Ordinanza n. 110 del 1990

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ORDINANZA N.110

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 498, ultimo comma, del codice di procedura penale del 1930, sostituito dall'art. 4, ultimo comma, della legge 23 gennaio 1989, n. 22 (Nuova disciplina della contumacia), promosso con ordinanza emessa il 21 giugno 1989 dalla Corte di cassazione, sezioni unite penali, nel procedimento penale a carico di Vierin Renè Benjamin, iscritta al n. 459 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 31 gennaio 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 21 giugno 1989, nel corso del procedimento penale a carico di Vierin Renè Benjamin, la Corte di cassazione, sezioni unite penali, ha sollevato, in riferimento all'art.24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità dell'art.498, ultimo comma, del codice di procedura penale del 1930, nel testo sostituito dall'art. 4 della legge 23 gennaio 1989, n. 22, a norma del quale <La prova del legittimo impedimento pervenuta dopo l'inizio della discussione finale è priva di effetti nel giudizio contumaciale>;

e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall' Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Considerato che, nel corso dello stesso procedimento penale, analoga censura era stata proposta nei confronti del testo originario dell'art. 498, ultimo comma, del codice di procedura penale del 1930, il quale stabiliva che <La prova dell'impedimento legittimo, pervenuta dopo la pubblicazione della sentenza, non invalida il giudizio contumaciale>;

e che con ordinanza n. 110 del 1989 questa Corte aveva disposto la restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza, essendo nel frattempo entrata in vigore la legge 23 gennaio 1989, n. 22;

che la Corte di cassazione ha riproposto la questione nei confronti dell'art. 498, ultimo comma, del codice di procedura penale del 1930, quale sostituito dall'art. 4, ultimo comma, della legge 23 gennaio 1989, n. 22, ritenendo che anche la disposizione novellata-non diversamente dalla precedente-contrasti con l'art.24, secondo comma, della Costituzione, poichè la <non incidenza sulla validità del giudizio contumaciale della prova dell'impedimento dell'imputato a comparire se pervenuta oltre un preciso termine... pur in presenza di un caso fortuito o di forza maggiore> fa si che <il diritto dell'imputato a essere presente nel giudizio di merito sia ingiustificatamente limitato e che con esso siano lesi la pienezza del contraddittorio e il diritto di difesa>;

che la legge 23 gennaio 1989, n. 22, se, per un verso, nel sostituire l 'art . 498 , ha anticipato all' inizio della discussione finale l 'ultimo momento utile entro cui far valere la prova dell'impedimento a comparire, per un altro verso, nell'aggiungere un nuovo secondo comma all'art. 520, ha previsto che il giudice dell'appello <dispone la rinnovazione del dibatti mento quando l'imputato, contumace in primo grado, ne fa istanza e prova che l'assenza fu dovuta a legittimo impedimento del quale non potè fornire prova tempestiva al giudice di primo grado>;

che, non avendo il legislatore predisposto nulla di simile rispetto all'impedimento a comparire nel giudizio di appello, il giudice a quo mira ad ottenere da questa Corte una pronuncia che ponga rimedio alla persistente <non incidenza sulla validità del giudizio contumaciale> dell'ipotesi in cui la prova del legittimo impedimento a partecipare al giudizio d'appello-<pur in presenza di un caso fortuito o di forza maggiore, non conosciuto e non conoscibile (sia pure in termini di probabilità dell'accadimento) da parte del giudice, e di accertata mancanza di responsabilità dell'imputato nella presentazione intempestiva della prova di esso> - venga fornita dal contumace oltre il termine previsto dall'art.498, ultimo comma, del codice di procedura penale;

che, considerata la peculiarità del giudizio di cassazione, l'obiettivo perseguito richiederebbe una complessa ed articolata revisione della normativa in termini variamente ipotizzabili, non ultimo quello adottato dall'art. 489 del nuovo codice di procedura penale;

e che, quindi, in mancanza di una soluzione costituzionalmente obbligata, scelte del genere esulano dai poteri di questa Corte, restando riservate alla discrezionalità del legislatore.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 498, ultimo comma, del codice di procedura penale del 1930, nel testo sostituito dall'art. 4 della legge 23 gennaio 1989, n.22 (Nuova disciplina della contumacia), sollevata, in riferimento all'art.24, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte di cassazione, sezioni unite penali, con ordinanza del 31 giugno 1989.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/02/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 02/03/90.