Ordinanza n.6 del 1990

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ORDINANZA N.6

ANNO 1990

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5, primo comma, e 9-octies, terzo comma, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397 (Disposizioni urgenti in materia di smaltimento di rifiuti industriali), convertito con modificazioni nella legge 9 novembre 1988, n. 475 promosso con l'ordinanza emessa il 29 maggio 1989 dal Pretore di Verona, Sezione distaccata di Caprino Veronese, nel procedimento penale a carico di Pignatti Alfonso ed altri, iscritta al n. 345 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 29 novembre 1989 il Giudice relatore Enzo Cheli.

Ritenuto che il Pretore di Verona, Sezione distaccata di Caprino Veronese, con ordinanza del 29 maggio 1989 (R.O. 345/89), ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale-in riferimento agli artt. 24, secondo comma e 25, secondo comma, della Costituzione-degli artt. 5, primo comma, e 9-octies, terzo comma, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397 (Disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti industriali), convertito con modificazioni nella legge 9 novembre 1988, n. 475, nella parte in cui sanzionano penalmente l'omessa, incompleta o infedele comunicazione, al Ministero dell'ambiente ed alla Regione, dei dati sullo smaltimento dei rifiuti industriali di cui al decreto del Ministero dell'ambiente 22 settembre 1988;

che, ad avviso del giudice a quo, le norme impugnate-imponendo alle imprese con più di cento addetti l'obbligo, penalmente sanzionato, di trasmettere dettagliate informazioni sullo smaltimento dei propri rifiuti relative al biennio anteriore alla entrata in vigore delle norme stesse- violerebbero il principio di irretroattività della legge penale incriminatrice, soprattutto in considerazione del fatto che gli oneri di comunicazione delle imprese relativi ai rifiuti prodotti erano - prima dell'entrata in vigore del decreto legge impugnato-assai più ridotti di quelli introdotti dalla nuova normativa e non penalmente sanzionati;

che, inoltre, sempre secondo il giudice rimettente, le disposizioni denunciate risulterebbero lesive della c.d. <libertà dalle autoincriminazioni>>, sancita dall'art. 24, secondo comma, Cost., in quanto le stesse porrebbero i soggetti destinatari di fronte all'alternativa di trasmettere dati veritieri, con il rischio di un processo penale per l'irregolare smaltimento dei rifiuti, oppure di evitare di fornire le informazioni richieste o di fornirle incomplete, con il rischio di un processo penale in base alle nuove norme oggetto di contestazione;

che, infine, per il giudice a quo le norme impugnate violerebbero il principio di tassatività e determinatezza della fattispecie incriminatrice di cui agli artt. 25, secondo comma e 24, secondo comma Cost., estendendo l'obbligo penalmente sanzionato di informazione anche ai dati previsionali sullo smaltimento di rifiuti relativi al futuro quinquennio;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dell'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in giudizio chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e infondate.

Considerato che in base alla disciplina transitoria dettata dal decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante <Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale>, i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale (d.P.R. 22 settembre 1988, n.447) proseguono con l'applicazione delle norme anteriormente vigenti se, a tale data, è già stato compiuto uno degli atti processuali elencati negli artt. 241 e 242 del suddetto decreto;

che vanno, pertanto, applicate le norme del nuovo codice di procedura penale ai procedimenti che, alla data di entrata in vigore del codice stesso, si trovino ancora in uno stadio anteriore rispetto a quelli indicati negli artt. 241 e 242 del decreto legislativo n. 271 del 1989, con la conseguenza di riferire tali procedimenti alla fase delle indagini preliminari di competenza del pubblico ministero;

che nel procedimento a quo-originato da un rapporto dei carabinieri su presunte irregolarità ed inadempienze di alcune imprese nella comunicazione al Ministero dell'ambiente ed alla Regione dei dati sui rifiuti da esse prodotti-l'unico atto compiuto dal Pretore rimettente, prima della proposizione della questione di legittimità costituzionale, è stato l'invio ai responsabili delle imprese denunciate di una comunicazione giudiziaria: di talchè le norme da applicare ora al procedimento sembrano essere quelle previste dal nuovo codice di procedura penale;

che si rende, di conseguenza, necessaria una rinnovata valutazione sulla rilevanza attuale della questione di legittimità costituzionale in considerazione del nuovo iter del procedimento a quo dettato dal codice di procedura penale del 1988 e dalle relative norme transitorie;

che, a tal fine, vanno restituiti gli atti al Pretore di Verona, Sezione distaccata di Caprino Veronese.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Pretore di Verona.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Enzo CHELI, REDATTORE

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/12/89.

Depositata in cancelleria il 02 Gennaio 1990.