Ordinanza n. 88 del 1990

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ORDINANZA N.88

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, secondo e terzo comma, della legge della Regione Lombardia 27 marzo 1985, n.22 (Interpretazione autentica dell'art. 36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60), promosso con ordinanza emessa il 19 gennaio 1989 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sul ricorso proposto da Senes Fabio ed altri contro la Regione Lombardia ed altri, iscritta al n. 507 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di costituzione di Senes Fabio ed altri, nonchè l'atto di intervento della Regione Lombardia;

udito nell'udienza pubblica del 17 gennaio 1990 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

uditi l'avv. Cesare Ribolzi per Senes Fabio ed altri e l'Avvocato Vitaliano Lorenzoni per la Regione.

Ritenuto che, con ordinanza del 19 gennaio 1989, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 4, 51 e 97 della Costituzione, dell'art. 1, secondo e terzo comma, della legge della Regione Lombardia 27 marzo 1985, n. 22 (Interpretazione autentica dell'art. 36 della legge regionale 29 novembre 1984, n. 60), nella parte in cui non prevede, ai fini del concorso per l'accesso alla seconda qualifica funzionale dirigenziale, la valutabilità delle funzioni svolte dai candidati, negli enti pubblici di provenienza diversi dalla Regione, in posizioni corrispondenti o assimilabili a quelle di dirigente di servizio o di responsabile di ufficio, assolte nell'ambito regionale;

che il giudice a quo ritiene di trarre argomento a sostegno del proprio assunto dalle sentenze nn. 331 e 879 del 1988 di questa Corte, con le quali è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale di altre disposizioni concernenti il medesimo concorso, in quanto esse non prevedevano la possibilità di valutare altri servizi pregressi;

che si sono costituite nel presente giudizio le parti private, sostanzialmente associandosi alle considerazioni espresse nell'ordinanza di rimessione;

che è pure intervenuta la Regione Lombardia per sostenere la inammissibilità della questione per la sua manifesta irrilevanza, perchè concernente una legge successiva all'adozione dei provvedimenti impugnati;

che, ad avviso della Regione, la questione sarebbe altresì inammissibile perchè la pronuncia di carattere additivo, che viene richiesta allo scopo di rendere valutabili le funzioni dirigenziali svolte negli enti di provenienza, non potrebbe trovare applicazione nel giudizio a quo sia in quanto tale profilo non aveva formato oggetto dei motivi svolti nel ricorso introduttivo (essendo stato dedotto solo in una memoria di udienza non notificata), sia perchè il profilo stesso-riguardante solo alcuni dei ricorrenti che hanno cumulativamente proposto il ricorso introduttivo del giudizio a quo-non potrebbe essere preso in considerazione perchè non sono ammissibili doglianze che possano risolversi a un tempo in favore di alcuni ricorrenti e in danno di altri, a causa dell'evidente conflitto di interessi tra gli stessi, sia, infine, perchè l'auspicato intervento additivo di questa Corte non potrebbe influire sulla decisione del giudice a quo perchè nessuno dei ricorrenti avrebbe svolto negli enti di provenienza funzioni dirigenziali valutabili;

che, in subordine e sempre ai fini dell'esame della rilevanza, la Regione medesima ha chiesto l'espletamento di istruttoria, per accertare l'effettivo svolgimento da parte dei ricorrenti delle asserite funzioni dirigenziali presso gli enti di provenienza e, ancora in subordine, ha chiesto che vengano restituiti gli atti al giudice rimettente per un nuovo esame sulla rilevanza sotto i cennati profili;

che, nel merito, la Regione ha concluso per la infondatezza della questione;

che in prossimità dell'udienza di discussione hanno presentato memorie sia le parti private costituite che la Regione Lombardia, ribadendo ed ampliando le tesi rispettivamente svolte nei precedenti atti difensivi.

Considerato che l'ordinanza di rimessione non risulta motivata su punti rilevanti che hanno formato oggetto di specifiche eccezioni e deduzioni delle parti nel corso del giudizio a quo e sui quali le parti stesse, come risulta dalla narrativa in fatto, si sono ulteriormente soffermate anche nel presente giudizio;

che, pertanto, si reputa necessario restituire gli atti al giudice a quo per un riesame in ordine alla rilevanza della questione in relazione ai punti anzidetti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al giudice a quo per un ulteriore esame sul requisito della rilevanza.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20/02/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 26/02/90.