Ordinanza n.3 del 1990

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ORDINANZA N.3

ANNO 1990

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 79, comma secondo, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 13 maggio 1989 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Grande Tommaso e l'Amministrazione Fratelli Del Gallo, iscritta al n. 368 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35/1a serie speciale dell'anno 1989.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 29 novembre 1989 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.

Ritenuto che nel giudizio civile tra Grande Tommaso e l'Amministrazione Fratelli Del Gallo, per la determinazione dell'equo canone di una locazione abitativa e la conseguente restituzione delle somme indebitamente corrisposte, il Pretore di Roma, con ordinanza emessa il 13 maggio 1989, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art.3 della Costituzione, dell'art. 79, secondo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), nella parte in cui fissa, per l'esercizio dell'azione di ripetizione di somme corrisposte dal conduttore in violazione dei divieti e dei limiti posti dalla legge, il termine di decadenza di mesi sei dalla riconsegna dell'immobile;

che, ad avviso del giudice a quo, trattandonsi di norma insuscettiva di applicazione analogica perchè eccezionale, non ne sarebbe consentita l'applicazione ad altre ipotesi in cui-pur mancando la riconsegna dell'immobile da parte del conduttore-vi sarebbe comunque cessazione di diritto e di fatto della locazione, come nella ipotesi di vendita dell'immobile allo stesso conduttore ovvero a terzi;

che, avuto riguardo alla ratio legis-che è quella di evitare remore all'esercizio del diritto per timore di ritorsioni durante il rapporto - l'ipotesi della riconsegna e quelle sopra considerate non sarebbero caratterizzate da elementi di diversità tali da giustificare una disciplina differenziata;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentate dall'Avvocatura dello Stato, che ha eccepito l'inammissibilità della questione e comunque ne ha contestato la fondatezza.

Considerato che il giudice a quo, al fine di postulare l'estensione, mediante sentenza additiva, del trattamento previsto dalla norma impugnata per l'ipotesi di riconsegna dell'immobile da parte del conduttore alle altre ipotesi dianzi richiamate, muove dal presupposto della sostanziale omogeneità di queste rispetto alla prima, sotto l'aspetto che anche in esse verrebbe meno il rapporto di locazione, inteso peraltro evidentemente come rapporto fra conduttore e locatore originario;

che il suindicato presupposto non è condivisibile, non potendosi ritenere che in tutti indiscriminatamente i casi in cui il soggetto passivo della domanda di ripetizione delle somme pagate oltre il dovuto abbia cessato di rivestire la qualità di locatore, anche il conduttore abbia dismesso la propria qualità, e così abbia cessato di versare in quella situazione di esposizione a ritorsioni-ricollegabili all'accertamento, da lui postulato, di una minor misura del canone dovuto - che giustifica, per le conseguenti remore all'esercizio del diritto, il trattamento previsto dalla norma impugnata;

che pertanto la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 79, secondo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, sollevata dal Pretore di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/12/89.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Aldo CORASANITI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 02 Gennaio 1990.