoniazzi e Rina Zanon chiedevano all'I.N.P.S. gli assegni familiari per prole minore a carico per il periodo anteriore all'entrata in vigore della legge 9 dicembre 1977, n. 903.

L'Istituto convenuto eccepiva l'infondatezza della pretesa in base alla legge n. 585 del 1967 che, per i coltivatori diretti, considerava aventi diritto ai predetti assegni, in ogni caso, il padre e, solo in date situazioni (vedovanza, separazione, ecc.) la madre.

Le predette convenivano l'I.N.P.S. dinanzi al Pretore di Belluno. Questi, con ordinanza del 13 marzo 1989, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 1 della legge n. 585 del 1967 citata, "nella parte in cui non riconosce il diritto agli assegni familiari, in alternativa, alla donna lavoratrice o pensionata alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti per il lavoratore o pensionato così come avviene dall'entrata in vigore della legge n. 903 del 1977". Ha ritenuto la questione rilevante e non manifestamente infondata.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

Nel giudizio dinanzi alla Corte nessuna parte si é costituita nè vi sono stati interventi.

Considerato in diritto

Il Pretore dubita della legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 14 luglio 1967, n. 585, nella parte in cui non prevede, tra gli aventi diritto a percepire gli assegni familiari per i figli a carico, la madre lavoratrice o pensionata in alternativa al padre.

Risulterebbero violati gli artt. 3 e 29 della Costituzione per la disparità di trattamento che si verifica tra i coniugi, tenuti in parità ad adempiere gli obblighi familiari.

La questione è fondata.

L'art. 1 della legge n. 585 del 1967, ai fini del diritto all'erogazione degli assegni familiari in favore dei coltivatori diretti ed equiparati, considera capo famiglia:

a) il padre di figli aventi l'età prevista dall'art. 2 (minori e a carico);

b) la madre di figli aventi l'età prevista dall'art. 2 quando sia vedova o nubile con prole non riconosciuta dal padre o separata o abbandonata dal marito e con a carico i figli o che abbia il marito invalido permanentemente al lavoro o disoccupato e non fruente di indennità di disoccupazione od in servizio militare, sempre che non rivesta il grado di ufficiale o sottufficiale, o detenuto in attesa di giudizio o per espiazione di pena o assente perchè colpito da provvedimenti di polizia.

Successivamente, con la legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro), i genitori sono stati posti (art. 9, primo comma) sul medesimo piano, in alternativa, ai fini del riconoscimento del diritto agli assegni per i figli a carico e sono state abrogate tutte le disposizioni legislative in contrasto con quella emanata (artt. 9, secondo comma, e 19).

Tuttavia, vi sono fattispecie ancora regolate dalla disposizione denunciata, sicchè è certamente rilevante la verifica della sua conformità o meno ai precetti costituzionali posti in riferimento dal giudice a quo.

Come già si è osservato (sentt. n. 105 e n. 6 del 1980) in una fattispecie analoga, la disposizione censurata presuppone una priorità della posizione del padre in seno alla famiglia e nei rapporti tra coniugi, per cui essa si pone in contrasto con la esigenza della equiparazione della moglie al marito in tutti i rapporti che riguardano la famiglia e i coniugi. Esigenza che risulta direttamente dal principio di parità dei coniugi sancito dagli artt. 3 e 29 della Costituzione ed alla quale si è ispirata la riforma del diritto di famiglia di cui alla legge n. 151 del 1975 e alla cui logica si è uniformata la legge n. 903 del 1977 sulla parità tra uomo e donna in materia di lavoro e rapporti connessi.

Pertanto, va dichiarata la illegittimità costituzionale della disposizione in esame nella parte in cui non prevede che gli assegni familiari per i figli a carico possano essere corrisposti in alternativa alla madre coltivatrice diretta o pensionata alle stesse condizioni e con gli stessi limiti che per il padre coltivatore diretto o pensionato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 14 luglio 1967, n. 585 (Estensione degli assegni familiari ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e compartecipanti) nella parte in cui non prevede, tra gli aventi diritto a percepire gli assegni familiari per i figli a carico, in alternativa, la madre lavoratrice o pensionata alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti per il padre.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 06/03/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 09/03/90.