Ordinanza n.23 del 1990

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ORDINANZA N.23

 

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Francesco SAJA Presidente

 

Prof. Giovanni CONSO

 

Prof. Ettore GALLO

 

Dott. Aldo CORASANITI

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Renato DELL'ANDRO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato), in relazione all'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, all'art. 2, lett. a), della legge 16 dicembre 1961, n. 1308 ed all'art. 10, ultimo comma, della legge 20 dicembre 1961, n. 1345, cosi come interpretato dall'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425, promosso con ordinanza emessa il 25 gennaio 1989 dal Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria sul ricorso proposto da Mazzini Luigi contro il Ministero di grazia e giustizia ed altro, iscritta al n. 435 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1989.

 

Visto l'atto di costituzione di Mazzini Luigi, nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 13 dicembre 1989 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

 

Ritenuto che nel corso di un giudizio in cui il ricorrente, magistrato ordinario in pensione, aveva richiesto l'attribuzione degli aumenti periodici e figurativi di stipendio previsti per il personale della Corte dei conti, il Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria, con ordinanza emessa in data 25 gennaio 1989, ha sollevato, in relazione agli artt. 3, 36, 24, 102 e 103 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato), in riferimento all'art. 5, ultimo comma, del d.P.R.28 dicembre 1970, n. 1080, all'art. 2, lett. a), della legge 16 dicembre 1961, n.1308, ed all'art. 10, ultimo comma, della legge 20 dicembre 1961, n. 1345, cosi come interpretato dall'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425;

 

che il giudice a quo, sulla premessa del carattere unitario della giurisdizione (la quale imporrebbe l'identità di trattamento economico di tutti gli appartenenti all'ordinamento giurisdizionale), individua nelle disposizioni impugnate l'intento di svalutare la funzione del giudice, togliendo effetto alle sentenze già pronunciate, attraverso un uso distorto dello strumento interpretativo, che avrebbe concretato un'ipotesi di eccesso di potere legislativo;

 

che a parere del Tribunale amministrativo regionale rimettente risulterebbe sacrificato il diritto di difendersi ed agire in giudizio ed inoltre sarebbero stati in concreto violati il principio d'eguaglianza e quello di adeguatezza della retribuzione.

 

Considerato che questa Corte ha già complessivamente valutato la ratio della legge 6 agosto 1984, n. 425, individuando nell'art. 1 della stessa < l'indispensabile presupposto logico e organizzatorio della ristrutturazione del trattamento economico per tutte le categorie dei magistrati>;

 

che, in particolare, con l'ordinanza n. 1083 del 1988 é stata dichiarata la manifesta infondatezza della medesima questione ora sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria in quanto, nell'impugnata normativa si é ravvisato l'esercizio di discrezionalità legislativa finalizzata alla realizzazione del principio di eguaglianza nonchè di ragionevolezza;

 

che nell'ordinanza di rimessione non vengono prospettati argomenti nuovi rispetto a quelli a suo tempo esaminati, mentre é viceversa sollecitato un riesame delle predette conclusioni;

 

che la questione é pertanto manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato), in relazione all'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, all'art. 2, lett. a), della legge 16 dicembre 1961, n. 1308 ed all'art. 10, ultimo comma, della legge 20 dicembre 1961, n. 1345 (così come interpretati dall'art. 1, secondo comma, della legge 6 agosto 1984, n. 425), sollevata, in relazione agli artt. 3, 36, 24, 102 e 103 della Costituzione, dal tribunale amministrativo regionale per l'Umbria con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18/01/90.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

 

Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 23 Gennaio 1990.