Sentenza n.28 del 1990

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SENTENZA N.28

ANNO 1990

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 maggio 1977, n. 13 (Norme per assicurare la disponibilità da parte del proprietario e la funzione sociale dell'edilizia residenziale), modificato dalla legge 2 novembre 1988, n. 44 (Applicazione della proporzionale combinata nell'edilizia abitativa agevolata), promosso con ordinanza emessa il 3 marzo 1989 dal Tribunale di Bolzano nel procedimento civile vertente tra Portaluppi Daniela e l'I.P.E.A.A. per la Provincia autonoma di Bolzano, iscritta al n. 344 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visti gli atti di costituzione della I.P.E.A.A. e della Provincia autonoma di Bolzano;

udito nell'udienza pubblica del 15 novembre 1989 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

uditi gli avvocati Salvatore Di Mattia per l'I.P.E.A.A. e Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso del giudizio di appello promosso dalla Signora Daniela Portaluppi in Pacifico avverso la sentenza del Pretore di Bolzano che aveva rigettato l'opposizione al decreto di rilascio dell'alloggio intimatole dal Presidente dell'Istituto per l'edilizia abitativa agevolata per la Provincia di Bolluno - I.P.E.A.A., il Tribunale di Bolzano, con ordinanza del 3 marzo 1989, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 8 della legge provinciale di Bolzano 23 maggio 1987, n. 13, modificato dall'art. 3 della legge 9 novembre 1988, n. 44, nella parte (secondo comma) in cui, in caso di morte dell'assegnatario originario, non consente la successione nel rapporto di locazione di immobili di edilizia abitativa agevolata dei figli di un figlio premorto, che hanno continuato a convivere con l'assegnatario dopo la morte del loro genitore.

Secondo il giudice a quo la norma denunciata viola il principio di eguaglianza perchè stabilisce una ingiustificato differenza di trattamento tra il figlio sopravvissuto che, in quanto convivente, ha diritto di subentro nel rapporto di locazione "e il figlio convivente che avrebbe avuto diritto al subentro, ma é frattanto morto", restando "escluso dalla successione nella locazione.

2.- Nel giudizio davanti alla Corte si é tempestivamente costituita la Provincia autonoma di Bolzano chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, mentre l'I.P.E.A.A. si é costituita con atto depositato il 18 settembre 1989, e quindi fuori termine.

Ad avviso della Provincia, che ha ampiamente sviluppato questa tesi in una memoria successiva, l'assunto da cui muove l'ordinanza del tribunale, ossia che la figlia (convivente) della figlia premorta (pure convivente) dell'assegnataria non ha titolo per succedere nel rapporto di locazione, é errato perchè, trattandosi di successione mortis causa, "anche nel caso in questione é applicabile l'istituto generale della rappresentazione, ai sensi degli artt. 467 ss. cod. civ.".

Considerato in diritto

1.-Il Tribunale di Bolzano ritiene contrastante col principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) l'art. 8, secondo comma, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 maggio 1977, n. 13, modificato dall'art. 3 della legge 9 novembre 1988, n. 44, nella parte in cui, in caso di decesso dell'assegnatario originario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, esclude dalla successione nel rapporto di locazione i figli conviventi di un figlio premorto (già convivente) del conduttore. Tale esclusione, secondo il giudice a quo, produce una disparità di trattamento, <non correlata a criteri razionali che la giustifichino>, tra <il figlio che avrebbe avuto diritto al subentro, ma è frattanto morto>, e i figli sopravvissuti.

La detta disparità deve evidentemente intendersi riferita al figlio premorto non in quanto tale (non potendo i morti essere paragonati ai vivi), ma in quanto la legge, cosi come interpretata dal giudice remittente, non consente che in sua vece subentrino i figli, semprechè ancora conviventi con l'avo (assegnatario) al momento della morte.

2. - Il patrocinio della Provincia di Bolzano obietta che, mentre il testo originario della norma impugnata attribuiva ai superstiti ivi elencati il <diritto all'assegnazione dell'alloggio>, secondo il nuovo testo, introdotto dalla legge n. 44 del 1988, essi <succedono (nell'ordine) nel rapporto di locazione>. Sarebbe stato così chiarito che <il subentrante nella locazione diviene titolare del rapporto iure hereditario>, di guisa che sarebbe applicabile nella specie l'istituto generale della rappresentazione ereditaria di cui agli artt. 467 ss. cod. civ.

Questa prospettazione, che porterebbe a una sentenza interpretativa di rigetto, non può essere condivisa. Le richiamate sentenze della Corte di cassazione n. 2682 del 1972 (a sezioni unite) e n. 4328 del 1978 in materia di edilizia economica e popolare, le quali hanno ritenuto trasmissibile iure hereditario il diritto dell'assegnatario dell'alloggio, si spiegano perchè, nulla disponendo il testo unico del 1938 circa la sorte del diritto dell'assegnatario nel caso di sua morte, trova applicazione il principio generale dalla successione degli eredi in locum et ius defuncti. Al contrario, la legge provinciale in esame sottrae questo caso al regime successorio comune e lo assoggetta a una disciplina speciale modellata sullo stampo dell'art. 12 del d.P.R. n. 1055 del 1972 (superato dalla disciplina più ampia di cui al punto 10 della deliberazione 19 novembre 1981 adottata dal C.I.P.E. in conformità dell'art. 2, secondo comma, n. 2 della legge n. 457 del 1978). Tale disciplina speciale è stata interpretata dalle Sezioni unite della Cassazione (sentenza n. 5460 del 1980) nel senso che ai familiari da essa individuati, conviventi con l'assegnatario, è attribuito un diritto proprio all'assegnazione dell'alloggio, restando esclusa l'applicabilità dell'art. 1614 cod. civ.

É vero che la norma impugnata, nel testo novellato dalla legge prov. n. 44 del 1988, ha sostituito all'espressione <hanno diritto all'assegnazione dell'alloggio> l'espressione <succedono nel rapporto di locazione>. Ma con ciò il legislatore provinciale ha soltanto precisato che nei confronti dei soggetti legittimati a subentrare nel diritto dell'assegnatario defunto non occorre un provvedimento amministrativo di assegnazione dell'alloggio: l'assegnazione è disposta senz'altro dalla legge mediante il meccanismo privatistico della successione nel contratto di locazione, la quale si configura come una successione legale mortis causa anomala a titolo particolare.

Rimane esclusa, pertanto, l'applicabilità della rappresentazione, la quale è prevista dalla legge solo per la vocazione a titolo universale e per il legato testamentario. Nè si può pensare a una applicazione per analogia, posto che la rappresentazione opera automaticamente sul presupposto del rapporto di parentela (in linea retta discendente) del rappresentante col rappresentato, mentre nel caso di cui si controverte la successione nel rapporto locatizio, in quanto non ha la finalità di attribuire un cespite dell'eredità, ma di garantire il diritto all'abitazione, è subordinata al fatto della convivenza.

3.-Il confronto instaurato dal giudice a Sao tra il figlio premorto e i figli sopravvissuti dell'assegnatario, mentre non ha pregio se inteso con riguardo all'art. 3 Cost. sotto il profilo del principio di eguaglianza, mancando un idoneo tertium comparationis, acquista senso e valore se inteso come confronto tra due ipotesi alternative riferite al medesimo figlio dell'assegnatario e valutate alla stregua del principio di ragionevolezza.

Sotto quest'altro profilo la questione è fondata.

Indubbiamente l'esigenza di contemperare l'interesse privato dell'assegnatario e dei suoi familiari conviventi all'uso del bene con la destinazione del medesimo al servizio sociale dell'abitazione (trattandosi di un alloggio di edilizia residenziale pubblica) giustifica una selezione che riduca a una cerchia ristretta di soggetti, qualificati da un intenso rapporto di comunione di vita con l'assegnatario, i beneficiari della tutela privilegiata operante mediante la successione nel contratto di locazione. Ed è del pari fuori dubbio che il legislatore provinciale, in quanto investito in questa materia di competenza primaria, non è vincolato, come le regioni a statuto ordinario, ai criteri più larghi adottati dal citato punto 10 della deliberazione del C.I.P.E. 19 dicembre 1981, la quale, in caso di decesso dell'assegnatario, ammette a subentrare nell'assegnazione non solo i figli, ma tutti i discendenti, sempre che concorra il requisito della stabile convivenza. Ma, nell'assumere una regola più rigorosa, il legislatore provinciale deve rispettare il criterio di ragionevolezza imposto dall'art. 3 Cost.

In quanto esclude dalla successione nel rapporto locatizio anche i figli di un figlio premorto dell'assegnatario, coi quali quest'ultimo aveva proseguito una convivenza già in atto col loro genitore, la norma impugnata fa dipendere la possibilità per i nipoti ex filio di continuare a fruire dell'alloggio assegnato all'avo dalla condizione della sopravvivenza del loro genitore. Se il figlio dell'assegnatario, con lui convivente insieme con la sua prole, sopravvive, ai nipoti ex filio, attraverso il subentro del loro genitore nel contratto di locazione, continua a estendersi il godimento dell'alloggio, con diritto di ulteriore successione nel rapporto ai sensi del terzo comma dell'art. 8 della legge prov. n. 13 del 1977, aggiunto dall'art. 3 della legge n. 44 del 1988. Se invece, turbato ordine mortalitatis, il figlio premuore all'assegnatario, alla morte di quest'ultimo i nipoti ex filio, sebbene l'avo abbia continuato a tenerli presso di sè, vengono privati dell'alloggio.

Nonostante che l'assegnatario abbia mostrato la volontà di estendere incondizionatamente il godimento della cosa locata ai nipoti ex filio, la tutela del bisogno dell'alloggio nella forma della successione nel contratto di locazione opera in loro favore solo con la mediazione del loro genitore, cioè viene subordinata alla condizione eminentemente aleatoria della sua sopravvivenza all'assegnatario. Tale disparità di trattamento delle due ipotesi, che dal punto di vista del rapporto di convivenza dell'assegnatario con i nipoti ex filio sono identiche, e si differenziano solo per il fatto della premorienza o della sopravvivenza del loro genitore, non è ragionevole e pertanto deve essere rimossa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 maggio 1977, n. 13 (Norme per assicurare la disponibilità da parte del proprietario e la funzione sociale dell'edilizia residenziale), modificato dalla legge 2 novembre 1988, n. 44 (Applicazione della proporzionale combinata nell'edilizia abitativa agevolata), nella parte in cui, in caso di decesso dell'assegnatario originario, esclude dal diritto di succedere nel rapporto di locazione i figli di un figlio premorto del conduttore, i quali abbiano continuato a convivere con quest'ultimo fino al momento della sua morte.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/01/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 26 Gennaio 1990.